Sapeva far tutto. Ha dipinto, moltissimo: affreschi, pale d’altare, allegorie. Ha disegnato benissimo, fondando a Firenze l’Accademia del disegno. Ha inventato edifici stupendi come la Galleria degli Uffizi. Ed ha scritto, in due edizioni, Le Vite degli artisti ”da Cimabue sino ai giorni nostri”. Qui, Michelangelo, di cui era ”amico caro”, è il vertice massimo dell’arte e solo dopo di lui ci sono gli altri, Raffaello e Tiziano compresi. Testo fondamentale, non certo obiettivo, ma ricchissimo di informazioni di cui in mostra vediamo alcuni esemplari a stampa.
La rassegna con decine di stampe, tavole, antichità – la celeberrima Chimera in bronzo – offre un viaggio intorno a un personaggio multiforme che spicca nel suo vestito scuro con la collana d’oro nel ritratto dipinto da Giovanni Stradano, ormai maturo: un uomo pieno di dignità.
Fra le tavole, ecco la giovanile Le Tentazioni di san Girolamo (1541 circa) chiara e michelangiolesca nella plasticità del santo, già con il gusto per l’allegoria nella donna in fuga con gli amorini tentatori, e con quel colore freddo come la luce che sarà una sua caratteristica. La forza è intatta, il disegno sicurissimo. Sono qualità che resisteranno durante una lunga e feconda carriera, ad esempio nelle complesse e monumentali pale d’altare – quattro sono esposte nella Sala sant’Ignazio – come l’ Allegoria dell’Immacolata Concezione (Firenze, chiesa dei santi Apostoli e Biagio). La Vergine in cielo sovrasta il tumulto sottostante: il serpente-donna avvinghiato all’albero del peccato a cui son legati i nudi raffinati di Adamo ed Eva e dei patriarchi, segno di un’epoca di reazione al protestantesimo. Una luce gelida, colori elettrici, forme serpentinate compongono una simbologia cristiana chiarissima ed efficace: un teatro del sacro dinamico e abbagliante.
Certo, in pittura forse Vasari dà il meglio in opere meno eclatanti, come la tavoletta della Pietà fra il Sole e la Luna (1548 circa, Siena, Palazzo Chigi Saracini), dalle stupende pennellate che creano i corpi di Maria in viola, del Cristo e il tramonto rosseggiante con brillii serali meravigliosi. Per non parlare del Cristo portacroce del 1553, di una nobiltà rara, dipinto con evidente amore nella veste violacea e in quel profilo purissimo che lo rende immagine della più alta dignità morale.
Ricordando poi gli affreschi immensi a Firenze -Palazzo Vecchio per i Medici e la cupola del duomo- e quelli celebrativi dei Farnese a Roma nel Palazzo della Cancelleria, osserviamo fra i tanti disegni quello della Allegrezza – un giovane Bacco elegantissimo – finendo poi ad ammirare le tavole con la serie delle Virtù, donne trionfanti di perfetta bellezza del 1574, quando l’artista è ormai maturo. Un’arte squisitamente razionale, intellettuale che desta stupore come il ritmo della Galleria degli Uffizi e i racconti appassionanti delle Vite.
Arezzo, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea e Sala di sant’Ignazio. Fino al 3 marzo.
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