È un film che osserva con grande partecipazione, Fatima di Marco Pontecorvo, trasmesso su Sky Cinema due domani, 7 dicembre, alle 21.15 (e disponibile anche in streaming e on demand su Now).
È un film sulla forza della fede, su quanto questa sia intimamente legata alla vita dell’essere umano, su quello che la fede riesce a produrre nelle persone. È un film sull’umanità di tre bambini che hanno vissuto un’esperienza enorme, anche dura e complessa, fatta di innamoramento, di fede, appunto, ma anche di conflitto e solitudine, per l’importanza e la potenza di quanto gli è accaduto, per le reazioni contrastanti del contesto intorno a loro, alla notizia della loro esperienza spirituale.
È un film che tiene la grande Storia e il tempo dei fatti sempre accanto a sé, Fatima, vicinissimo: la Grande Guerra, l’anticlericalismo di quegli anni in Portogallo, ed è un film sul dialogo non semplice tra chi crede e chi non possiede questo dono.
L’opera, dedicata ai tre bambini ai quali nel 1917 apparve più volte Maria nelle campagne intorno alla cittadina portoghese, si accosta – rispettandole entrambe – alla posizione di chi ha la fede e di chi non ce l’ha, ed è perciò un film che fa della dialettica un elemento narrativo centrale, pur costruendo in modo emozionante i momenti delle apparizioni.
Questo porsi in duplice ascolto è esplicitato dalla didascalia finale che cita Albert Einstein: «ci sono solo due modi di vivere la vita – dice il grande scienziato – uno come se niente fosse un miracolo, e l’altro come se tutto fosse un miracolo».
Questa convivenza di punti di vista è accompagnata, lungo tutta la narrazione, dal dialogo tra Suor Lucia, una dei tre pastorelli a cui apparve Maria, la più grande, quella più a lungo vissuta e qui ben interpretata da Sonia Braga, e il professor Nichols interpretato da Harvey Keitel, alle cui domande argomentate, complesse, la suora risponde offrendo la sua testimonianza e il suo altrettanto profondo pensiero.
Fatima è costruito su queste due linee narrative: lo scambio verbale tra lo studioso con l’ormai anziana suora, e il 1917 in cui Maria si rivelò ripetutamente, ogni 13 del mese, ai tre ragazzini innocenti e puri. La sua figura è concreta, è quella di una giovane donna piena di dolcezza che parla con loro, dando il là a un rapporto profondo e toccante specialmente con Lucia, la cui figura è maggiormente approfondita rispetto alle altre due, anche nel rapporto non facile maturato con sua madre dopo la grande esperienza vissuta.
Il paesaggio intorno ai protagonisti, sia quello geografico che quello umano (molte e ben organizzate sono le comparse) è molto curato nel film, grazie anche a una fotografia calda e a tutti gli elementi di arredo che rendono magico e speciale il cinema (costumi, scenografia, attori, musiche). È un buon film, Fatima, per tutti
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