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Cultura > In punta di penna

Ascesa e discesa dei potenti

di Michele Zanzucchi

- Fonte: Città Nuova

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Chi detiene il potere del popolo ha come primo compito quello di governare a nome di tutti coloro che lo hanno eletto. Se non lo fa, prima o poi perde l’appoggio popolare

ph Pexels

In Italia siamo esperti di certi macroscopici cambi di opinione dell’elettorato, spesso assai repentini. Ricordiamo il trionfante Matteo Renzi che, a capo del Pd, aveva raggiunto livelli di opinione favorevoli attorno al 40% dell’elettorato, “sfidò l’elettorato” il 4 dicembre 2016 con un referendum sulla riforma costituzionale, la cosiddetta “Riforma Renzi-Boschi” che proponeva il superamento del bicameralismo paritario e la revisione del titolo V della Costituzione. La proposta di riforma fu bocciata con una netta vittoria del “no”, col 59% dei voti. A seguito della sconfitta, Matteo Renzi, che aveva legato il suo futuro politico all’esito della consultazione, rassegnò le dimissioni da presidente del Consiglio.

Sorte analoga è toccata all’altro Matteo, Salvini, che si ritrovò anche lui a livelli di approvazione superiori al 30% dell’elettorato, pensando che avrebbe avuto partita vinta nelle “inevitabili” elezioni anticipate. Era l’8 agosto 2019 quando provocò la caduta del governo in cui era vicepremier e ministro dell’Interno (il Governo Conte I, formato dalla Lega con il Movimento 5 Stelle). La mossa politica, volta a capitalizzare l’enorme consenso ottenuto dalla Lega alle Europee del 2019 e a forzare elezioni anticipate con l’obiettivo dei “pieni poteri”, è stata invece il momento in cui ha iniziato a perdere una parte significativa del suo elettorato. Dopo la deposizione di una mozione di sfiducia contro il Governo Conte I, l’esito fu la formazione del Governo Conte II (tra M5S e Pd) che ha estromesso la Lega dall’esecutivo. La Lega ha continuato a mantenere un buon consenso, ma ha visto un progressivo e costante travaso di voti verso Fratelli d’Italia. La partecipazione della Lega al Governo Draghi (2021-2022) ha ulteriormente disorientato parte dell’elettorato più sovranista.

Se si volesse trovare un’immagine-sintesi della logica che ha portato al crollo politico dei due Mattei, forse la si può ricavare dal passaggio della campanella, simbolo del passaggio dei poteri a Palazzo Chigi, avvenuta il 22 febbraio 2014: passaggio che fu “glaciale” e rapido, con Letta che non attese Renzi ai piedi dello scalone d’onore, mentre quest’ultimo “rubò” la campanella dalle mani del suo predecessore senza degnarlo di uno sguardo. Anche esecutivi che hanno un forte appoggio popolare prima o poi cadono in disgrazia dopo anni di governo quasi senza opposizione, qualora chi governa lo fa con arroganza, favorendo solo la propria parte.

Ovviamente, si parla solo dei Paesi che hanno una solida base democratica ed elettiva, perché altre sono le logiche dei regimi autoritari. Eventuali crepe – gli osservatori cercano di notarle – possono dare delle avvisaglie di crolli repentini. In questo senso, l’elezione di Mamdani a sindaco di New York, nato in Uganda, musulmano e socialista, pare un indice di una debolezza del regime trumpiano, estremamente polarizzato a favore dei propri sostenitori. Più che l’elezione in sé, che ha comunque un sapore di novità e che sembra ringalluzzire improvvisamente il soporifero mondo democratico, come testimonia ad esempio l’endorsement un po’ tardivo di Obama, più che l’essere stato eletto in una città naturalmente democratica, conta la facilità della sua vittoria, segno forse di un cambiamento sorgivo dell’opinione pubblica a stelle e strisce. Senza dubbio, conta pure lo shutdown cioè la procedura del governo federale che scatta quando il Congresso non riesce ad approvare in tempo la legge di bilancio, e forse conta pure l’altalena a cui Donald Trump sottopone da qualche tempo il suo elettorato, con “sparate” e marce indietro.

Si parla tanto di crisi della democrazia, di trionfo delle polarizzazioni indotte dai social, di crollo della partecipazione democratica: tutto vero, e tuttavia il sistema elettorale democratico ha il pregio, se non si cambiano le regole del gioco cammin facendo, di permettere quei cambiamenti che salvano il pluralismo. Sistemi che sembravano perfetti per assicurare una lunga permanenza al potere, spesso si rivelano caduchi di fronte a quella che appare una semplice buccia di banana, ma che invece è una conseguenza della concezione esclusivista del potere di taluni uomini di governo.

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