A Mantova chiude la cartiera Burgo. Operai pronti a tagliarsi lo stipendio

L’assemblea dei lavoratori ha deciso di non accettare la smobilitazione della storica cartiera. «Se l’azienda riaprirà lo stabilimento - dicono gli operai - siamo disposti a ridurci il trattamento salariale»
manifestazione lavoratori delle Cartiere Burgo

Stato, regione, provincia, sindacati e proprietà. Hanno parlato con tutti e sondato tutte le possibilità e sono andati nel salone del seminario di Mantova a parlare con il vescovo Roberto Busti. Sono gli operai della Cartiera Burgo, che da sabato 9 febbraio ha chiuso i cancelli. Unico stabilimento in Italia che ancora produceva carta per quotidiani e riviste, quello della Burgo di Mantova, ora lascia a casa i suoi 188 dipendenti.

Le prime avvisaglie si erano avute già lo scorso anno, quando il sito produttivo aveva subìto quattro fermi pari a 45 giorni di lavoro. Poi la decisione dell’azienda di avviare la procedura di cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale, con cessazione dell’attività produttiva a partire dal 9 febbraio. Mentre ad Avezzano, in provincia dell’Aquila, i 153 operai della stessa azienda sono già in cassa integrazione dallo scorso mese di settembre.

Giovanni Mantovanelli, ex sindacalista, a nome degli operai parla al vescovo: «111 anni di vita non sono pochi, da qui sono passate diverse generazioni. Un pezzo di storia mantovana, una fabbrica che non è come tutte le altre. Noi, ci perdoni eccellenza, siamo dei pessimi cattolici, che cercano il vescovo solo quando sono nelle grane. Lei si accontenta?». «Sì, sono qui e vi ascolto con attenzione» replica Busti. «Oggi la storia si interrompe per colpa di imprenditori che non sono riusciti a leggere le evoluzioni del mondo dell'editoria. Noi glielo dicevamo che bisognava diversificare la produzione, ma loro non ci hanno ascoltato». Mantovanelli consegna a Busti una pergamena: «Faccio fatica a disfarmene perché probabilmente è una delle ultime copie. La conservi per noi». Si susseguono altri operai a portare la loro testimonianza. Poi è il Vescovo a concludere. «Il lavoro è per l'uomo e non viceversa. Stiamo vivendo in una società che ha dimenticato che dal lavoro nasce la vera ricchezza e non dalla finanza che promette facili guadagni fondati sul nulla. E lo vedete anche oggi sui giornali dopo la vicenda Monte dei Paschi di Siena. Il vescovo può e deve intervenire, ma poi ci troviamo di fronte a regole che ci strozzano e allora dobbiamo trovare una soluzione nella società civile e nella riscoperta dei valori che contano davvero». Inizia così, questa settimana di febbraio, con altri 188 dipendenti in cassa integrazione.

La storia dello stabilimento Era il 1960 quando l’azienda si dotò di un impianto in grado di trasformare la pasta di legno in carta di giornale: fu la Beloit Italia di Pinerolo a fornire il macchinario e l'ingegnere Pier Luigi Nervi a progettare lo stabilimento, realizzato tra il 1960-1961. L’edificio, composto da un basamento a due livelli in cemento armato a sostegno della macchina, conteneva vari spazi di servizio, motori, impianti e serbatoi. A 22 metri d’altezza fu installata la copertura composta da un impalcato di travi reticolari di acciaio sospesa mediante quattro catene a due cavalletti in cemento armato alti 47 metri e distanti fra loro 164. La forma rastremata e le differenti inclinazioni dei due elementi evidenziano il disegno delle sollecitazioni trasmesse dalle catene. La copertura, collegata invece ai cavalletti tramite dei cassoni metallici, incorporati nelle travi portanti alla sommità dei piloni; ai cassoni sono ancorate le catene di sospensione, che disegnano parabole tra i cavalletti e nei due sbalzi laterali. Le catene sono composte da barre rigide snodate, formate da ferri piatti assemblati. Ad intervalli di 10 metri, in corrispondenza degli snodi fra le barre, sono posizionati dei ferri tondi tesi verticalmente a sostenere quattro travi reticolari longitudinali. Altre travi analoghe completano la struttura. Lo spessore di questa copertura raggiunge i due metri. La struttura è espressione dell’applicazione rigorosa del criterio della uniforme resistenza. Speriamo che l'azienda resista anche a questa crisi che la sta attanagliando.

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