Analisi di una vittoria

Il nostro corrispondente da Madrid, oltre l’euforia e il gioco di squadra, esamina i risvolti economici e sociali del titolo mondiale per il Paese
Tifosi Mondiale

 

A mezzanotte dell’11 luglio, attraversare Madrid in macchina per tornare a casa ha una certa connotazione avventurosa. La guida normalmente attenta ai semafori e agli incroci è diventata di colpo pericolosa: bisognava scansare gruppi più o meno “anarchici” di gente allegra, euforica, accomunata dalla gioia per la vittoria calcistica, e che cominciava a riempire piazze e strade per festeggiare. Questa gioia generalizzata fa impressione: è l’unica cosa che hanno in comune il bambino che mi sorride mentre agita una bandierina dal finestrino della macchina accanto, il giovane seminudo e dipinto in giallo-rosso che mi si è fermato davanti, la signora di una certa età che fa applausi sul marciapiede, e il mio compagno di viaggio che tenta di suonare il clacson anche se io non lo lascio fare.

Gioia, sí. Finalmente campioni! Son dovuti passare sessant’anni perché alcuni rivivessero l’emozione di quel quarto posto nel 1950. Per tanti spagnoli oltre i quaranta, che hanno vissuto deludenti prestazioni della nazionale ai mondiali di calcio, la vittoria ha il gusto di una rivincita, contro il destino o forse contro la sfortuna, o contro i giudici… chi lo sa? Rivincita. Finalmente campioni!      

Immagini, commenti dicono tutti: bravi ragazzi! Bisogna dire che alcuni dei  giocatori di questa squadra spagnola avevano già assaporato il vertice nelle categorie minori del calcio internazionale. Così Iker Casillas, Marchena e Xavi erano tra i vincitori del campionato under 20 del 1999; Iniesta giocava nella squadra under 20 del 2003, che arrivò seconda; e nello stesso anno tra gli under17 c’erano Fábregas e David Silva, anche loro classificatesi secondi.

La tecnologia più avanzata applicata al calcio, ha voluto fare delle statistiche e ha definito il gioco spagnolo degli ultimi tempi come “passa la palla”. Tra le quattro squadre che hanno giocato sette partite in questo mondiale, la Spagna somma quasi 1.000 passi in più della Germania, oltre 1.100 in più dell’Olanda, e quasi 2.000 in più dell’Uruguay. Tiene poi le percentuali più elevate di efficacia nei passi (80%), nei corner (57%) e nei centri (29%). È proprio questo che la fa oggetto del costante attacco degli avversari, allo scopo di rompere questo suo gioco. Infatti la squadra spagnola conta il maggior numero di falli ricevuti (134) e solo 8 cartellini gialli in sette partite (gli stessi che la Serbia o la Svizzera in solo tre partite). Negli occhi di tutti rimarrà il calcio (che vergogna!) di Nigel de Jong al petto di Xavi Alonso, ripresa da tanti quotidiani e moltiplicata su Internet.    

Iniesta, uno dei “pazzi piccolini” (come dice una canzone di Serrat) della Spagna, ha congiunto nel suo goal decisivo i sogni di Don Chisciotte e il realismo di Sancho Panza (forse era destinato a farlo, perché nato anche lui nella Mancia) riuscendo così a realizzare e compiere ciò che tutti aspettavamo da tempo.   

Dicono che la vittoria ai mondiali di calcio porta al paese vincitore importanti benefici. Tra l’altro, l’ABN Amro ha già prospettato una crescita dello 0,7 % del PIL. Il ministro dell’economia, Elena Sagado, da Bruxelles ha detto che le sembra esagerato, ma ha anche aggiunto che «sarà un buon risultato per la situazione economica spagnola», perché «dà fiducia all’interno e fuori».
Un’ultima nota: secondo i sociologi, tra nove mesi sperimenteremo un significativo aumento della natalità. Questi, speriamo, saranno figli desiderati che sfuggiranno alla minaccia della recente legge sull’aborto. Avremo, vedrete, una generazione di Iker, Andrés, Carles, di David, di Xavi…  

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