Contro la colonizzazione ideologica

Caro Direttore,

ho letto (e riletto) il suo articolo pubblicato su Città Nuova online relativo alla manifestazione del 20 giugno e la presa di distanza (la “non adesione” a voler essere più precisi) della Rivista.

 

Ho preferito scriverle personalmente “due righe” per condividere un pensiero, nato soprattutto dalle ultime righe dell'articolo: «Serve, questo sì, anche nella Chiesa cattolica, una forte intesa tra i diversi attori della società civile per la promozione di un’adeguata politica famigliare; ma ciò in spirito dialogante, come per noi è consueto, rispettando le diversità, cercando piste di lavoro comuni e puntando ad un lavoro capillare di formazione sui temi in questione».

 

Se non faccio una indebita inferenza, la non adesione sarebbe motivata dal fatto che tale manifestazione non è espressione dello “spirito dialogante”.

 

Ora, credo che siamo tutti d'accordo che il dialogo è possibile solo nell’apertura all’altro, in un ascolto che è insieme accoglienza, conoscenza e dono, ma questo è possibile solo nella reciprocità. È un qualcosa che si costruisce, a fatica, ma sulla base di una volontà di entrambe le parti dialoganti. Senza questo non c’è dialogo, c’è solo qualcuno che “da” il suo, ma non “accoglie” ciò che viene dall'altro. E, del resto, il dialogo non è un compromesso, né tanto meno un accordo fra le parti, pertanto la reciproca apertura è condicio sine qua non del dialogo.

 

E – ancora – neppure credo che il dialogo debba portare al relativismo: dia-logos presuppone che un logos (una verità) ci sia, che certamente sia raggiungibile insieme, ma il cui presupposto d’esistenza sia irrinunciabile, pena un errare vagabondo (dia, senza logos). Non si dà dialogo senza presupporre la verità, o negando l’esistenza della verità stessa.

 

Ebbene, credo che nel caso in oggetto, ovvero la “colonizzazione ideologica” (cit. Papa Francesco) rappresentata dall’irrompere su più livelli (educativo, politico, legislativo) della dilagante “teorie del gender”, siamo di fronte ad un fenomeno che non muove certo da queste premesse. Non c'è la “proposta” di una idea, ma la volontà di imporre con la propaganda, con progetti educativi, con le leggi un nuovo modello antropologico, totalmente contrario alla verità naturale sull’uomo (e a quella espressa nella rivelazione ebraico-cristiana).

 

Di fronte a questo attacco non si può tacere, nè ha ragione d’essere un atteggiamento sterilmente irenisitico. Dialogare, qui, significa dire con forza e apertamente che si è CONTRO tutto ciò. “Contro” è pure l'espressione usata più volte da Papa Francesco non più tardi di ieri, nel discorso tenuto all'apertura del convegno ecclesiale della diocesi di Roma (qui). Non so se ha già avuto modo di vederlo, ma i toni non lasciano spazio a fraintendimenti:

 

«I nostri ragazzi, ragazzini, che incominciano a sentire queste idee strane, queste colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima e la famiglia: si deve agire contro questo. Mi diceva, due settimane fa, una persona, un uomo molto cattolico, bravo, giovane, che i suoi ragazzini andavano in prima e seconda elementare e che la sera, lui e sua moglie tante volte dovevano “ri-catechizzare” i bambini, i ragazzi, per quello che riportavano da alcuni professori della scuola o per quello che dicevano i libri che davano lì. Queste colonizzazioni ideologiche, che fanno tanto male e distruggono una società, un Paese, una famiglia». 

 

Ci mancava solo che aggiungesse: scendete in piazza, ditelo, urlatelo, perché chi ha responsabilità civili e politiche sappia che c’è un popolo che si oppone alla colonizzazione ideologica che mina la base stessa della vita della società.

 

Per concludere, credo sia un dovere morale fare di tutto, anche scendere in piazza, per manifestare contro questa follia che sta disumanizzando l’uomo, e le cui conseguenze più terribili ricadono – come sempre – sui più piccoli. Non amo le manifestazioni di piazza, non ho mai partecipato ad un “family day” o simili, ma sabato ci sarò… e sarei stato più contento nell’esserci sapendo che Città Nuova, insieme col Papa, dice ai suoi lettori: «Si deve agire contro questo».

Fraternamente, Andrea

 

Caro Andrea,

grazie di questa tua lunga lettera che ho letto con attenzione e interesse. Credo che lei sia convinto quanto noi che Città Nuova non è a favore della teoria del gender. Questo è chiaro dai tanti interventi che abbiamo pubblicato e che stiamo continuando a pubblicare. Il problema della manifestazione del 20 giugno è “politico”.

 

Crediamo, e mi sembra anche la Cei e la stragrande maggioranza dei movimenti, che una manifestazione del genere provocherà fatalmente un “muro contro muro” con certa cultura laicista, pratica nella quale i cattolici sono sempre risultati perdenti. La storia del dopoguerra, dal referendum sul divorzio in poi, è inconfutabile.

 

E così facendo ci si ideologizza: non solo la teoria del gender viene tacciata alla stregua di “ideologia” dai cattolici (a ragione), ma la stessa posizione cattolica verrà strumentalmente definita ancora una volta “ideologica”. Non credo poi che si debba tirare il papa per la giacchetta… Tanti, troppi lo fanno.

 

Un abbraccio, con stima

Michele

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