Aveva preso il Covid a Budapest, durante il Congresso eucaristico. Altri ne erano stati colpiti, protetti o meno che fossero dai vaccini, anche un cardinale c’era cascato. Quest’ultimo se l’è cavata, lui no. Due mesi di terapia intensiva, a Lovanio, poi, proprio all’indomani di una lieve speranza di ripresa, ha mollato. Aldo Giordano, prete dal 1979, cuneese e fiero di esserlo, era stato nunzio per 7 anni in Venezuela e da poco era nunzio a Bruxelles, presso l’Unione europea. Dall’82 al ’96 era stato professore di filosofia presso lo Studio teologico interdiocesano e la Scuola superiore di Scienze religiose di Fossano. Nel 1995 era stato nominato segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee). Aveva perciò vissuto a San Gallo, in Svizzera. Un periodo che ha visto la crescita autorevole dell’organismo di collegamento tra i vescovi europei. Per questa sua esperienza, nel 2008 era stato nominato osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa di Strasburgo. Poi, nel 2013, papa Francesco lo aveva scelto per sostituire nella difficile sede venezuelana il card. Parolin come nunzio a Caracas. Era stato ordinato vescovo nel dicembre dello stesso anno.
Lo conoscevo da anni, ma la settimana che trascorsi nella sua nunziatura a Caracas nella Pasqua 2015 non la dimenticherò mai. Non solo e non tanto per il candelotto lacrimogeno che aveva colpito la finestra della mia stanza, in un alloggio nel giardino, scagliato dalle forze dell’ordine per disperdere una delle tante manifestazioni di protesta dell’opposizione al regime del presidente Maduro che si svolgevano nella piazza sottostante, ma per la serie incredibile di incontri che Giordano aveva organizzato per il sottoscritto in vista di alcuni reportage dal Venezuela: personalità dell’opposizione ma anche vicine al governo, tutte persone – giovani rampanti, vecchie glorie, politici sulla cresta dell’onda e altri in disgrazia, analisti fini e testimoni attenti − che mi erano sembrati avere una nota comune: mi erano cioè parse tutte “amiche” del nunzio, prima ancora che persone interessate al suo ruolo. Quell’amicizia permetteva loro di incontrarsi anche se politicamente si situavano su opposti schieramenti. Commenta Piero Coda, da poco segretario generale della Commissione teologica internazionale, a lui vicino anche per le comuni origini piemontesi: «Una persona vera e intera, un’intelligenza penetrante e aperta, una intensa capacità di amicizia ed empatia, uno spirito libero, uno sguardo profetico sulla Chiesa in uscita e il mondo uno, una fedeltà a tutta prova al Vangelo, alla Chiesa, all’Opera di Maria».

Foto Vatican Media/LaPresse17-06-2021 – Città del Vaticano. Il santo padre ha ricevuto in udienza mons. Aldo Giordano, arcivescovo tit. di Tamada, Nunzio Apostolico presso l’Unione Europea.
Un vescovo amico, un vescovo empatico, «la mano del papa che accarezza le sofferenze dei popoli», come lui stesso mi aveva detto di volersi definire. Ma non ci si limiti alla sua carità squisita, perché politico e diplomatico Aldo Giordano lo era, se è vero come è vero che a Caracas riuscì a “tenere assieme” una situazione ecclesiale e civile sempre al limite della catastrofe. Lo conosceva benissimo il card. Angelo Becciu, che lo aveva frequentato a lungo in quanto anche lui nunzio e poi suo superiore come sostituto. Lo ricorda così: «Era la serenità in persona, l’equilibrio delle decisioni, il coraggio davanti alle sfide. Non dimentichiamo che don Aldo non proveniva dalle file dei diplomatici, eppure accettò con umiltà di essere nunzio in Venezuela e concluse mesi orsono la missione nel plauso generale, dei vescovi, del governo, dei fedeli. Il segreto? Credeva che il Vangelo vissuto potesse essere la soluzione dei problemi personali e sociali. Sapeva cioè coniugare la profondità del pensiero con la serenità di giudizio e il coraggio delle sfide».
La collega Sarah Numico commenta così: «L’incrollabile certezza che solo il dialogo può aprire le strade lo ha accompagnato anche nella sua non semplice missione in Venezuela, dove alternava ai compiti diplomatici momenti di intensa vita pastorale in mezzo alla gente. E da questa gente gli è costato fatica separarsi a maggio, quando è stato chiamato a un nuovo incarico, come nunzio presso l’Unione europea». E ancora: «Per la Chiesa italiana viene probabilmente a mancare una delle poche voci “ufficiali” che in questi anni si è spesa per incoraggiare al dialogo e all’incontro con il diverso, chiunque e ovunque sia, a mettersi in relazione autentica con l’altro affinché da quella relazione potesse “nascere il miracolo del nuovo, il terzo”, come spesso, spiegando la Trinità, ci esortava a fare e faceva lui stesso».
Solo dialogo, questo era l’amico don Aldo, nunzio empatico.