Cari candidati, così perdiamo tutti

Una riflessione sulle elezioni amministrative, partendo dallo scontro tra Moratti e Pisapia a Milano
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Era dato per certo il terremoto a Roma, l’11 maggio. Tanto che un po’ di gente ha abbandonato la capitale. Ed invece il sisma è avvenuto a Milano. Epicentro, gli studi di Sky Tg 24. La scossa è stata provocata dalle parole conclusive del sindaco uscente della città, Letizia Moratti. Come da accordi, spettava a lei l’ultima parola. Parte la bordata verso il candidato sindaco del centrosinistra, Giuliano Pisapia: «È stato giudicato responsabile del furto di un veicolo che sarebbe servito per il sequestro e il pestaggio di un giovane». «È una calunnia, un falso di cui risponderà», è la pronta replica dell’interessato, che rifiuta di stringere la mano porta dalla signora.

 

Fermiamo qui il fotogramma della sequenza. Cari candidati sindaco di tutta Italia, così non si va da nessuna parte. Quella condotta è un’ulteriore picconata alla già scarsa fiducia della gente. Eppure i sindaci conoscono meglio di ogni altro politico cosa sta vivendo e pensando la cosiddetta “gente”, cioè i propri concittadini.

 

Sanno che sono stufi della rissa politica nazionale che va in scena ogni giorno e che hanno piene le tasche della violenza verbale che sta pesantemente condizionando ogni intervento dei leader. Almeno a livello locale, gli amministrati vogliono assistere ad altro, cioè a confronti su temi e problemi concreti della città e del territorio. Chiedendo ai candidati di dare prova di possedere argomenti e non accuse diffamanti sul piano personale.

 

Mors tua, vita mea è una logica che non paga più. Possibile che i consiglieri della Moratti non se ne siano accorti? Eppure, il primo e unico faccia a faccia televisivo tra i due pretendenti alla poltrona di Palazzo Marino era iniziato con toni pacati. Poi si era fatto teso per il confronto tra due visioni opposte sul governo della città.

 

Pisapia aveva accusato la Moratti di essere sempre stata dalla parte dei poteri forti. Lei aveva replicato che lui vuole islamizzare Milano con le moschee. Argomenti duri, ma politici. Che ci stanno. Ma niente a che fare con l’imprevedibile affondo conclusivo. Che suona molto peggio di una cattiveria, perché è un grossolano errore politico. Di quest’accusa Pisapia aveva parlato all’inizio della sua campagna elettorale, spiegando che era stato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto.

 

Nel pomeriggio, la Moratti ha convocato una conferenza stampa, precisando che «volevo sottolineare che la storia politica di Pisapia non è quella di una persona moderata e perciò ho fatto una valutazione politica». Di questa forma di moderazione di una sindaco moderata non sentivamo la mancanza. Spiace invece registrare che sia venuta da una donna, per di più di alto censo borghese, di ottima formazione, di navigata esperienza.

 

L’episodio giunge al termine di una campagna elettorale giocata da tutti gli schieramenti più sulla critica degli avversari che sulla presentazione di proposte realmente programmatiche. Una scelta (o una povertà di visione sulla città) che ha contribuito a rendere più acuto il senso di insofferenza dei milanesi.

 

Se l’ambito della politica più vicino alla gente si uniforma al livello nazionale, vedremo compromessa la residuale fiducia che ancora i cittadini nutrono verso chi amministra la città. Allora il partito dei non votanti crescerà, compromettendo partecipazione e democrazia. Così perdiamo tutti.

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