Circa la cattura del delinquente Matteo Messina Denaro sono state fornite precise informazioni riguardanti le modalità investigative con cui si è conclusa questa lunga vicenda di latitanza. Certamente, il merito va attribuito alle forze dell’ordine che − come affermato − hanno cucito pazientemente una intelligente trama attorno a questo tragico personaggio. A mio parere, nelle varie analisi sono state però trascurate importanti variabili di cui tener conto:
- che Matteo, pur nella sua complessità tragica di personaggio mafioso, è comunque un “essere umano”;
- che è stato latitante per decenni e che questo avrebbe potuto comunque minare le sue sicurezze;
- che la malattia oncologica sopraggiunta abbia ulteriormente indebolito il suo senso di onnipotenza, mettendolo di fronte al crocevia di morte che mai si sarebbe aspettato: la sua;
- che ciò abbia creato in lui quel senso di passiva accettazione della realtà che prelude interiormente a una resa;
- che quindi, da tempo, lui abbia messo in conto il rischio palese che avrebbe comunque corso recandosi in ospedale per le cure;
- da qui la falsificazione delle sue generalità, ben conscio che questo fosse un mezzo debole di difesa, usato come una specie di sfida semi-clandestina al potere dello Stato, rassegnato comunque prima o poi alla morte o alla resa.
- CONCLUSIONE: sì, le forze dell’ordine hanno portato avanti egregiamente e con encomiabile determinazione il loro compito, ma hanno potuto entrare in questa trama grazie a “una porta socchiusa” (per necessità e/o per ineluttabile sfida finale fatta scattare dallo stesso Matteo Messina Denaro). Se questa ipotesi sia percorribile o meno è presto per dirlo, ma potrebbe rappresentare una interessante pista investigativa dentro a questa vicenda che potrebbe configurarsi come una resa già messa in conto dallo stesso Attore principale, fino all’ultimo giocata come sfrontata e altezzosa sfida “disarmata” allo Stato.