Artista e opera d’arte: della fissazione di Narciso e delle forme di liberazione.

Un'indagine letteraria
Con estrema finezza scriveva C.G. Jung: "Sappia o no il poeta che la sua opera si genera, cresce e matura nel suo intimo, ovvero creda di esprimere volontariamente una propria invenzione, il fatto non cambia: la sua opera cresce da lui, comportandosi come un figlio verso la madre". E ancora: "Egli, il poeta, è uno strumento nel significato piu profondo del termine e perciò sottoposto alla sua opera, della quale non ci dovremmo aspettare un'interpretazione da parte sua. Egli ha compiuto, esprimendola, la sua piu alta possibilità e deve lasciare l'interpretazione della sua opera agli altri e all'avvenire". Il mito di Narciso illumina splendidamente la "tentazione" dell'artista davanti alla sua opera -meglio: davanti all'opera che sua non è. Perché non è l'artista che nell'opera si specchia, offrendola cosi all'irrealtà, ma è l'artista che fa da specchio a un Altro, offrendo cosi l'opera alla concretezza del reale.

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