La regione del Sahel, tra il Sahara e le savane tropicali a sud, è emersa come una base significativa per gruppi che vogliono stabilire Stati jihadisti.
Secondo il Global Terrorism Index del 2024, sebbene Israele abbia subito il più grande attacco terroristico nel 2023 (ad opera di Hamas e della Jihad islamica), non è stato il Paese più colpito dal terrorismo. Il Burkina Faso è ora al primo posto. Oltre al Burkina Faso, i jihadisti hanno guadagnato terreno anche in Niger e in Mali, ed hanno compiuto attacchi in Costa d’Avorio, Benin e Togo, ma anche in Ciad. Dal 2020 gli analisti pongono con insistenza una domanda: il “centro di gravità” del gruppo Stato Islamico si è spostato dal Medio Oriente all’Africa? «L’espansione degli affiliati allo Stato Islamico nell’Africa subsahariana ha portato a un’impennata del terrorismo in molti Paesi della regione», afferma il Global Terrorism Index.
Oluwole Ojewale, studioso di sicurezza e ricercatore di terrorismo insurrezionale, ha scritto su Conversation Africa della scorsa settimana che i fattori chiave che potrebbero favorire l’istituzione di uno Stato jihadista nella regione del Sahel, in Africa occidentale, includono, tra l’altro, la criminalità organizzata transnazionale e la fragilità dello Stato in Africa. Ci sono poi questioni che si rafforzano a vicenda come l’esplosione demografica, il fallimento della governance e la povertà endemica. I confini porosi, il traffico di armi, la presenza di foreste collegate a gruppi terroristici globali e i recenti colpi di stato nella regione sono altri fattori. I colpi di Stato hanno creato una battuta d’arresto agli sforzi antiterrorismo finora condotti dai governi eletti.
Adib Saani, analista della sicurezza residente in Ghana, ha espresso preoccupazione per l’aumento delle insurrezioni in tutta la regione ed ha affermato di non vedere una soluzione militare al problema. «Dobbiamo andare oltre la posizione militarizzata. Dobbiamo affrontare i deficit socio-economici e geopolitici che creano un ambiente favorevole allo sviluppo del terrorismo», ha dichiarato Saani alla Bbc.
Il dialogo interreligioso nella regione del Sahel è essenziale
«Il dialogo interreligioso occupa un posto speciale nella lotta al terrorismo nel Sahel. È un perno importante per risolvere gli attacchi dei terroristi nella regione del Sahel in particolare e in Africa in generale», aveva commentato l’allora presidente del Secam (che riunisce i vescovi cattolici africani e malgasci), il cardinale Ouédraogo, già arcivescovo di Ouagadougou in Burkina Faso.
Musulmani e cristiani in gran parte dell’Africa subsahariana hanno una lunga storia di tolleranza religiosa. La regione del Sahel, in particolare, funge da modello esemplare. Gli individui spesso appartengono a famiglie interreligiose, in cui un genitore può praticare una fede diversa dall’altro. Coltivano amicizie con persone di diversa estrazione religiosa, spesso formatesi durante gli anni. Inoltre, le interazioni interreligiose avvengono in vari altri contesti.
Condividendo la sua esperienza di dialogo interreligioso, il cardinale Ouedraogo aveva detto che i credenti di fedi diverse possono coesistere e «lavorare insieme nel rispetto reciproco, nell’ascolto reciproco», cercando di porre molta enfasi sulla «solidarietà interna ed esterna a livello locale, regionale e internazionale».
Cooperazione internazionale a beneficio degli Stati del Sahel
Nell’ottobre 2024, la Scuola per il mantenimento della pace Alioune Blondin Bèye (Emp-Abb) di Bamako, in Mali, ha ospitato un seminario internazionale che ha riunito diplomatici, esperti, partner internazionali e ricercatori per discutere le sfide urgenti, le questioni strategiche e le prospettive della cooperazione internazionale a beneficio degli Stati del Sahel.
La sicurezza ha occupato un posto centrale nelle discussioni. Di fronte all’aumento della violenza dei gruppi armati, la cooperazione in materia di difesa e intelligence è essenziale per garantire la sicurezza delle popolazioni. Sono stati discussi modelli di collaborazione militare.
In termini di sostenibilità, il seminario ha ricordato l’urgenza di stimolare le economie locali per offrire alle popolazioni alternative valide alla migrazione forzata o all’arruolamento nei gruppi armati. La creazione di posti di lavoro, la diversificazione economica e il miglioramento delle infrastrutture sono questioni fondamentali per garantire una stabilità duratura nella regione.
Cosa riserva il futuro alla regione del Sahel?
Nel 2022 il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha osservato che «se non si interviene, gli effetti del terrorismo, dell’estremismo violento e della criminalità organizzata si faranno sentire ben oltre la regione (Sahel) e il continente africano». In altre parole, la regione potrebbe diventare il quartier generale globale di uno Stato jihadista.
In definitiva, c’è la possibilità di un futuro luminoso. Il Sahel è ricco di risorse energetiche rinnovabili e può diventare una delle regioni più ricche a livello globale, grazie alle sue diverse risorse umane, culturali e naturali. Con un fondamento di stabilità politica per i governi saheliani.