Attenti, qualcuno riesce ancora ad ascoltare!

Nella giornata più temuta, Roma è rimasta tranquilla. Forse perché il “primo cittadino” (in senso costituzionale) ha saputo ascoltare gli “ultimi cittadini” (in senso anagrafico).
napolitano e gli studenti

Scriveva Ryszard Kapuscinski: «Oggi non si sa più parlare perché non si sa più ascoltare». Quant’è vero! Quanto suona false la stragrande maggioranza delle parole sparate al vento nell’agorà della politica, nelle Camere, nelle piazze, sui giornali, su Internet, soprattutto alla tv… L’altro giorno, ad Annozero, un ministro che pareva uno studentello mal cresciuto e uno studente che pareva un capopopolo già dalla culla sono venuti quasi alle mani per l’incapacità di ascoltarsi. Parlavano l’uno sull’altro, anzi gridavano, e non ci si capiva un acca. Una scenetta che ha fatto furore su Youtube, ovviamente.

 

Ieri, invece, il primo cittadino italiano, nobile esempio di tolleranza e di pazienza, ha voluto dare l’esempio: ha invitato nel suo studio un drappello di studenti (nella foto) della Sapienza romana e li ha ascoltati per più di un’ora. Sicuramente le occupazioni non gli mancavano, ma ha intuito che i piccoli gesti a volte sono grandi. I commenti dei ragazzi e delle ragazze all’uscita sono stati univoci: «Napolitano ci ha ascoltati».

 

Sì, probabilmente non potrà seguire l’invito degli studenti a non votare la Legge Gelmini (a parte qualche dettaglio di incongruenza tecnica che potrebbe creare problemi), ma ha invitato gli studenti ad entrare nel merito, e a fare le loro proposte. Prendendoli sul serio. Ecco, l’ascolto vero, quello che non è ideologico o carico di preconcetti, riesce a far sentire importante l’interlocutore, perché importante lui o lei lo è, ognuno lo è. Chi incontra le grandi persone ed ha la fortuna di poter essere da loro ascoltato anche solo per un istante spesso s’esprime della sorte: «Mi sono sentito un re, mi sono sentita una regina».

 

Le parole di Napolitano, che già sono un àncora costituzionale e democratica nella melma paludosa di tanta società che non sa ascoltare le ragioni dell’altro, diventano così “pesanti”, credibili e creative. Costruiscono la coesione sociale, evitano incidenti, creano il bene comune primo delle nostre democrazie occidentali, che è la libertà.

 

Grazie presidente, grazie signori studenti e signore studentesse. Mi ricordate una sentenza d’un grande padre, Clemente d’Alessandria: «Ascoltare bene vuol dire capire».

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