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Il varco attuale della storia, tra guerra e nonviolenza

di Fabrizio Truini

- Fonte: Città Nuova

“Verso un cielo nuovo e una terra nuova”. La nonviolenza è mistica, profetica e politica. Un contributo dell’autore del testo “La pace in san Tommaso” edito da Città Nuova nel 2009. Biografo di Aldo Capitini.

Varco della storia (AP Photo/Craig Ruttle)

Il nostro sguardo, se rivolgiamo la vista al recente passato e ancor più al presente, rimane offuscato dalle tragedie e dallo scialo di morte prodotto da guerre insane e da una violenza quasi endemica che sembra invincibile, insuperabile. Delusione e scoramento ci assalgono. Non è forse vero l’antico canto: “Ciò che fu è quel che sarà/ ciò che avvenne è quel che avverrà/ perché niente è nuovo sotto il sole/. C’è qualcosa di cui si dica:/ Guarda, questo è nuovo”? (Eccl. 1, 9-10)
Eppure, a ben vedere, qualcosa di nuovo c’è. Un segno labile eppur significativo ci è offerto dal linguaggio: è stata inventata una nuova originale parola, che oggi si è imposta, tanto da essere stata riconosciuta dall’Accademia della Crusca: nonviolenza!

Coniata da Gandhi un secolo fa, è stata tradotta fedelmente in italiano con un’unica parola da Capitini subito prima della II guerra mondiale, per indicare una realtà del tutto nuova, anche se ‘antica come le montagne’. È per essere fedele ad essa che Capitini nella guerra di Liberazione dal nazifascismo, vero profeta disarmato, rifiutò di abbracciare le armi, pur non condannando mai i partigiani.

Forse per il suo esempio luminoso e quello di tante/i altre/i che non avevano sparato o l’avevano fatto con riluttanza e disappunto, si pensi solo a Tina Anselmi o Teresio Olivelli, fu poi redatta la nostra Carta Costituzionale, che all’art. 11 sancisce il ripudio della guerra. La profezia divenne politica.

Tuttavia oggi dobbiamo porci un interrogativo lancinante: la politica rispetta pienamente quel dettato della Legge fondamentale? Se si riflette sulla storia dell’ultimo ventennio i dubbi si accavallano: missioni militari in Kossovo, Iraq, Libia; la produzione e il commercio di armi sofisticate per l’uso strategico e violentissimo in guerre come in Siria o nello Yemen sono legittime? I politici le ammantano di legalità formale, ma non sono in fondo del tutto ingiuste?

La coscienza si sente dilaniata. Formatasi secondo i principi della nonviolenza essa viene di nuovo chiamata alla disobbedienza civile. L’obbedienza non è più una virtù, diceva don Milani. E il non uccidere di Mazzolari si unisce al laico richiamo di Capitini, persuaso che la nonviolenza è il varco attuale della storia. Tuttavia per affermarsi la nonviolenza deve passare dalla teoria alla prassi quotidiana, individuale e politica; dal sentimento religiosamente ispirato alla convinzione etica dell’amore per tutti gli esseri e per la madre-terra e a comportamenti di giustizia.

Papa Francesco dopo averci donato il messaggio del 1° dell’anno -La Nonviolenza, stile per una politica di pace- ricordava con l’antico profeta le esigenze della giustizia: “sciogliere le catene inique, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, vestire gli ignudi…” (3 marzo a s. Marta). Questa è la politica giusta e amorevole che pretende la nonviolenza. Ma essa aggiunge una persuasione. Se questo mondo è così iniquo è perché le armi lo sorreggono, con enormi profitti per pochi e diseguaglianze insopportabili per troppi. Ecco allora che la protesta delle persone responsabili deve indirizzarsi verso l’economia di guerra degli Stati militari, e diventare proposta politica per la pace e la nonviolenza. È ora di dire No!

Il credente in particolare se ascolta lo Spirito può attingere le forze dalla visione mistica del Dio della pace, che ama l’armonia di tutti e del tutto e perciò ama unire a sé e tra loro tutti gli esseri. L’espressione Ut unum sint (che tutto sia uno) non va riferita solo alla chiesa, ma al mondo intero. Certo le chiese per essere credibili hanno l’obbligo di far seguire alle parole della nonviolenza i fatti. Così è inammissibile conservare dei cappellani con le stellette, inseriti nell’ordinariato militare, come da tempo sostiene Pax Christi.

Certo nessuno discute la necessità della difesa della convivenza, ma essa –afferma il Movimento Nonviolento- deve essere civile non armata e nonviolenta, come insegnano tanti volontari che a scapito della loro vita aiutano a salvare nelle rotte delle migrazioni innumerevoli vite. C’è una proposta di legge che giace nel nostro Parlamento: quando verrà discussa e approvata? All’ONU poi sono nate due commissioni di studio: una sul disarmo nucleare; un’altra sul diritto alla pace. Le forze politiche le sostengono? E noi? E Le chiese? E i movimenti e le organizzazioni per la pace?

Va detto però che la speranza di pace è ben fondata perché sta avanzando –nonostante rigurgiti terroristici e ideologie apocalittiche- una nuova cultura religiosa e politica, filosofica e pedagogica, economica e giuridica, che sta sostituendo il vecchio motto mors tua, vita mea con quello pieno d’amore unitivo vita tua vita mea. Per l’Apocalissi cristiana l’umanità, sostenuta dal segno apparso nel cielo a Noè (Gen.9,13), è in cammino verso un cielo nuovo e una terra nuova (Apoc. 21,1), verso la pace di Dio, che riposa nell’ultimo giorno, ammantato dalla luce multicolore dell’arcobaleno (Apoc. 4,3).

Da extra su “La politica della nonviolenza”

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