Sfoglia la rivista

Persona e famiglia > Noi due

Adolescenti invisibili

di Serena Scotto d’Abusco

- Fonte: Città Nuova

Perché i ragazzi non parlano con nessuno della loro depressione? Come accorgersene e stare loro accanto nel modo giusto?

Spesso incontro in terapia molti ragazzi adolescenti che portano con sé un’importante sintomatologia: depressione, attacchi di panico, autolesionismo, isolamento sociale, disturbi del comportamento alimentare e tanti altri sintomi di profonda sofferenza.

La cosa che più mi colpisce molte volte è il fatto che spesso, prima di giungere in terapia, questi ragazzi non abbiano parlato del proprio disagio con nessun adulto. Il più delle volte, nel migliore dei casi, ci può essere stato al massimo un confronto con altri coetanei. In alcuni casi nemmeno questo, i ragazzi si chiudono, trattengno la sofferenza solo su loro stessi e questo porta inevitabilmente all’emergere di sintomi. Magari ci troviamo in presenza di ragazzi che mettono in atto dei comportamenti di autolesionismo, si tagliano in luoghi del corpo nemmeno troppo nascosti, quasi a voler urlare «io sono qui, sto soffrendo, chi mi può aiutare?».

Come abbiamo più volte detto in precedenti articoli, l’adolescenza è una fase della vita imbevuta di enormi cambiamenti sia fisici che psicologici. L’adolescente crescendo non sa più chi è, deve capirlo, deve conoscersi, deve decidere che strada vuole intraprendere. In questa delicata fase di vita, diventa di particolare importanza il confronto con i pari, anche se purtroppo questo non basta. I pari sono altri ragazzi con cui si può condividere una parte del percorso, possono essere delle risorse fondamentali con cui confrontarsi e da cui sentirsi sostenuti, ma non possono sostituire il ruolo centrale degli adulti di riferimento.

Qual è allora la migliore modalità per interagire con gli adolescenti, figli, studenti, pazienti che siano? Senza dubbio occorre in primo luogo sintonizzarsi con il proprio sé adolescente. Chiedersi come ci si sentiva a quell’età, quali erano state le sfide che ciscuno di noi aveva dovuto affrontare, i maggiori momenti di difficoltà ed anche quelli di gioia, le persone significative che avevano accompagnato la nostra vita, le emozioni che ci pervadevano, e così via. Queste ed altre riflessioni, sicuramente non facili, possono guidarci in un processo di autenticità che ci farà essere più consapevoli delle nostre reazioni dinanzi a comportamenti ed emozioni che, magari come adulti, nel momento presente si fa fatica a comprendere, aiutandoci a sviluppare un atteggiamento empatico.

Essere poi curiosi e attenti osservatori di quello che accade. Com’è possibile che un ragazzo abbia degli attacchi di panico e un genitore o un insegnante non lo noti? Vi assicuro che accade, e a volte può succedere perché si fa fatica ad entrare nella sofferenza profonda di chi abbiamo dinanzi. Si fa fatica a porsi delle domande complesse, magari si è presi da una quotidianità frenetica, dalla gestione di una crisi di coppia, da altri figli o altri studenti, da altre questioni che non fanno essere al cento per cento presenti in quello accade. Senza voler generare in nessuno dei sentimenti di colpa che il più delle volte sono poco proficui, queste riflessioni ci devono spingere a chiederci sempre di più come intercettare la sofferenza dei ragazzi di cui siamo responsabili e di cui ci prendiamo cura.

Gli adulti che hanno a che fare con adolescenti, sono chiamati ad essere delle guide salde. Devono essere delle dighe che arginano dei fiumi in piena che spesso non riescono a trovare la forza di farlo da soli. Essere delle dighe salde significa da una parte avere la curiosità di conoscere chi abbiamo dinanzi e di essere empatici verso quello che vive senza però farsi trascinare in dei vortici di caos emotivo che, se da una parte sono comprensibili in una fase adolescenziale, lo diventano meno in fasi successive di persone adulte. L’altro rischio infatti è che se da una arte possiamo trovare adulti che poco notano la sofferenza dei ragazzi, dall’altra troviamo adulti poco strutturati che la sovra-osservano, la cui vita ruota attorno a quella dei figli, anche se oramai non si tratta più di bambini, trovandosi spesso anche a dare pochi limiti e a confondersi col ragazzo che hanno dinanzi.

Bisogna, quindi, con equilibrio accompagnare i ragazzi chi ci camminano accanto. Mostrare un autentico interesse verso quello che vivono, senza però smarrire il ruolo di adulti e restando con flessibilità e fermezza al loro fianco.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Riproduzione riservata ©

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876