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Papa Francesco al vescovo di Hiroshima – e al G7

di Roberto Catalano

- Fonte: Città Nuova

Proprio nei giorni in cui la Santa Sede ha incaricato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, di avviare una missione di mediazione per l’Ucraina, papa Francesco non si è lasciato sfuggire l’occasione presentatasi con il G7 di Hiroshima per ribadire le sue convinzioni e la sua scelta di pace

Francesco Hiroshima
Papa Francesco pronuncia un discorso davanti al Cenotafio commemorativo presso il Parco della pace di Hiroshima a Hiroshima, Giappone occidentale, il 24 novembre 2019. Oggi ricorda quei momenti nella lettera rivolta ai leader mondiali riunitisi nella città giapponese per il G7, per ribadire la ferma opposizione alle armi nucleari. come strumento di pace. (AP Photo/Gregorio Borgia, File) Associated Press/LaPresse

L’incarico di papa Francesco al presidente della Cei come mediatore non è assolutamente casuale. Il card. Zuppi non rappresenta la Curia romana, ma ovviamente, non farà nulla se non in pieno accordo con papa Francesco e la Segreteria di Stato che, nella persona di mons. Gallagher, viene da un contatto profondo con il premier ucraino Volodymyr Zelensky in occasione della recentissima visita di quest’ultimo in Vaticano e a papa Francesco. Inoltre, il cardinale italiano, grazie ai suoi trascorsi con la comunità di Sant’Egidio è, di fatto, uomo di pace, avendo fra l’altro partecipato alle mediazioni che l’Onu di Trastevere aveva messo in atto al tempo della guerra in Mozambico negli anni Novanta del secolo scorso.

Ovviamente, siamo solo all’inizio di un processo che il papa aveva annunciato al ritorno dal suo viaggio in Ungheria e che ora comincia a prendere forma anche se in fase embrionale. La finalità, come ha dichiarato con succinta chiarezza Matteo Bruni, portavoce della Sala Stampa Vaticana, è quella di contribuire ad «allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina, nella speranza, mai dimessa dal Santo Padre, che questo possa avviare percorsi di pace».

Come scrive Riccardo Cristiano in una interessante analisi apparsa, domenica scorsa, su Settimana News, papa Francesco, coerente con la sua linea geopolitica fatta di categorie come l’accoglienza, l’integrazione, la cultura del dialogo che si riassumono in quella di fraternità, sta cercando, da un lato, di «rompere la sindrome da assedio che Putin sta usando, con la sua propaganda pervasiva, per sottomettere i russi» e, dall’altra, di far comprendere all’Ucraina la necessità di una mediazione esterna perché il dialogo sia possibile e fruttuoso. Ad entrambe le parti, pur condannando l’invasione e mobilitando costanti preghiere per «il martoriato popolo ucraino», il papa non si stanca di mandare segnali chiari che si potrebbero sintetizzare in un “vi prego, discutiamo di tutto; si può!“.

D’altra parte, appare chiaro come Bergoglio sia ben cosciente che, in questo momento, è necessario coniugare il rispetto del diritto internazionale con l’offerta di garanzie di sicurezza per tutti. E sono questi i punti che il papa mette in evidenza nel suo messaggio al vescovo di Hiroshima, datato 19 maggio 2023. Cogliendo l’occasione della riunione dei leader politici dei Paesi che costituiscono il G7, il papa sottolinea il significato della scelta di Hiroshima come luogo dell’incontro.

Hiroshima

I leader del vertice del G7 camminano davanti alla cupola sventrata dalla bomba atomica durante una visita al Peace Memorial Park a Hiroshima, venerdì 19 maggio 2023. (Brendan Smialowski/Pool Foto via AP) Associated Press/LaPresse

Bergoglio ne è cosciente, soprattutto, per aver visitato la città giapponese nel corso del suo pellegrinaggio del 2019 nel Paese del Sol Levante. Papa Francesco sa bene cosa si prova a sostare davanti a quel monumento e al memoriale, di fronte alla cupola sventrata dell’unico edificio rimasto in piedi nelle vicinanze, dopo l’esplosione atomica dell’agosto 1945. È una scena ed un clima che ti lasciano sgomento. È difficile parlare dopo essere stato in quel luogo, immagine di quale follia può essere capace l’essere umano. «Stando lì in piedi in silenziosa preghiera – ricorda papa Francesco – pensando alle vittime innocenti dell’attacco nucleare avvenuto decenni prima, ho voluto ribadire la ferma convinzione della Santa Sede che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune».

Oggi, di fronte all’attuale conflitto russo-ucraino, la minaccia del ricorso ad armi nucleari è crescente. Il futuro che si presenta è, dunque, un panorama al quale «uomini e donne responsabili guardano ora con preoccupazione», anche per via dell’aggravarsi di una situazione mondiale che sta uscendo a fatica dall’esperienza di una pandemia globale e che non può ignorare il persistere di conflitti armati in diverse regioni del globo.

Nel messaggio per il summit di Hiroshima Francesco ricorda anche il leitmotiv del suo pontificato: «Solo insieme, in fratellanza e solidarietà, la nostra famiglia umana può cercare di curare le ferite e costruire un mondo giusto e pacifico». Bergoglio tiene a sottolineare come Hiroshima rimanga, a distanza di decenni – e lo sarà per secoli a venire –, «simbolo della memoria», per ammonire «con forza l’inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale».

Il potenziale uso delle armi atomiche genera un senso di grande paura ed incertezza per il futuro, soprattutto, nelle generazioni più giovani che, accanto all’emergenza creata dalla pandemia, uniscono ora la coscienza dell’«impatto umanitario e ambientale catastrofico che risulterebbe dall’uso di armi nucleari». In effetti, papa Francesco, come ha ripetuto in altre occasioni a leader politici, al corpo diplomatico e a istituzioni internazionali, è cosciente che «nel mondo multipolare del ventunesimo secolo la ricerca della pace è strettamente collegata al bisogno di sicurezza e alla riflessione sui mezzi più efficaci per garantirla». E tale sicurezza può essere solo globale ed integrale, coinvolgendo l’accesso a cibo e acqua, il rispetto dell’ambiente, l’assistenza sanitaria, le fonti energetiche e la equa distribuzione dei beni del mondo. È questo il senso integrale di sicurezza che può contribuire ad un vero e concreto multilateralismo capace di assicurare una cooperazione internazionale tra attori governativi e non governativi.

Eppure, al G7 non si è parlato di pace, e la sicurezza sembra essere percepita nella direzione di un uso sempre maggiore di armi sofisticate. La pace resta ancora un principio contro qualcuno e non un impegno integrale e veramente globale.

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