La pace unica soluzione possibile?

Dopo oltre 2 anni dall’invasione russa dell’Ucraina, anche gli esperti dell’Istituto Affari internazionali prevedono una soluzione secondo il modello coreano. Quello cioè che congela il conflitto richiedendo un riarmo continuo a scopo di deterrenza. Ma Macron insiste sulla possibilità dell’invio di truppe occidentali sul campo. L’invito da parte del Movimento Nonviolento ad esplicitare la scelta pubblica dell’obiezione di coscienza. Un contributo per l’incontro “La pace unica soluzione possibile” promosso a Pisa sabato 11 maggio 2024 dalla Fondazione Toniolo
Parata militare a Mosca maggio 2024 ANSA EPA/VALERY SHARIFULIN / SPUTNIK / KREMLIN POOL

L’Istituto Affari Internazionali – fondato da Altiero Spinelli, uno dei padri dell’Europa – è una fonte importante e liberamente accessibile per capire la linea di politica estera che il nostro Paese segue con un consenso trasversale tra le principali forze politiche di maggioranza e opposizione.

EPA/MAKSIM BLINOV/SPUTNIK/KREMLIN / POOL MANDATORY CREDIT

In questo 2024 il 9 maggio, giorno dedicato all’Europa e contemporaneamente in Russia al ricordo dei combattenti vittoriosi nella seconda guerra mondiale, si è tenuto all’insegna della tensione massima tra il fronte occidentale che sostiene l’Ucraina nel conflitto che la contrappone a Mosca. Putin ha predisposto esercitazioni militari con sfoggio di armi nucleari tattiche mentre Macron ha ribadito l’intenzione di inviare le proprie truppe a sostegno di Kiev in caso di sfondamento ulteriore da parte delle forze armate russe in territorio ucraino.

EPA/LUDOVIC MARIN / POOL MAXPPP OUT

Il presidente francese ha rotto il tabù dell’intervento militare diretto in uno scenario di guerra alimentato, dall’esterno, da una costante fornitura di sistemi d’arma di ogni genere, comprese le bombe a grappolo e quelle all’uranio impoverito.

L’Unione Europea, ad esempio, ha impiegato per l’aiuto militare a Kiev i miliardi del fondo fuori bilancio denominato “strumento europeo per la pace”.

Prevalgono in Italia, a cominciare dal ministro degli Esteri Tajani, i commenti negativi e le prese di distanza dalle esternazioni di Macron, anche se prime ammissioni sulla possibilità di un coinvolgimento diretto di truppe occidentali arrivano ad esempio da Mario Monti, senatore a vita ex presidente del Consiglio, interpellato dal Gr24.

Prendono molto sul serio la prospettiva ventilata dal titolare dell’Eliseo gli analisti dello Iai, Alessandro Marrone e Michele Nones, indicando come unica soluzione per impedire una tale escalation l’aumento di forniture belliche e l’incremento strutturale dell’industria della difesa europea per affrontare un’emergenza assoluta, anche in previsione, a novembre, del possibile ritorno delle politiche isolazionistiche di Trump alla Casa Bianca.

I 61 miliardi di dollari sbloccati da Washington non possono bastare nel lungo termine, con il rischio che il cedimento ucraino sia destinato ad aprire le porte all’invasione russa della piccola Moldova e dei Paesi baltici seguendo l’intenzione di Putin di tornare ai confini della vecchia Unione Sovietica.

EPA/STEPHANIE LECOCQ

Una vittoria russa costituirebbe inoltre, secondo gli esperti dell’Istituto Affari Internazionali, un segnale di via libera per la Cina alla conquista di Taiwan e della supremazia in quel quadrante asiatico considerato la priorità strategica degli Usa.

«Mettere l’economia in assetto di guerra», come detto dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è un onere necessario per l’Europa al fine di mantenere l’integrità dell’80% di territorio ucraino rimasto sotto controllo di Kiev, prendendo atto, come affermano Nones e Marrone, che «non è più possibile liberare militarmente i territori oggi occupati, né in Donbass, a Zaporizhzhia o Kherson, né in Crimea».

La soluzione prospettata è, esplicitamente, quella coreana, cioè un accordo come quello raggiunto nel 1953 con un armistizio siglato solo dai comandanti militari, senza riconoscimento delle autorità politiche coinvolte, mantenendo una deterrenza che richiede un continuo riarmo.

L’applicazione necessitata dell’antico detto “Se vuoi la pace prepara la guerra”, con tutto il corollario del carico di investimenti in armi. La pace è una soluzione che chiede la preparazione alla guerra e che qualcuno la combatta per noi.

Colpisce il fatto che una soluzione come quella coreana venga ipotizzata dopo oltre 2 dall’invasione russa, mentre diverse fonti hanno confermato il fatto che un accordo di cessate il fuoco tra russi e ucraini era già pronto a marzo 2022 anche se poi non giunse alla firma finale a causa di forti pressioni presenti in ambo le parti allettate dalla prospettiva di raggiungere la “vittoria”.  Così la ricostruzione riportata dagli analisti politici Samuel Charap e Sergey Radchenko su Foreign Affairs ( autorevole bimestrale statunitense espressione del think tank Council on Foreign Relations).

Ancora ad ottobre 2022 un gruppo di diplomatici italiani, non più in servizio ma di grande esperienza, hanno fatto una proposta ragionevole, pubblicata su Avvenire, per arrivare al cessate il fuoco e all’apertura di trattative che prevedevano una Conferenza sulla Sicurezza in Europa come strumento «del ritorno allo spirito di Helsinki e alla convivenza pacifica tra i popoli europei».

Soluzioni avanzate nella prospettiva di una capacità di iniziativa da parte della politica italiana, di concerto con quella dei fondatori della Ue, che invece ha mantenuto la direttiva atlantista di Usa e Gran Bretagna.

Ogni tipo di iniziativa volta a fermare la strage e scongiurare l’escalation, come quella avanzata da un gruppo di intellettuali di varia estrazione, da Massimo Cacciari a Stefano Zamagni, è stata bollata dai media prevalenti come una resa verso Putin e un ritorno allo “spirito di Monaco”, cioè il cedimento dei Paesi democratici verso l’espansionismo di Hitler nella conferenza del 1938 che pose le basi per la seconda guerra mondiale.

Lo stesso dicasi per la proposta fatta da Mario Primicerio, allievo di La Pira, di seguire oggi l’esempio del sindaco di Firenze che riuscì nel 1965 a definire i termini di un accordo con Ho Chi Min in Vietnam che avrebbe salvato migliaia di vite umane, molto prima della cessazione delle ostilità nel 1975 e a condizioni peggiori per gli Usa.

Se poi si dà ascolto a quanto osserva Romano Prodi, e che cioè la pace in Ucraina potrà avvenire «solo se ci sarà un accordo tra gli Stati Uniti e la Cina», si ha la percezione amara di essere pedine di una strategia decisa su altri tavoli che possono indicare l’obiettivo giustificabile della “pace giusta” per alimentare una guerra potenzialmente senza fine.

Vestizione piloti di caccia F35 italiani . ANSA/GIUSEPPE LAMI

Se inoltre, come dice il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, gli ucraini, che allargano sempre più le maglie della leva obbligatoria, stanno combattendo una guerra per procura per gli Usa e l’intero Occidente, allora appare coerente ed equo che tale tributo di sangue, come afferma Macron, venga pagato anche dagli Stati Uniti e i suoi alleati, cioè dai nostri ragazzi. Sono tanti i conflitti dove alcuni italiani partono volontari per combattere in guerre che ritengono giuste. Si pensi al giovane anarchico fiorentino Lorenzo Orsetti, morto nel 2019 mentre combatteva a fianco dei curdi contro i militanti islamisti.

Prendendo sul serio tale prospettiva, che appare sempre più possibile davanti al fatale casus belli, il Movimento Nonviolento, quello autentico fondato da Aldo Capitini, propone a tutti i cittadini italiani di fare una pubblica dichiarazione di obiezione di coscienza indirizzata al presidente della Repubblica, capo delle Forze Armate, al presidente del Consiglio e al ministro della Difesa e al capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano. «Dichiaro – dice la formula proposta – fin da questo momento, con atto formale, la mia obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione. Non sono disponibile in alcun modo a nessuna “chiamata alle armi”».

Non è una resa o un cedimento alla violenza ma un modo diverso di resistere: «Non mi sottraggo al dovere di proteggere la mia comunità ma credo, come l’esperienza storica dimostra, che sia possibile difendere la vita senz’armi, attraverso i metodi della nonviolenza organizzata».

Nella dichiarazione c’è anche la richiesta di un impegno al governo italiano a dare protezione agli obiettori di ogni Paese in guerra: «Sono concretamente solidale con gli obiettori di coscienza, renitenti alla leva, disertori, russi, bielorussi, ucraini, israeliani e palestinesi, e con chiunque, giovane o adulto, rifiuti di partecipare alle guerre in corso.

Chiedo al Governo italiano di attuare la Costituzione Italiana, che all’art. 10 riconosce il diritto d’asilo a quanti siano privati, nel loro Paese, dall’esercizio effettivo delle libertà democratiche a noi riconosciute, e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che all’art. 10 c. 2 enuncia il diritto all’obiezione di coscienza».

La pace è l’unica soluzione. Ma quale pace?  

Qui il link per seguire la diretta dell’incontro di Pisa

 

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