Campania, tra difficoltà e innovazione

In un territorio segnato drammaticamente da problemi economici, immobilismo, inefficenza delle istituzioni e mancanza di lavoro, continuano a crescere la voglia di partecipazione e la speranza
funerali di pasquale romano

Il maltempo si abbatte sull’Italia dopo un autunno veramente troppo mite e così la cronaca riporta le solite, tristi, già conosciute notizie: allagamenti, frane, straripamenti di fiumi, alberi che cadono su auto e case, feriti, morti, ecc. Sembra un disco rotto che ripete sempre la stessa musica. Ogni volta le autorità preposte promettono che faranno più prevenzione, ma dopo un mese, un anno o due ci si ritrova nella stessa condizione. È davvero desolante!

In Campania, poi, la situazione è davvero paradossale: un territorio naturale tra i più belli al mondo, arricchito da opere d’arte uniche e invidiate da tutti, viene lasciato a se stesso. E così, oltre alle frane, ci sono anche i monumenti che crollano, come gli scavi di Pompei, sgretolati pian piano dalle piogge violente. Però, qualche volta c’è spazio anche per una bella notizia. In una città della Campania, che nel mese di settembre fu teatro di allagamenti spettacolari, finiti su Youtube, pochi giorni fa sono state pulite gran parte delle fogne e così, in quest’occasione, le stesse strade che si erano trasformate in fiumi, erano soltanto bagnate. Peccato che questa dovrebbe essere la norma e non l’eccezione!

È proprio questo, secondo me, il problema: abituarsi a vivere in modo eccezionale, fare l’abitudine alle storture della nostra società. Ma qualcosa sta cambiando. Le ultime clamorose inchieste sulla corruzione in politica hanno finito per scandalizzare anche quelli più avvezzi al “magna magna”, una sorta di giustificazione verso i nostri politici, secondo la quale “se loro mangiano una fetta di torta, qualche mollica cade pure per noi altri”. Quando è troppo, è troppo! E così la gente non ci sta più, reclama i suoi diritti e non vuole stare più soltanto a guardare. Cresce l’associazionismo, la partecipazione politica a tutti i livelli.

La crisi che da alcuni anni ha alzato i prezzi, diminuito i salari e, soprattutto, fatto perdere posti di lavoro, morde sempre più.
Quello che colpisce di più, però, è il senso di precarietà che incombe su tutti. Precarietà non solo economica, per la possibilità di perdere il lavoro, ma, soprattutto precarietà della vita in generale. Pochi giorni fa abbiamo pianto Pasquale Romano (nella foto, un'immagine dei funerali), ennesima vittima innocente della malavita che non guarda in faccia nessuno. È una sensazione tremenda che ti spinge al pessimismo e a non voler fare progetti per un futuro che non sai se ci sarà. Ma, nonostante tutto questo, la speranza continua ad insinuarsi nella vita di ogni giorno.

Al millenario fatalismo che ha caratterizzato i napoletani, abituati ad occupazioni, re e regine capricciosi, invasori mascherati da liberatori, si cerca di sostituire un rinnovato protagonismo e diventare artefici del proprio destino, dandosi da fare. Una bella rubrica della Testata Giornalistica della Campania della Rai, chiamata “Talenti vulcanici”, presenta giovani e meno giovani che non si arrendono alla mancanza di lavoro e, pur di non emigrare, si inventano lavori davvero originali. Non si deve pensare che le loro iniziative siano dovute al caso; sono, piuttosto, un mix tra ricerche di mercato e realizzazione delle proprie aspirazioni, magari quelle più nascoste. E così si possono trovare: cuoche a domicilio, associazioni di accoglienza turistica alternativa, inventori di oggetti più svariati, creatori di abiti trasformabili, informatici all’avanguardia, cineasti, musicisti ed artisti in ogni campo.

Un’altra risorsa tipica del Sud (ma ancora per quanto?) è la tenuta dei rapporti sociali e familiari allargati. E così, se i figli sposati sono senza lavoro, ci pensano i nonni con la pensione a portare avanti la famiglia. I vicini, quando possono, danno una mano, le parrocchie e le associazioni fanno la loro parte, ma sono frequenti anche situazioni che altrove non sarebbero “normali”, come maestre che pagano il doposcuola ad una bambina capace, ma nata in una famiglia difficile o che finanziano di tasca propria le iniziative extrascolastiche di bambini meno abbienti.

Le statistiche, poi, lasciano il tempo che trovano. Quella pubblicata da poco, secondo la quale in Campani lavora solo una donna su cinque, in realtà è perfino peggio, perché qui le donne lavorano quasi tutte, ma per la maggior parte in nero. Sono le donne il motore della società, che vanno al mercato a cercare il cibo meno caro, ri-cucinano gli avanzi, rigirano i vestiti dei fratelli grandi sui piccoli, come si faceva una volta. Molte donne che conosco hanno i mariti senza lavoro e portano avanti la famiglia con dignità e se qualcuno ci ride su, invitando la figlia ancora piccola a sposare un uomo ricco, la maggior parte continua a lavorare aspettando un domani migliore, non con la rassegnazione eduardiana della notte che deve passare, ma con la consapevolezza che se vogliamo, possiamo essere migliori e creare un mondo migliore.

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