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Cultura > I film della settimana

Al cinema tra sorriso e tenerezza

di Mario Dal Bello

- Fonte: Città Nuova

Escono: “Le città di pianura” di Francesco Sossai, una sorta di ballata folk, e “La tenerezza” di Carine Tardieu, storia di un madre involontaria.

L’attrice Valeria Bruni Tedeschi alla Mostra del Cinema di Venezia, 3 settembre 2025. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Scorribande in auto per le città e le cittadine del Veneto, dalle Dolomiti alla Villa palladiana a Maser, dalla tomba Brion a San Vito d’Altivole, a Treviso e finalmente, Venezia: bruna, nebulosa, notturna, nelle osterie e tra gli universitari che festeggiano una laurea, cocaina compresa. Venezia per l’ultimo drink della notte.

Qui i due cinquantenni spiantati, ex operai, un passato di eterni adolescenti che non riescono a crescere, vanno e vengono a farsi un bicchiere di vino uno dopo l’altro. Per dimenticare? Forse no, ma per continuare a vivere. Certo, sono dei perdenti nel mondo di oggi, ma l’umorismo veneto che sa essere scanzonato senza ferire, coinvolge un timido studente napoletano, molto in difficoltà con le ragazze, in questo “road-movie” di formazione: per lui che si sveglierà, e per loro, perché si ritroveranno a sentirsi vivi. Per lui che per un attimo scenderà nella realtà non virtuale, dove lo vorrebbero gli amici ,e per loro perché per reagire alla “americanizzazione” del territorio – e dell’Italia – vivono in un passato-presente che in fondo è una contestazione di una identità che si va perdendo.

Una malinconia sorridente attraversa il film, fatto di personaggi – che esistono -, folli e fuori schema (l’altra faccia del Veneto), che fanno della scorribanda per le strade una metafora della vita, tra alti e bassi, speranze e delusioni, nostalgie, e la voglia mai persa di amare questa terra, il paesaggio mite fotografato dal regista con indiscusso amore, una natura sempre armoniosa, nonostante le distruzioni dell’uomo. È la terra di Giorgione  e di Bassano, dei grandi pittori veneti, la vera”grande bellezza” italiana, che è il paesaggio.

Carlobianchi e Doriano, i due “matti” corrono, parlano, bevono, sentenziano con apparente noncuranza, in verità con una intelligenza saggia sulla vita e sul mondo, sui giovani e sul passato. Ricordano con nostalgia un loro amico operaio, emigrato in Argentina, ricco di fama, e invece ritornato spiantato… Sergio Romano, Pier Paolo Capovilla e il giovane Filippo Scotti sono i protagonisti del viaggio, quasi una ballata nostalgica, tra le città di pianura, dove i due cinquantenni rappresentano il passato, l’adolescenza mai spenta, e il ragazzo è il futuro, intimidito come tanti giovani d’oggi, eppure speranzoso. La speranza infatti è l’ultima parola, per Filippo e per i due ubriaconi, nel film delizioso, intelligente, fine di Francesco Sossai, 36 anni, presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard. Un film diversissimo dagli altri italiani, controcorrente rispetto alle solite storie, un po’ sul romanesco, di problemi personali e familiari o di violenza. Da non perdere, per brio, umorismo, dolce tristezza, sogni dentro ad una natura ancora bellissima.

L’Attachement – La tenerezza. Non si capisce bene perché da noi, per un complesso di inferiorità, si continui a intitolare i film stranieri nella loro lingua originale, quando l’italiano, lingua musicale per eccellenza come il francese, sarebbe perfetto. Pazienza. La tenerezza è infatti il titolo giusto per noi per entrare nel film della regista franco-belga Carine Tardieu, di notevole delicatezza.

Con una interprete, Valeria Bruni Tedeschi, finalmente normale, sincera, libera dalla teatralità barocca di Duse. Lei è la libraia femminista, libera, che non vuole né sposarsi né avere figli, Sandra. Abita vicina di casa ad una famiglia che le chiede di ospitare per qualche ora il bambino Elliot perché la madre sta correndo in ospedale a partorire. Sandra non ne avrebbe voglia, è quasi insofferente con quel bambino curioso, che le fa domande su tutto, che non sta mai zitto mentre lei sta bene con i suoi libri, le sue riflessioni e il suo stile di vita indipendente.

Solo che la mamma partorisce una bambina e muore. Il marito va nel panico, il bambino meno perché si va affezionando a Sandra. La quale sente piano piano muoversi dentro di sé delle corde che non pensava di avere. Il bambino risveglia in lei un sentimento di tenerezza, di luce che non è quella della ragione, ma del sentimento, dell’affetto, di una maternità non fisica ma in qualche modo spirituale. E se il padre tenterà di innamorarsi di lei, verrà respinto perché Sandra sa distinguere tra riconoscenza e amore. Così lui sposerà un’altra donna, e Sandra entrerà a far parte della famiglia come amica e in qualche modo come madre del piccolo Elliott.

Delicatissimo, raffinato nella fotografia e nei dialoghi molto autentici, con il mondo degli adulti piuttosto complicato rispetto alla freschezza infantile (il bambino è il bravissimo César Botti), sincero, il film diretto magistralmente, deve molto alla recitazione dell’attrice italiana che delinea la scoperta da parte di una donna libera della bellezza di voler bene ad un bambino e ad una famiglia, pur mantenendo la propria indipendenza.

Un film sulla riconquista dell’amore, sul bisogno di tenerezza da parte di un bambino orfano ma anche da parte degli adulti e, nel caso, di una donna sola. Da non perdere.

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