Brasile. Le manifestazioni e la pazienza sotto torchio

Migliaia di brasiliani sono scesi nelle strade delle principali città del Paese per manifestare contro l’aumento del prezzo per i trasporti, in realtà la gente è stanca di non vedere provvedimenti di tutela del sistema sociale, mentre cresce la corruzione e la distanza dai politici. Dalla nostra corrispondente
Brasile. Un manifestante a San Paolo

Fino a qualche giorno fa il Brasile era nel mirino di tutti i notiziari internazionali per la prima edizione della Coppa delle Confederazioni in quello che tutti considerano il Paese del calcio. In poche ore i motivi dell’interesse sono totalmente cambiati: niente più calcio ma proteste.

Le manifestazioni popolari che da alcuni giorni e a ritmo crescente si stanno svolgendo a San Paolo e Rio de Janeiro, lunedì hanno invaso anche le strade delle altre principali città brasiliane. Si calcolano 230 mila manifestanti in dodici città. È stata la più grande mobilitazione popolare degli ultimi 20 anni, bisogna risalire al 1992, a seguito della richiesta di impeachment del presidente Collor de Mello.

Il motivo iniziale era quello dell’aumento del prezzo dei biglietti dei mezzi di trasporto pubblico, ma ha subito assunto una variante più ampia: indignazione crescente di fronte agli investimenti astronomici per la costruzione o la ristrutturazione degli stadi di calcio destinati ad ospitare le partite per il Mondiale del 2014. A fronte di queste spese, altre sfere della vita sociale, come sanità e educazione pubblica, sono state sottovalutate. Le proteste poi hanno preso di mira anche la corruzione dilagante e la richiesta di maggiore qualità nei servizi pubblici, oltre ad alcuni disegni di legge sulla spesa sociale che saranno votati in Parlamento prossimamente.

Purtroppo la violenza ha talvolta preso il sopravvento sia da parte di alcuni manifestanti che da parte della polizia, che nei giorni scorsi ha tentato di soffocare le manifestazioni con azioni di forza sproporzionate. Fonti ufficiali, ma anche la gente comune, pensano che questi atti violenti siano da attribuire a pochi infiltrati. Lunedì sera, a Rio de Janeiro, tra i 20 mila manifestanti, sono stati individuati circa 300 facinorosi autori di atti di vandalismo.

Nel mare di folla, si vedono giovani molto giovani, che contraddicono l’idea diffusa di una gioventù apatica e politicamente non impegnata. Sono al fianco di adulti: padri e madri con i figli piccoli e persino anziani.

Anche qui, come è sucesso in piazza Tahir, in Egitto, e nei tanti luoghi pubblici dei Paesi arabi, le reti sociali hanno giocato un ruolo vincente perché hanno saputo convocare la gente e segnalare passo passo gli avvenimenti in tempo reale. Su Facebook e Twitter ben 79 milioni di persone parlano della protesta.

Ma cosa ci sia veramente dietro a questa protesta sono in tanti a chiederselo. Ovviamente i 15 o 20 centavos aumentati sul prezzo del biglietto degli autobus non sono il solo motivo, anche se reale. La lettura dei fatti però scava più a fondo: l’insoddisfazione del popolo brasiliano, generalmente rassegnato e pacifico, davanti a una situazione politica dove i problemi continuano a sommarsi, non ultimo quello dell’inflazione che torna a crescere dopo decenni di stabilità duramente conquistata. C’è poi una crisi di rappresentatività politica, mentre i casi di corruzione sono in aumento.

Apparentemente si tratta di manifestazioni piuttosto spontanee, non vincolate alle politiche di partito. Dilma Roussef, dopo l’iniziale silenzio del suo governo, è intervenuta approvando la libertà di espressione e dichiarando lecite queste manifestazioni popolari. Permane però lo stupore e il non saper cogliere pienamente i messaggi che la piazza invia. Si teme che la reazione sia più legata al mantenimento di un’immagine che a realizzare azioni concrete. La sua popolarità è scesa di molto ed è cominciato un movimento che ne chiede le dimissioni, anche se si tratta di voci sporadiche e con pochi numeri a seguito.

Intanto i governatori dei singoli Stati hanno frenato gli interventi repressivi delle forze dell’ordine e manifestano apertura al dialogo con i rappresentanti dei manifestanti, ma la sorpresa regna davanti a un fatto del tutto inaspettato e di fronte al quale nessuno sa come comportarsi. Certo è che per il Brasile è un momento storico.

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