Anima musicale vibrante di luce e colori

40 capolavori provenienti dal museo d’ Orsay esposti alla Gam dal 1 ottobre al 31 gennaio 2016
Monet

Una retrospettiva di pura sinestesia presenta 40 capolavori impressionisti di Monet alla “Gam” di Torino, provenienti dal Museo d’Orsay di Parigi. La pittura percepita en plein air, vivacità istintiva di vibranti tocchi di luce, appresa dal maestro Eugenie Boudin si evolve in chiave informale verso una dimensione ideale, interiore, emotiva piuttosto che descrittiva del tradizionale concetto di “oggetto”, soprattutto nel tardo Monet. Il critico d’arte Arcangeli ne sottolinea però l’indivisibile continuità tra una prima maniera e uno stile maturo che prelude al dripping di Pollock, alla Land Art dei macrodipinti di Giverny secondo le inquadrature delle stampe giapponesi di Suzuki, Hokusai, Hiroshige.  Rewald osserva come «le ricerche sulla luce e i suoi effetti lo conducano inevitabilmente alla dissoluzione della forma e alle conseguenze che saranno determinanti per l’arte moderna del Novecento».

Attraverso la lettura di Kandinskij si vede l’anima vibrante di Monet in sintonia con una interiore musica che trasfigura la resa dei soggetti realmente osservati in una poetica del colore e della luce che evoca l’astrazione.  Guy Cogeval, direttore del Museo d’ Orsay, invita a guardare questa mostra con lo sguardo che hanno i bambini, quell’ ingenuità indispensabile per scoprire un’arte che deve impressionare ed edificare. «Tra tutti gli impressionisti ‒osserva Cogeval ‒ nessun artista più di Claude Monet ha cercato di catturare l’essenza della luce sulla tela, totalmente aderente al principio di fedeltà assoluta alla sensazione vivisiva».   

Da Courbet apprende la forte istanza di una ricerca di «verità in pittura», il lucido istinto di dipingere scientificamente l’ acqua e tutte le sue sfumature, preludio dell’ invenzione del concetto di “serie”, in relazione alla produzione dei Covoni 1891, raffigurati nelle diverse ore del giorno, inseguendo le minime sfumature,  delle Cattedrali di Rouen dipinte tra il 1893-95, variazioni di luce in costante mutamento su un unico tema,  dei Parlamenti  londinesi, a partire dal 1900, dove  ogni consistenza sembra dissolversi nella foschia . Maupassant descrive la scelta di Monet di dipingere le variazioni del medesimo oggetto a seconda delle ore del giorno e a seconda degli effetti di luce, a turno, sulla base dei mutamenti del cielo.

Per Lionello Venturi si tratta di un programma scientifico e la realizzazione pittorica rivela l’espressione dell’ inesprimibile, del mistero, che perde connotazioni di concretezza, per comunicare le sensazioni dell’ atmosfera. Monet rimane in attesa del sole, delle ombre, del registrare l’effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. Ugo Nebbia ci rivela un Monet «tutto palpito di colore, ci fa sentire fin nell’ intimo il generoso idealismo che è stato in fondo all’ impressionismo per rivivere delle vibrazioni luminose del di lui sogno», l’ immediatezza del fissarsi delle immagini delle cose nella retina dell’ occhio, nel primo apparire della coscienza, il brillare della luce nelle foglie degli alberi.

Castagny ritiene che il neologismo “impressionisti” indichi non tanto il paesaggio quanto le sensazioni evocate dal paesaggio stesso. È Turner a suggerirgli come dissolvere la forma mediante il colore, fondendo in passaggi tonali, annullando l’orizzonte, dando all’ osservatore un’emozione suggestiva indefinita dove la prospettiva geometrica è abbandonata per rivelare il fluire infinito della vita atmosferica.        

Monet dipinge i sensi, soprattutto la vista, ma ne evoca altri, l’udito, l’olfatto, il tatto, il mormorio del vento e dell’ acqua divenuti quasi tangibili.

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