Una commedia alla francese

Un tirchio quasi perfetto, un divertissement che gioca di squadra non eccelso, ma spiritoso, arguto, sulla scia dell’ésprit nazionale.  Lo aspettiamo il 16 marzo, per dimenticare per un attimo i mélo, i blockbuster, i film di guerra o di fantascienza e cose simili.

I nostri cugini e “rivali” sono perfetti nella commedia, si sa. Punzecchiano, hanno agilità, ritmo, eleganza, colpiscono di fioretto come in Ridere fa bene alla salute (2014) di Dany Boom, e nella versione de L’Avaro di Moliére con Louis de Funès (1980). Evitano certa pesantezza nostrana, sanno essere frizzanti,  anche quando il prodotto non è un capolavoro.

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È il caso di Un tirchio quasi perfetto, che ha  sbancato il botteghino in patria, diretto abilmente da Fred Cavayè e con la star francese Dany Boon. La storia? Un solitario violinista di provincia è un taccagno peggio di Paperone, e fin da piccolo. Così è solo come un cane, nessuno  lo avvicina, anzi nel suo quartiere compaiono scritte oltraggiose nei  confronti della sua spilorceria. Non accende la luce in casa, mangia prodotti scaduti, va a piedi per non pagare il bus, e così via. Il denaro, o meglio il risparmio è la sua vita e la sua ossessione.

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Ma un giorno gli capita una bella ragazza, Laura, che si presenta come sua figlia. Lui non ci crede ed invece è il frutto di una sola notte, incauta da parte di lui, con una arpista che ha abbandonato. La ragazza crede (o finge di credere) che il padre sia un benefattore – così  le ha raccontato la madre – e fa cambiare mentalità alla gente nei suoi confronti. In casa scoppia la fine del mondo, perchè lei è estroversa e “consuma”! Esilarante la scena in cui mentre lui suona in orchestra accelera così tanto che le Quattro Stagioni le fa durare 12 minuti: deve correre a casa dove Laura ha ospitato i sei figli del vicino…

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Cambierà mai quest’uomo attaccato al denaro, meglio a sé stesso e che non riesce ad uscire dall’egoismo? Ci si mette pure una violoncellista innamorata che lui invita a cena, cercando in ogni modo di non pagare il conto… Insomma, gli equivoci  divertenti  si scatenano e la commedia, secondo la tradizione di Molière, ha la sua morale, ma senza farlo vedere dalla laicissima Francia. Cambierà il taccagno e diventerà generoso? Saranno le donne, motore della vita, a farlo ridiventare umano? Chissà.

Certo che si ride e si punge parecchio la gente che non sa amare, alla fine neanche  sé stessa.

Un divertissement che gioca di squadra non eccelso, ma spiritoso, arguto, sulla scia dell’ésprit nazionale.  Lo aspettiamo il 16 marzo, per dimenticare per un attimo i mélo, i blockbuster, i film di guerra o di fantascienza e cose simili.

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