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Persona e famiglia > Educazione

Cosa vuol dire “educazione responsabile”?

di Elena Cardinali

- Fonte: Città Nuova editrice


Una efficace educazione alla responsabilità rimanda ad un’educazione alla decisionalità. Ma cosa comporta? Di cosa necessità? Risponde Bellantoni nel saggio Ruoli di genere. Per un’educazione affettivo-sessuale libera e responsabile (Città Nuova)

Ruoli di genere

In ambito educativo e dal punto di vista della dinamica evolutiva dell’essere umano, quindi, formare e rispettare una persona come “re­sponsabile” significherà, alla luce di tale concezione, non chiedergli di meno e non chiedergli di più, in relazione a quanto quella particolare persona, unica e irripetibile, sarà effettivamente in grado di produrre, anche in termini di possibilità, in base, cioè, non solo a ciò che è, ma an­che e soprattutto in riferimento a ciò che il soggetto può ed è chiamato a divenire (Bellantoni 2011b, 116-117).

Volendo arricchire questo primo approccio al significato del ter­mine responsabilità, ne ricaviamo immediatamente una sua accezione relazionale e quindi etica.

[…]

In tal senso, la respons-abilità acquisisce l’accezione di un “essere abili”, capaci di mantenersi coerenti rispetto a una propria libera, ed appunto responsabile, progettualità. Appare immediatamente eviden­te, pertanto, come questa concezione di responsabilità investa neces­sariamente anche il vissuto socio-affettivo e relazionale e la propria condotta sessuale e di genere, che risulteranno orientati e informati al senso fondamentale che guida l’esistenza del soggetto, alla sua ge­rarchia dei valori, al chi è e al chi vuol essere: «Nella responsabilità l’uomo si trova nel punto in cui si incrociano l’uomo come autore e il mondo dei valori» (Katolo 2010, 6).

Pertanto, un’efficace educazione alla responsabilità potrà essere interpretata e rimandare a un’educazione alla decisionalità. Purtrop­po, quest’ultima è spesso confusa, nella prassi educativa familiare e scolastica, con una illusoria e controproducente educazione a non sbagliare, una “educazione all’inerranza”, in realtà molto diversa da un’educazione alla capacità di prendere decisioni. In tal senso, men­tre quest’ultima contemplerà l’errore e, chiaramente, l’assunzione di responsabilità circa le conseguenze, l’altra finirà col proporre un mo­dello difficilmente attuabile – chi può dire, infatti, di non sbagliare mai? – e capace, paradossalmente, di motivare piuttosto verso atteg­giamenti di ritiro e fuga.

Risulterà assai facile comprendere, anche in relazione a quanto detto a proposito della responsabilità, come non si possa dare, ai fi­gli o comunque ai destinatari dell’educazione e della formazione, ciò che non si è coltivato prima di tutto in se stessi, in qualità di genitori e/o formatori ed educatori. Per dirla in maniera più popolare, non si può pensare che sia possibile seminare patate e raccogliere, in futuro, cipolle. Fuor di metafora, si tratta di accettare che l’educazione dei figli alla responsabilità richiede necessariamente – a meno di eccezioni confermanti la regola – la presenza di genitori (educatori) a loro volta responsabili.

In tal senso, già nel 1926, Frankl evidenziava acutamente come una “educazione dei genitori” spesso [risulta] molto più importante di una “educazione dei figli”. La cosa però non è affatto semplice, poiché il più delle volte i genitori ci sfuggono e mancano di una sensi­bilità appropriata (Frankl 2000a, 30-31).

Nella stessa linea, Grace Craig (1995), in un suo testo sullo svilup­po dell’individuo, rivolgendosi in maniera specifica alla fase adole­scenziale, sottolinea che

quello che sappiamo è che gli adolescenti sono altamente recettivi sia alla cultura che li circonda che al comportamento dei modelli che ve­dono a casa, a scuola e nei mezzi di comunicazione di massa. Non possiamo aspettarci da loro un comportamento morale se quelli che servono loro da modelli non forniscono un esempio di comportamen­to morale (Craig 1995, 429).

Una riflessione, quella proposta dalla psicologa americana, che ri­manda all’importanza del modellamento, una metodologia che sarà ripresa in seguito e che va considerato lo strumento principe più im­portante nell’ambito dell’educazione morale, alla responsabilità e ai valori (Bellantoni 2011a, 19).

Circa l’influenza dei modelli parentali sullo sviluppo della persona­lità e delle condotte nei figli, una recente indagine, rivolta a famiglie con figli adolescenti, evidenzia che «nell’educazione dei propri figli, i geni­tori (sia i padri sia le madri) preferiscono i valori della conservazione (in particolare, la sicurezza) a quelli dell’apertura al cambiamento» (Ranie­ri – Barni 2010, 171). Un risultato che sembra confermare la tendenza, da parte dei genitori, ad evitare il più possibile ai figli quelle situazioni e quelle esperienze che potrebbero rappresentare motivo di fatica e/o sofferenza. Appare quanto mai evidente come tale atteggiamento, so­stitutivo e non rispettoso della responsabilità e delle effettive possibilità dei figli, possa rappresentare nel tempo un involontario fattore ostaco­lante la crescita e lo sviluppo di competenze funzionali ai compiti e a un sano adattamento sociale ed esistenziale (Bellantoni 2010e, 162).

Anche Daniele Bruzzone riprende il tema in esame, evidenziando nella famiglia e nella società uno slittamento dai codici affettivi “paterni” della tradizione (la rego­la, il valore, l’autonomia) a vantaggio di un maggiore investimento sui codici affettivi “materni” (la cura, l’affetto, la tenerezza). […] Negli adolescenti attuali prevale l’ideale dell’io rispetto all’istanza del super io, sono sempre più dediti al culto di sé, della loro bellezza e della loro riuscita. […] Molti di essi sono stati cresciuti come “cuccioli d’oro” della famiglia, oggetti di investimento narcisistico da parte di genitori ansiosi e iperprotettivi, che non di rado vivono i limiti, i difetti e i fallimenti dei figli come se fossero i propri (Bruzzone 2011, 52-53)

[…]

Appare evidente, alla luce delle precedenti considerazioni sul tema dell’educazione alla responsabilità, come tali atteggiamenti protetti­vo/sostitutivi dei genitori finiscano col non favorire la maturazione socio-relazionale ed etico-morale della persona.

Tale discorso si presenta ancor più significativo in ordine allo svi­luppo morale dell’adolescente e al concetto di responsabilità in esso implicato. Nell’evoluzione di ogni persona, i valori sono, infatti, un prodotto delle sue esperienze nella forma­zione di giudizi morali; se all’individuo vengono offerte opportunità stimolanti, ma sicure, [e di porsi in modo riflessivo di fronte a certe importanti decisioni], allora nell’adolescenza può verificarsi un con­siderevole sviluppo morale. […] Sembrerebbe che la considerazione di paradossi e conflitti morali …[aiuti] il ragazzo a formulare analisi e giudizi sempre più maturi sulle situazioni sociali (Graig 1995, 429).

 

Domenico Bellantoni, RUOLI DI GENERE, per un’educazione affettivo-sessuale libera e responsabile (Città Nuova, 2015)

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