L’inizio è lunghissimo come un marasma fluttuante sul ritmo incalzante dei bassi a creare una atmosfera fuori del tempo dentro luoghi antichi e misteriosi. Wagner incomincia così il primo atto de La Valchiria (1870) concepita come antefatto del Siegfrid, straordinariamente unitario e compatto come poche altre composizioni di Richard.
C’è una tensione emotiva intensa, forse unica in tutto il ciclo del Ring, con l’affacciarsi dei leitmotiv, come quello “della spada”, un duetto d’amore struggente e poi un momento davvero romantico dell’Inno alla primavera di Siegmund, quasi un pezzo chiuso all’interno del dramma nel quale si narra dei due fratelli Siegmund e Sieglinde che si ritrovano dopo anni, si amano nonostante il marito di lei Hunding decida di uccidere l’incomodo ospite.
La musica di cui Wagner riveste il testo prezioso e baroccheggiante è stupenda, il canto talora è libero dalla potenza orchestrale con inflessioni belliniane.
L’affresco – o meglio la sacra rappresentazione mitica – è affascinante nei colori orchestrali e nel declamato denso e suscita l’impressione di una colonna sonora quasi da film (non per nulla i suoi ritmi sincopati si ritrovano anche nella serie Il trono di spade).
L’esecuzione in forma di concerto diretta con uno slancio appassionato dall’israeliano Omer Meir Wellber,al suo debutto a Roma, ha visto una orchestra viva, specie nei bassi e negli ottoni, ed un buon trio di canto, in particolare il debuttante nella capitale, il tenore Stanislas De Barbeyrac, bella voce estesa e calda, correttezza di stile. Ora aspettiamo il secondo atto, dopo un concerto davvero stimolante.