Alle prese con la “buona scuola”

Dal ritardo nella comunicazione dei trasferimenti alle assegnazioni provvisorie. L'anno scolastico appena iniziato è partito con non poche difficoltà. Riflessioni di una docente, tra passione e sano realismo
scuola

La buona scuola: in certi momenti ci vuole una buona dose di ottimismo per immaginare quello che potrà venire fuori da questo momento che la scuola italiana sta vivendo.

Di considerazioni, approfondimenti, dibattiti ne sono stati fatti tanti; la satira sui social e sulla stampa ha trovato terreno fertile; proteste e rivendicazioni hanno affollato siti e pagine.

Da parte mia vorrei solo narrare alcuni fatti. L’ironia che condisce queste righe non vuole essere provocatoria, ma semplicemente il sale che rende meno insipido il piatto…

 

2 agosto: termine di pubblicazione degli esiti dei trasferimenti di fascia B (cioè fra province diverse) per la secondaria di 1° grado; termine peraltro già prorogato rispetto all’iniziale 28 luglio.

Anche per me, come per migliaia di colleghi in tutta la penisola, è una giornata che ci vede incollati allo schermo di un computer o chini sullo smartphone o sul tablet alla ricerca di una connessione sicura, nell'attesa ansiosa di una comunicazione che fino a mezzanotte del giorno stesso non risulterà ancora emessa. Il sito del MIUR, preso d’assalto, non pubblica niente; in uno sforzo di benevola solidarietà immagino gli impiegati del Ministero alle prese con l’incalzare delle ore, nelle calde giornate romane; certo, un piccolo avviso, un banner con le ‘scuse  per il ritardo’ non ci sarebbe stato male…

Un sindacalista interpellato telefonicamente verso le 20, mi commenta ironico: “Le scuse dovrebbero chiederle non solo per questo!”.

I giorni di agosto uno li preferirebbe sgombri da pensieri e preoccupazioni importanti… ma si sa, il lavoro non è una robetta da niente e di questi tempi val bene una notte insonne nella speranza trepidante del verdetto dell’indomani. Notti insonni perché un trasferimento magari a centinaia di km significa ricerca di una casa, preventivi di spesa, progetti per i figli.

Per farla breve, l’esito arriva il 3 agosto sera tramite mail e soprattutto con il tam tam dei ‘graziati’ (me compresa) che inondano di faccine sorridenti, medaglie e bottiglie di spumante  i gruppi whatsapp e i profili facebook. Evviva: solo 48 ore di ansia! Mi ritorna in mente il commento del sindacalista e cerco di leggerlo a mente fredda: la realtà degli insegnanti oggi è al minimo storico in quanto a considerazione del loro ruolo; e non soltanto dal punto di vista economico, ma innanzitutto proprio in riferimento al riconoscimento ed alla stima della loro professione. Una professione che spesso ci vede alle prese con edifici fatiscenti, con mezzi insufficienti, con panini mangiati in aule poco ospitali in attesa di consigli di classe o riunioni con i genitori (a proposito… buoni pasto per insegnanti lontani da casa, no?).

 

13 settembre: vigilia dell’inizio delle lezioni. Dopo 30 anni di insegnamento è sempre un’emozione ritornare in classe, rivedere i ragazzi e i colleghi, ripensare a come entusiasmare platee sempre più difficili da gestire e da motivare.

Con una collega ‘tosta’ ed in gamba, come tanti di quelli che ho conosciuto nel mio girovagare fra scuole di varie regioni in questi anni, abbiamo affrontato l’ardua impresa dell’orario. Riuscire a garantire ai ragazzi dal primo giorno di scuola un orario accettabile con colleghi che hanno spezzoni e completamenti su altre scuole è un battaglia persa in partenza. E non mancano le sorprese:  ci sono ‘in agguato’ le assegnazioni provvisorie, ancora in via di elaborazione per i ritardi che l’attuazione frettolosa della Legge 107 ha inevitabilmente causato. Dopo aver passato varie ore a incastrare ore delle diverse materie, dopo telefonate con colleghi di altri istituti per conquistare un equilibrio instabile di colleghi in servizio su più scuole… la sera alle 19.30 arrivano le prime notizie di avvenute assegnazioni ed utilizzazioni. E il castello di carte crolla!!!

La disperazione è smorzata solo dal pensiero che quei colleghi abbiano avuto una sede per loro più vicina a casa; e questo non è un particolare da poco, vista la tipologia di lavoro che ci mette in contatto per mattinate intere con persone (e tante!!) e che mette a dura prova il nostro sistema nervoso, il nostro autocontrollo, la nostra capacità diplomatica, ecc…

Ma la mattina fatidica iniziamo; in trincea, come sempre, abbattuti ma non vinti… con la stessa passione degli inizi e il sano realismo di chi sul campo ha collezionato esperienze, traguardi, sconfitte, riprese e che, al di là di luoghi comuni sui periodi di ferie o sui famosi pomeriggi liberi, è consapevole di avere fra le mani un brano di umanità, uno dei più preziosi, per cui spendersi.

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