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Papa Francesco ancora una volta in Asia

di Roberto Catalano

- Fonte: Città Nuova

Coraggioso papa Francesco! Alla sua non più verde età e con una mobilità fortemente rallentata ha deciso che a settembre intraprenderà un altro viaggio, per niente facile. Arriverà nuovamente in Asia e, questa volta, quasi ai confini con l’Oceania. Dal 2 al 13 settembre, visiterà Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Est e Singapore

Papa Francesco arriva alla messa presso lo Stadio Velodrome al temine del suo viaggio a Marsiglia, Francia, 23 settembre 2023. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Nel suo prossimo viaggio in Asia papa Francesco farà tappa a Jakarta, Port Moresby, Vanimo, Dili e Singapore. Questo quanto comunicato dalla Sala Stampa Vaticana. Quale lettura a priori di un viaggio che avrebbe dovuto compiersi nel 2020 e che era, poi, stato sospeso a causa dell’insorgere dell’epidemia di Covid?

Alcuni elementi vengono subito in luce. Primo fra tutti, Bergoglio, ancora una volta, toccherà un Paese musulmano e non uno dei tanti. L’Indonesia, infatti, è il Paese nel mondo dove i musulmani sono più numerosi. Sono circa l’87% dei 280 (o forse più) milioni di abitanti. Quindi, ancora una volta, il papa vuole mettere in evidenza quanto il dialogo fra la Chiesa cattolica e i fedeli dell’islam continui a rappresentare una delle sue priorità. Attenzione, però! È necessario sottolineare come l’islam indonesiano sia molto diverso da quello medio-orientale e, più specificatamente, dei due poli – saudita e iraniano – che rappresentano gli attuali punti di riferimento – insieme alla Turchia – dell’islam politico di questi decenni. In Indonesia la sharia non è il riferimento normativo ultimo, se non nella regione settentrionale di Aceh, e da sempre la fede islamica è aperta al dialogo culturale e religioso sia con il buddhismo che con l’induismo e, più recentemente, con il cristianesimo.

Si tratta di un mondo musulmano tipicamente asiatico, sia nella sua sensibilità che nella tradizione culturale, che ancora poco è conosciuto in Europa e che costituisce una alternativa preziosa agli stereotipi sull’islam presenti e radicati in Occidente. D’altra parte, anche in questa parte di mondo, da vario tempo arrivano forti condizionamenti wahhabiti, soprattutto come ritorno di coloro che si recano in Arabia Saudita o in Egitto per completare o approfondire i loro studi. Le spinte fondamentaliste non mancano nemmeno nel grande arcipelago indonesiano, ma fino ad oggi la democrazia indonesiana è riuscita a salvaguardare il principio costitutivo dello Stato indipendente indonesiano: la pancasila, i 5 principi fondanti della costituzione del Paese asiatico, di cui il primo è la fede nell’unico Dio, senza specifiche legate ad alcuna religione. La visita di papa Francesco potrà mettere in evidenza di fronte al mondo questa realtà, unica a livello globale, che invita alla possibilità di un dialogo aperto, che, in Indonesia, pure è spesso minacciato da alcune manipolazioni politiche.

Una seconda parte del viaggio comprende Papua Nuova Guinea e Timor Est (ufficialmente chiamato Timor Leste), regioni dove il cristianesimo ha una presenza importante e, relativamente, ben radicata sia per l’attività missionaria che come risultato della colonizzazione. La presenza del pontefice sarà importante per leggere o rileggere pagine di storia, anche recenti e spesso dolorose. Le vicende non lontane che, nel 2002, hanno portato all’indipendenza di Timor Est sono, infatti, ancora fresche sia nella memoria che nella storia di famiglie e comunità. I due Paesi, tuttavia, si avviano ad avere una identità precisa sia a livello geo-politico che ecclesiale.

Infine, la tappa – aggiunta rispetto all’iniziale programma previsto per la visita del 2020 – a Singapore. La città Stato, immagine tipica della globalizzazione e della crescita esponenziale dell’Asia sulla scena finanziaria, economica e geopolitica, è anche un simbolo della convivenza di diverse comunità, sia etniche che linguistiche e soprattutto religiose. A Singapore, infatti, convivono, cinesi, indiani (soprattutto tamil), malay (malesiani) ed altri gruppi etnici che significano anche l’ufficialità di diverse lingue: inglese, mandarino, tamil e malay. Ma anche i gruppi religiosi hanno trovato rapporti di armonia e collaborazione, appoggiati e favoriti dal governo. Il 15 gennaio del 1949, presso la sua residenza di Singapore, Syed Ibrahim bin Omar Alsagoff, presidente della All-Malaya Muslim Missionary Society, offriva una colazione in onore del Maulana Mohammed Abdul Aleem Siddiqui, una personalità musulmana riconosciuta per la sua autorevolezza morale e religiosa, proveniente dall’India. Era presente uno spaccato di quello che già allora rappresentava il mondo caleidoscopico di Singapore. Oltre al Commissioner General per il sud Est Asiatico, Malcolm Mac-Donald, avevano accettato l’invito personalità del mondo cristiano, rappresentanti di tradizione indù, monaci buddhisti e anche sikh. Non si sarebbe trattato di uno dei soliti ricevimenti, previsti dal protocollo diplomatico. Quel pranzo avrebbe, in un certo senso, segnato la storia di Singapore e ne avrebbe fatto, pur nel suo specifico probabilmente ancora unico al mondo, un modello antesignano di integrazione socio-religiosa. Infatti, nel corso dei vari discorsi, il Maulana Abdul Aleem Siddiqui suggerì che i presenti si accordassero per un incontro successivo al fine di discutere le possibilità di una cooperazione reale fra le diverse comunità. In quel tempo, leader di Singapore, allora parte delle colonie britanniche e successivamente per alcuni anni della Malesia, hanno posto le basi per un modello sostenibile di integrazione socio-religiosa.

L’Interreligious Organization of Singapore and Johore – ribattezzata poi solamente Inter-Religious Organisation Singapore (Iro) dopo la nascita ufficiale della città Stato nel 1965 – nata da quegli incontri informali, in questi decenni ha lavorato per una integrazione reale e costante fra taoisti e confuciani, indù, buddhisti, ebrei, cristiani, musulmani, sikh, baha’i all’interno di questo microcosmo che è sopravvissuto a tensioni esterne (con la Malesia) ed interne (vari scontri fra membri di etnie e comunità religiose, negli anni ’50 e ’60). La storia di questo aspetto pressoché sconosciuto di Singapore, una delle capitali della finanza del mondo, nota per Orchard Road, per Marina Bay dai grattacieli mozzafiato, per la perfezione tecnologica, offrirà motivi di riflessione importante a papa Francesco.

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