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Persona e famiglia > Noi due

Aprirsi al perdono nella coppia

di Chiara Spatola

- Fonte: Città Nuova

Come non lasciarsi imprigionare dal risentimento. Il linguaggio non verbale è il primo passo per ristabilire un contatto

(AP Photo/Francois Mori)

Nella storia di una coppia possono arrivare momenti in cui parole e gesti del passato bruciano come ferite ancora aperte. Giudizi, pensieri e sentimenti dolorosi tornano a galla in modo insistente, e continuano a tenere sotto scacco la relazione. C’è chi reagisce chiudendosi e creando una distanza col tono di voce e con lo sguardo, chi comincia a comportarsi con l’altro/a in modo duro e scostante, c’è chi trascorre molto tempo fuori casa, interrompendo il dialogo.

Quando ci si lascia imprigionare dal risentimento, si crea un circolo vizioso, che invece di favorire il cambiamento, tiene bloccata la coppia.  Essa si ritrova così impantanata proprio in quelle dinamiche da cui sta cercando di liberarsi.

Cosa può aiutare ciascuno dei partner ad affrontare momenti come questi? Il perdono, non solo nei confronti del partner ma anche di sé stessi. Il per-dono è il dono per eccellenza. Come sottolineano Enrico Molinari e Pietro A. Cavalieri, nel libro Il dono nel tempo della crisi (Raffaello Cortina 2015), esso è caratterizzato dalla gratuità.

Si può realmente perdonare solo quando non si ha la pretesa di ricevere qualcosa in cambio. Il perdono non è un colpo di spugna che cancella il passato o il dolore che esso ha provocato. Si tratta di un processo faticoso che parte dall’accettazione degli aspetti dolorosi dell’esperienza, e li integra nella propria storia, per aprirsi al momento presente con rinnovata pienezza. Il perdono è come un ponte che va costruito un mattone alla volta, e che permette di raggiungere l’altro nel qui ed ora, aldilà degli errori che ha commesso in passato, aldilà dei suoi limiti e fragilità.

Ma come fare ad attivare questo processo? Da dove partire quando si è ormai creata una distanza difficile da colmare? Il punto di partenza può essere quello di notare le proprie reazioni automatiche, diventandone più consapevoli.

Tante volte, infatti, senza rendercene conto adottiamo delle strategie che potremmo definire di “evitamento”: non guardare negli occhi l’altra persona, fuggire il contatto fisico, trascorrere molto tempo davanti a smartphone o TV. Questi comportamenti, che a volte mettiamo in atto per evitare di discutere, o per distrarci da ciò che ci ha fatto stare male, possono diventare controproducenti. Essi infatti fanno sì che la distanza aumenti, che il dialogo diventi sempre più difficile, che le catene di pensieri negativi nella mente si allarghino a dismisura.

Un altro aspetto importante è notare i nostri ricordi pensieri, emozioni e sentimenti. Accettare il fatto che non possiamo liberarci di questo “fardello” di esperienze dolorose, ma che possiamo riappacificarci con esse, per quanto sia difficile.

Notare che anche il/la nostro/a partner sta soffrendo proprio come noi. Può apparire semplicemente arrabbiato/a, o indifferente, ma ad uno sguardo più attento spesso ci sono altre emozioni che possiamo cogliere. E se sappiamo guardare ancora oltre, aldilà del dolore, probabilmente in entrambi c’è il desiderio di rincontrarsi, di riconoscersi reciprocamente, di ricominciare.

Una volta compreso questo comune desiderio di incontro, è importante cercare un contatto attraverso uno sguardo, un abbraccio o un sorriso. Il linguaggio non verbale è spesso quello più efficace in queste situazioni perché è quello che riesce meglio a comunicare con il nostro cervello emotivo. È un invito a “prendersi cura della relazione”. Da qui si può partire per instaurare un dialogo autentico, che consenta di costruire o ricostruire l’intimità emotiva, di condividere vissuti, paure, desideri, limiti e fragilità.

Quando la coppia ha il coraggio di aprirsi al perdono, la lotta interiore lascia il posto alla pace e si torna ad essere liberi. Liberi di ricominciare, di tornare a vivere il presente senza l’influenza del passato, liberi di scrivere insieme nuove pagine della propria storia.

 

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