Come 2000 anni fa…..pellegrini in Terra Santa

Anche noi come tanti, credenti e non, dal 7 al 14 giugno siamo stati pellegrini in Terra Santa grazie a Città Nuova, che ha organizzato questo viaggio.

Ritrovare le nostre origini cristiane, riscoprire le tracce di Gesù, i suoi luoghi, le strade che lo hanno visto camminare tra noi… Quanto l’abbiamo desiderato!

 

Qualche timore prima della partenza l’abbiamo avuto: ci saranno disordini? Da pochi giorni il Tg aveva riferito del blitz israeliano contro la nave dei pacifisti diretta a Gaza e alla vigilia della nostra partenza, il Papa, nel viaggio a Cipro, aveva parlato di “bagno di sangue” se non si intraprendono serie trattative per la pace.

 

Nonostante si viaggiasse in gruppo (74 persone) siamo stati più volte controllati alla partenza, durante tutto il soggiorno e sino all’imbarco del ritorno. Motivi di sicurezza! Per la nostra? Non ci è sembrato. Per i palestinesi? Neppure, visto che i controlli sono fatti solo da Israele.

 

Il contesto ce l’ha descritto il vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario patriarcale in Israele, che ci ha ricevuti nella sua sede a Nazareth. Da 50 anni in Terra Santa, ha un amore straordinario per il popolo palestinese nato dalla fusione degli antichi popoli non ebraici di cui ci parla la Bibbia, da sempre presenti in queste terre, che oggi rivendicano il sacrosanto diritto di avere il loro Stato nella loro Terra. La Terra Santa comprende oggi quattro Paesi: Israele, Territori Palestinesi (guai a chiamarli Palestina!), Giordania, Cipro.

 

I cristiani palestinesi di questi quattro Paesi sono appena il 2% della popolazione. Questa piccola minoranza vive schiacciata e minacciata tra musulmani ed ebrei. Nonostante tutto prosegue il dialogo con gli uni e con gli altri in modo efficace. Ascoltando il Vescovo ci risuonavano le parole di Gesù “Beati i costruttori di pace…”.

 

Questa la situazione odierna. Duemila anni fa l’occupazione romana, l’odio e la divisione tra gruppi politico-religiosi, fanatismo. Nulla è cambiato sostanzialmente. Eppure Gesù ha scelto di nascere in questo contesto: non è venuto per i giusti, ma per i peccatori, ha scelto la disunità per portare Lui l’unità.

 

Dopo cena incontriamo il focolare femminile di Haifa e alcuni membri della comunità del Movimento di Nazareth e dintorni. Giovani e adulti ci comunicano le loro esperienze soprattutto nell’affrontare le difficoltà di rapporto con i vicini ebrei e musulmani, aiutati dalla Parola del Vangelo e dall’unità di tutta la famiglia del Movimento.

 

Il passaggio da Nazareth a Betlemme è filtrato da un posto di controllo e più avanti dallo sbarramento del muro che divide Israele dai Territori palestinesi. Nella Basilica della Natività celebriamo la Messa di Natale: “Gloria a Dio nell’Alto dei cieli e pace in terra…” solo l’Onnipotente può portare la pace in questa Terra martoriata.

 

Andiamo in un grande negozio per i regali. Il proprietario ci dice candidamente che non gli è consentito di andare a Gerusalemme, a pochi chilometri da qui. Da dieci anni, come quasi tutti gli abitanti di Betlemme, non può uscire dalla città.

A cena siamo ospiti di una famiglia cristiana arabo-palestinese. Lui è architetto, laureato a Milano e con specializzazione a Pisa, ma ormai nei Territori palestinesi non si costruisce più. In cambio prolificano gli insediamenti israeliani. Ci preparano una cena araba e ci raccontano la situazione di difficoltà che vivono i Palestinesi dal punto di vista politico, economico, psicologico. I cristiani arabi sono passati dal 20% della popolazione a poco più dell’1%. Si sentono abbandonati come Gesù in croce. Chiediamo che cosa possiamo fare noi. “Moltissimo! Dite quello che avete visto! Il popolo vuole la pace, ma c’è chi ha interesse ad alimentare l’odio.”

 

Come ci dice Elisabetta, un’ italiana sposata con un arabo palestinese e ora residente a Betlemme, un cristiano ha un motivo in più per venire qui, oltre che vedere i luoghi delle nostre origini. In Israele e in Palestina si entra nella storia contemporanea, si vive in una Via Crucis quotidiana cercando il dialogo con tutti. Ma il cristiano è un uomo controcorrente che non può e non deve chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Amare il nemico qui diventa possibile eroismo, ulteriore segno concreto di speranza.

 

Lasciamo Betlemme per iniziare l’avventura di Gerusalemme. Al check point salgono sul pullman due militari giovanissimi. Restiamo impressionati dalla ragazzina in pieno assetto di guerra, con un armamento più grande e più pesante di lei. Lungo la strada da Betlemme vediamo gli insediamenti ebraici, le postazioni dei militari, le divisioni all’interno dei Territori palestinesi.

 

Anche le tombe sono divise tra musulmani ed ebrei; la stessa tomba del padre Abramo può essere guardata da parte musulmana stando nella moschea e da parte ebraica stando nella sinagoga e così, pur guardando l’unico padre non ci si riconosce fratelli; i militari mantengono i settori ben distinti con rigidi controlli. La visita prosegue al Monte degli Ulivi, al luogo dell’Ascensione, alla Chiesa del Pater Noster, al luogo dal quale Gesù, vedendo la città, pianse su Gerusalemme; avrebbe voluto realizzare il “come in Cielo così in terra” e non c’è riuscito! Nella sua impotenza vediamo la nostra impotenza a edificare la pace…

 

Dopo cena visita al “Muro del pianto”. Ci accostiamo, gli uomini da una parte le donne dall’altra, per pregare per Gerusalemme, per la pace, per l’unità.

 

È domenica. C’è molta animazione per le strade, ebrei e musulmani sono al lavoro. Oggi è festa solo per i cristiani. Ripercorriamo la Via Dolorosa. Fatichiamo a tenere il passo in questa via stretta, in salita, maleodorante, affollata da mercanti e turisti. Raccogliersi in meditazione è difficile, quasi impossibile.

 

Nel pomeriggio nel “Cenacolino”, la chiesa dei Francescani addossata al Cenacolo, celebriamo la Messa che ci fa rivivere i grandi misteri di quel luogo: la lavanda dei piedi, l’Eucaristia, il sacerdozio, il comandamento nuovo, la preghiera per l’unità… “Che tutti siano uno perché il mondo creda che Tu mi hai mandato”. Questo chiediamo insieme al Padre e per questo offriamo le nostre vite.

 

Dopo cena una coppia di ebrei residenti a Tel Aviv viene a incontrare il nostro gruppo. “Che possiamo dirvi? Avete visto le separazioni, le ingiustizie. La comunità dei Focolari residente in queste terre sta lavorando per costruire la fraternità a 360 gradi. Un gruppo di ragazzi cristiani, ebrei e musulmani, a rischio della vita, non perde occasione per incontrarsi e portare avanti il dialogo. Sono molto determinati.” Siamo ammirati, confortati. Ci sentiamo interpellati a fare altrettanto nei nostri paesi, nelle nostre città.

 

Siamo alla conclusione del viaggio. Da una settimana la strada per Emmaus è chiusa per “motivi di sicurezza”, ci è quindi preclusa l’ultima tappa del nostro viaggio.

Trascorriamo così le ultime ore nel Getsemani dove, proprio tra gli ulivi, celebriamo la Messa: ringraziamo Gesù per essersi addossati i nostri peccati, rinnoviamo l’impegno a fare come lui la volontà del Padre e chiediamo la forza per attuarla.

 

Torniamo frastornati per i tanti luoghi visitati, per le forti emozioni vissute nei luoghi della fede ma consapevoli che la pace in questa terra verrà se anche noi qui saremo “costruttori di pace”, paladini del dialogo a ogni costo con chiunque lo accolga. Gesù ha promesso: “ Non temete, Io ho vinto il mondo” e Lui non mente mai!

 

Anna e Sergio Sanfelici ( San Giorgio di Mantova)

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