Nove milioni di haitiani, percossi dalla più grave catastrofe naturale che abbia colpito l’isola negli ultimi secoli, si confrontano a mani nude con le dimensioni apocalittiche del terremoto. È forse il Paese più povero del mondo, questo, affrancato per primo dalla schiavitù fra quelli del Nuovo Continente, ultimo, forse, a godere della libertà e della ricchezza elargita da una natura esuberante, di cui ancora Haiti non ha saputo o potuto fruire.
Nell’immediato la crudezza delle immagini che ci raggiungono in tempo reale tocca i cuori e muove le coscienze alla solidarietà subito attivata. Gli Stati Uniti hanno mosso la flotta militare e impegnato ingenti mezzi. La stessa Cina non vuole essere seconda. L’Europa, esperta in operazioni umanitarie, sta coordinando i propri interventi. Tutte le maggiori agenzie internazionali di solidarietà, dalla Caritas alla Croce Rossa, dai missionari cristiani a Medici senza frontiere, presenti da tempo nell’isola, pur avendo sofferto perdite di uomini e strutture, hanno potuto attivarsi subito nei soccorsi. È in questi frangenti, infatti, che l’umanità è capace di mettere a frutto i valori fondanti della convivenza, e farsi garante della fraternità universale, ben al di là di ogni distinzione di razza, di religione e di appartenenza sociale.