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Gli artisti di Giambattista Marino

di Mario Dal Bello

Una rassegna a Roma alla Galleria Borghese racconta l’amore per l’arte del celebre poeta secentesco.

Apollo e Dafne del Bernini. Di Architas – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org

Girate intorno all’Apollo e Dafne e al David del Bernini, figure forti e leggiadre, e sentirete l’eco dei versi musicali del poeta delle “meraviglie”, dello stupore nei confronti della bellezza. Tanto da scrivere un poema, La Galeria, che celebrava i capolavori ammirati da lui nei suoi viaggi in Italia e Francia nelle collezioni dei potenti che frequentava nel corso di una vita avventurosa.

Già, perché Marino, tanto famoso e tanto spregiudicato nei suoi versi, era finito sotto lo sguardo della Inquisizione e anche il cardinale Borghese, che come lui amava l’arte, non l’aveva protetto dal tribunale.

L’Adone è il suo capolavoro, un poema di una musicalità virtuosistica, iperbarocca sulla vicenda del giovane cacciatore amato da Venere e ucciso da un cinghiale: ispirava sculture e dipinti. Tratto dalle Metamorfosi di Ovidio era divenuto un best-seller europeo e lui, Marino, una star. Tanto da farsi ritrarre dal pittore francese Poussin, che egli aveva scoperto, nella tela del Parnaso.

Chiaramente eco dell’affresco di Raffaello, l’opera vede intorno ad Apollo e ad altre figure eleganti e idealizzate, lui, Marino, in una primavera immortale come egli pensava il suo poema. Ecco allora in mostra il gruppo marmoreo di Cristofano Stati del 1610 circa dove la dea trattiene a stento il giovane, lo abbraccia in quel marmo luminoso e sensuale che avvinghia i corpi ed è così distante dalle vicine tele di Caravaggio, amate anch’esse dal Marino, come il David e Golia desolato, il Battista intristito e la sconcertante, realistica Madonna dei Palafrenieri. Marino amava la bellezza, anche quella eccessiva del Merisi dal quale si fece ritrarre.

Al poeta interessava chi lo facesse “maravigliare”, cioè stupire, idealista o meno. Ecco la Morte di Giacinto  di Valentin de Boulogne in cui il giovane sorretto da Apollo muore e dal suo sangue nasce il fiore omonimo, ecco la Danae del Correggio, ragazza perlacea  nella stanza, mentre fuori  scorre la sera umida della Padania.

Fra sacro e profano la rassegna si snoda presentando pure i testi originali del 1623 dell’Adone e il ritratto del Marino stesso: un uomo “vissuto”, abito nero, gorgiera inamidata, tensione evidente in un poeta che ha fatto della bellezza il motivo della sua arte.

Poesia e pittura nel Seicento. Giovan Battista Marino e la “meravigliosa” passione. Roma, Galleria Borghese. Fino al 9.2

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