Da troppi anni, ormai, il concetto di apprendimento è stato interpretato come una mera acquisizione mnemonica di informazioni da immagazzinare nella memoria a scapito della componente relativa alla consapevolezza e all’acquisizione concreta di competenze generalizzabili alla vita quotidiana.
Oggi, pian piano ci si comincia a muovere verso un tipo di apprendimento maggiormente dotato di senso, mirato al raggiungimento di tali competenze. Questo passaggio sta avvenendo grazie
all’importanza conferita alla didattica metacognitiva. La letteratura nazionale e internazionale ci indica che per apprendere in modo efficace e significativo è necessario che gli studenti maturino la consapevolezza della propria capacità di apprendere, dei processi cognitivi che utilizzano e delle strategie maggiormente utili.
Agli inizi degli anni Settanta fu coniato il termine “metacognizione” dallo psicologo dell’età evolutiva John H. Flavell, che ha condotto alcuni studi relativamente alla conoscenza, in particolare, riguardo alla memoria e alle attività di memorizzazione che egli chiamò “metamemoria”, cioè “memoria consapevole”. Flavell nel 1976 si riferisce alla metacognizione come ad un “pensiero sul proprio pensiero” che ha per oggetto processi e strategie cognitive, come ad esempio: memorizzazione, comprensione, ragionamento e problem solving (soluzione dei problemi). Nel 1999, l’International Commission on Education for the Twenty First Century promossa dall’Unesco, evidenzia l’importanza di regolare l’istruzione su quattro apprendimenti fondamentali: imparare a conoscere (learning to know), imparare a fare (learning to do), imparare a vivere insieme (learning to live togheter), imparare a essere (learning to be). In Italia, il professore Dario Ianes, docente di Pedagogia presso l’Università di Bolzano, costituisce il punto di riferimento relativamente alla didattica metacognitiva.
Secondo il professore, un percorso didattico di questo tipo dovrebbe svilupparsi secondo quattro livelli: il primo dovrebbe riguardare l’acquisizione di alcune conoscenze generali circa il funzionamento cognitivo generale, quindi ad esempio capire come funzionano processi cognitivi come attenzione e memoria; il secondo livello, invece, dovrebbe riguardare il prendere consapevolezza del proprio funzionamento cognitivo e del personale stile di apprendimento; il terzo livello è legato all’uso delle strategie di autoregolazione, infine il quarto livello si sofferma sul bisogno di lavorare sull’idea che lo studente ha di sé stesso. Lo psicologo canadese, Albert Bandura, affermava che le convinzioni personali sulle proprie capacità abbiano un grande effetto sulle capacità stesse.
Quindi sembrerebbe di grande importanza farsi alcune domande: Come apprendo? Cosa penso del mio modo di approcciarmi allo studio? È efficace o inefficace? Sembrerebbe che gli effetti di come ci si percepisce possano influenzare il successo scolastico. Sarebbe, quindi, importante accompagnare gli studenti verso l’individuazione e il conseguimento dei propri obiettivi insegnando loro le strategie per raggiungerli. È di rilevante importanza la riflessione sugli eventuali errori commessi durante l’esecuzione di un compito. Questa dovrebbe essere indirizzata alla scoperta dei percorsi metacognitivi per capire le strategie adottate ed eventualmente, sostituirle con altre più efficaci.
Per uno studente con una diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) la didattica metacognitiva può rappresentare una vera e propria risorsa. Ogni essere umano apprende in modo diverso, per cui non esiste un unico metodo di studio efficace e generalizzabile a tutti.
Secondo Cornoldi, i bambini con disturbo specifico della lettura e del calcolo, presentano maggiori difficoltà nel riconoscere e mettere in atto strategie efficaci e nell’autovalutazione rispetto al compito. Di conseguenza, in questi studenti sembrerebbe particolarmente evidente la passività e la meccanicità. I bambini con dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia, se adeguatamente affiancati e accompagnati da un tutor specializzato, possono acquisire le risorse per compensare il proprio disturbo. Giungere ad una maggiore consapevolezza dei propri processi di apprendimento potrebbe risultare fondamentale per potenziare i punti di forza e compensare quelli di debolezza.
Gli studenti con Dsa, potrebbero avere difficoltà nel completare le attività proposte in classe e nello svolgere i compiti a casa. Tutto ciò viene spesso visto come un’imposizione, un obbligo e non come esperienza interessante di scoperta di conoscenza. A causa delle difficoltà di concentrazione o della scarsa motivazione, i compiti rischiano di restare un mero esercizio, un automatismo che non contribuisce allo sviluppo di alcune competenze di base. Perché spesso non basta completare gli esercizi e rispondere a tutte le domande per potenziare un’abilità. Ciò che potrebbe realmente essere utile è l’attenta riflessione sul “come” sia stato risolto un problema di matematica oppure su “quale processo cognitivo sia stato attivato” durante l’esecuzione di un compito.
La metacognizione permette allo studente con Dsa di comprendere qual è il proprio stile di apprendimento e di “personalizzare” il metodo di studio, facendo propri i contenuti da “imparare” e compiendo un passo in avanti verso l’autonomia.
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