Sfoglia la rivista

Italia > In punta di penna

Il linguaggio della violenza vince. E in futuro?

di Michele Zanzucchi

- Fonte: Città Nuova

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Raccontare fatti cruenti è pratica mediatica per eccellenza. È molto più facile mettere in scena il sangue che scrivere di cronaca bianca. Le prospettive aperte dall’intelligenza artificiale

Foto Pexels

Sui tanti schermi della nostra vita del terzo millennio, scorrono quotidianamente valanghe di notizie d’ogni tipo, ma la preferenza va a quelle che raccontano fatti di sangue, di sesso, di soldi, di salute, di sport. Tante “esse” che fanno audience, che attirano come mosche lettori, guardoni, infanti e vegliardi, adolescenti di età e di psiche, così come tutti noi. Anche la persona più equilibrata e più preparata culturalmente, quando fa scorrere il dito sul cellulare per informarsi, arresta il rullo delle news su notizie di violenza.

Oggi, ad esempio, il sottoscritto si è fermato, nell’ordine su: la morte di un profeta della violenza politica, Toni Negri; su Armando Casamonica, il boss di Ostia, arrestato per maltrattamenti alla compagna; su un marito che maltratta invece la moglie manager; Su Yotam, Samar e Alon, gli ostaggi uccisi a Gaza dal fuoco amico; sull’esecuzione in Iran di un agente del Mossad; sulle esplosioni di missili russi a Kiev; su un drone houti abbattuto da una nave di guerra britannica nel Mar Rosso; su un consigliere comunale ucraino che ha scagliato una granata durante una riunione nel suo municipio; sui cinquant’anni della strage palestinese di Fiumicino

Me ne sono reso conto, mi sono fermato, e ho allora cercato dall’inizio articoli che non parlassero di violenza, almeno esplicitamente: la festa di Fratelli d’Italia con Giorgia, Elon e Giambruno, vabbè; Prodi e Letta dalla Schlein, par condicio; un’antifascista da un anno in prigione a Budapest, effettivamente non lo sapevo; Davigo che attacca i giudici di Brescia, insomma; le multe che potrebbero risanare il bilancio del Comune di Roma; la Ferragni che dicono abbia imbrogliato per beneficenza sui panettoni…

Paragonando i due palinsesti − notizie di sangue e violenza e notizie non cruente − debbo dire che le prime sono effettivamente molto più interessanti, stimolano i neuroni e anche la compassione. C’è da scandalizzarsi? No, virgola, le notizie da sempre sono tali perché generate da fatti che escono dalla normalità, e se lo stato di vita normale avviene in contesti nonviolenti, nullo di strano. Non si può non parlare della guerra in Ucraina, del dramma di Gaza, della lotta alla criminalità organizzata, della barriera da porre alla violenza sulle donne. Il problema sta invece nella scelta a monte delle notizie, o meglio dei fatti che vengono fatti diventare notizie. Il problema è la notiziabilità.

L’opinione corrente crede che tale trasformazione dei fatti in notizia sia delegata alle grandi agenzie di stampa, o semmai a quelle un po’ meno altisonanti: Reuters, France Press, Associated Press, Nuova Cina, Tass… Tali nomi fanno pensare dapprima alle grandi avventure del giornalismo epico, mentre, accanto all’indubbia professionalità, bisognerebbe pensare innanzitutto all’enorme macchina mediatica, un “notizificio”, che sforna migliaia di dispacci al giorno, con rigore del controllo delle fonti, ma nello stesso tempo, sempre più, con l’imperativo di fare presto, di non farsi bruciare dalla concorrenza nel dare la notizia. Il che va a discapito, inevitabilmente, della serietà nel controllo delle fonti. Ma il fatto di pubblicare ormai ogni notizia sulle piattaforme digitali permette in tempo reale di correggere gli errori eventuali: si pubblica con tutte le precauzioni del caso, e poi se la notizia deve essere corretta, la si pubblica corretta, non si mette più il condizionale ma l’indicativo.

Le grandi agenzie, poi, vanno anch’esse soggette all’influenza del potere: sì, Nuova Cina prende ovviamente la sua linea editoriale dal governo di Pechino, e così si può dire pure delle agenzie di stampa russe, mentre l’influenza è meno evidente in Occidente: l’indipendenza delle grandi agenzie di stampa a parole viene assicurata, ma è evidente come le scelte principali siano concordate con il “potere complesso” dei nostri Paesi: lo schieramento di France Press, Associated Press e Reuters per Ucraina e Israele nelle due guerre odierne è evidente, anche se in misura diversa e con sfumature varie. Anche in queste agenzie, ovviamente, i fatti di violenza hanno un posto privilegiato, vengono notiziati e divulgati, dando inizio a una catena infinita di rilanci mediatici.

Non esiste, tra questi grandi facitori di notizie, un’agenzia espressione della società civile veramente libera. Non mancano le piccole agenzie realmente indipendenti, ma non hanno il peso che si spererebbe. E ora, si aggira nel mondo mediatico lo spettro o la speranza dell’Intelligenza artificiale (AI), e ancor più dell’Intelligenza artificiale generale (AGI), che dovrebbe essere un’intelligenza artificiale capace di svolgere tutte o quasi le attività intellettuali umane, a velocità supersonica. Anche l’AGI privilegerà gli atti di violenza e darà loro notiziabilità? Non lo si sa ancora, gli scenari possibili sono non pochi, quel che appare probabile, se non certo, è che le grandi agenzie andranno in pensione, e con loro schiere di giornalisti. Sarà un bene? Non rischiamo di peggiorare la qualità dell’informazione? Forse, anzi è quasi certo. Ma potrebbero anche migliorare le cose, si potrebbe dare maggior voce alla società civile, quella dei cittadini. Le scelte che vengono fatte ora ipotecheranno il futuro. L’Unione europea cerca di dar regole che, almeno in parte, paiono nate già vecchie.

__

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it
_

Riproduzione riservata ©

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876