Isa è un’insegnante liceale in pensione. Da subito ha deciso che non poteva fermarsi e godere il riposo pur meritato. Perciò si è resa disponibile per parecchie iniziative di volontariato sul territorio, soprattutto in merito al grave inquinamento da pfas della tristemente famosa falda veneta ed è diventata anche lei una delle migliaia di cittadini che portano avanti una battaglia ormai a livello europeo, culturale e sociale, anche in sede legale, delle “Mamme no pfas”.
La sua competenza nelle lingue straniere l’ha portata a far fruttificare le abilità nel settore dell’apprendimento della L2 da parte di persone straniere giunte in questi anni.
«Ora insegno italiano ad un gruppo di donne straniere immigrate, per la maggioranza musulmane, con le loro storie spesso pesanti», racconta Isa. «Tra di loro è arrivata Amina, una ragazza di diciotto anni che vorrebbe continuare gli studi, dopo aver conseguito il diploma di terza media in Africa. Le ho dato qualche consiglio sul percorso da fare e sulla scuola superiore che avrebbe potuto scegliere, ma ho visto che era in difficoltà e mi ha chiesto di parlare con suo padre».
Cultura famigliare e sogni si intrecciano in Amina e formano un groviglio di dubbi e di speranze che Isa decide di accompagnare e tentare di aiutarla a dipanare. Ma le cose non sono assolutamente facili. Gli incontri con la famiglia e la ricerca della scuola più adeguata per la giovane richiedono tempo e discrezione. Occorre generosità e attenzione nel valutare i comportamenti più efficaci da adottare nel rispetto reciproco, ma anche nell’evoluzione positiva di una cura per la figlia e il suo futuro, in una società diversa e aperta al contributo femminile.
«Mi sono domandata se fosse il caso che me ne occupassi, perché questo mi avrebbe richiesto un coinvolgimento maggiore. “E se fosse mia figlia?” ho pensato, e questo mi ha fatto decidere di dedicarmi ad Amina. Così, in orario serale, sono andata a cercarla all’indirizzo che mi aveva dato ed in questa iniziativa ho coinvolto anche mio marito, senza il quale non sarei riuscita a trovare il posto e salire al secondo piano di una scala buia. Appena entrati la famiglia ci ha accolto con stupore ed entusiasmo e, dopo esserci presentati, il papà ci ha detto che questo incontro gli dava molta gioia».
Era bastato davvero quel gesto di cura per sciogliere catene che potevano tenere Amina legata al pregiudizio e al timore. La sorpresa dei genitori aveva trovato ragione nella presenza di una famiglia italiana, che aveva a cuore una figlia, al di là di dubbi e lontananze. Il padre si era detto poi felice di poter far frequentare alla figlia una scuola superiore, e questo ha generato in Amina molta consolazione.
«Per me –aggiunge Isa– è stata una luce, un segno per farmi capire che “dobbiamo sporcarci le mani”, come dice papa Francesco. L’umanità grida, ma dobbiamo sintonizzarci sulle sue frequenze per sentirla. Anche questo è il percorso sinodale che stiamo costruendo nelle nostre chiese».
Ora è il turno di Amina. Dovrà raccogliere questa sfida, scegliere di impegnarsi a fondo e cominciare una nuova vita, accompagnata dalla cura e dalle relazioni che l’hanno incrociata e che la sosterranno. Dovrà anche lei aprire il cuore.
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