Per concludere la rapida carrellata sulle proposte di modifica della Costituzione relative alle istituzioni dello Stato, dopo le ipotesi di elezione diretta del presidente della Repubblica (che possono sfociare in forme di “presidenzialismo” variamente inteso), restano da considerare le ipotesi di irrobustimento del sistema parlamentare vigente.
In sostanza, si punta a confermare il ruolo del Parlamento nel dare e mantenere in vita il Governo attraverso la fiducia, cercando però di correggere la disfunzionalità legata al meccanismo: crisi ravvicinate nel tempo e quindi continui cambi di governo. In Italia ne sappiamo qualcosa, giacché deteniamo un record in numero di governi (67 dalla nascita della Repubblica, in 75 anni) e conosciamo le ricadute negative che ne derivano, tra cui la fatica a mantenere una credibilità internazionale.
Ma un sistema parlamentare siffatto può anche essere stabilizzato con un tipico accorgimento: la sfiducia costruttiva. È questa la proposta del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle.
Per come è formulata la Costituzione, al momento è possibile aprire una crisi di governo senza che si sappia se si riuscirà a comporre o no una nuova maggioranza: crisi chiamata per questo “al buio”. In tali casi, il presidente della Repubblica deve interpellare tutte le forze politiche (con le “consultazioni”) e verificare se c’è una personalità (di norma un politico indicato dai gruppi parlamentari, ma sappiamo che può anche essere scelto dal Capo dello Stato) cui conferire l’incarico di formare un nuovo governo.
Ovviamente il governo deve avere la fiducia nelle due Camere, quindi la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Se l’impresa non riesce, il Presidente deve sciogliere le Camere e si procede a nuove elezioni. Con opportune e precise modifiche della Costituzione, questo sistema si può modificare prevedendo che per aprire una crisi di governo la mozione di sfiducia deve contenere anche la possibile soluzione: l’intenzione, quindi, di procedere a un nuovo governo e il nome del Presidente del Consiglio dei ministri da incaricare.
La mozione viene posta ai voti e se approvata procura la definitiva caduta del governo in carica e l’investitura del nuovo presidente del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato. A tale potenziamento della figura del Capo del Governo si può anche accompagnare il potere di nomina e revoca dei ministri (ma non è chiaro nelle proposte programmatiche. Tra le proposte del Movimento 5 Stelle si accenna invece alla riforma della decretazione d’urgenza).
L’istituto della sfiducia costruttiva è tipico del sistema parlamentare tedesco, il cui capo del Governo, il cancelliere, può essere messo in crisi solo con una mozione che indica chi prenderà il suo posto. La storia del dopoguerra ci dice che in Germania i governi si sono rivelati eccezionalmente solidi e che il ricorso alla sfiducia costruttiva è stato del tutto eccezionale. Forse non possiamo automaticamente concludere per una prova dell’efficacia dell’istituto anche in Italia, ma è realistico pensare che sarebbe comunque un buon rinforzo per l’esecutivo.
Stabilizzare l’esecutivo, infatti, è l’obiettivo comune delle forze politiche, che si confrontano su due modelli alternativi, almeno nelle loro forme astratte: il “presidenzialismo” (prendendo con le pinze la parola!) e la sfiducia costruttiva. Poiché come abbiamo visto anche il “presidenzialismo” o l’elezione diretta del presidente della Repubblica possono essere declinati in vari modi, è necessario trovare un equilibrio tra le varie proposte, in modo da aggregare il maggior consenso possibile. Un’operazione non facile, che ha già portato Giorgia Meloni a proporre di affrontare le riforme costituzionali in una apposita sede, una Commissione parlamentare bicamerale, composta cioè di deputati e senatori che rappresentino tutti i gruppi rispettandone le proporzioni.
Il Parlamento ha sperimentato in due circostanze questa procedura speciale: durante la XI legislatura, con la Commissione De Mita-Iotti, e durante la XIII legislatura, con la Commissione D’Alema. In verità, già la IX legislatura aveva visto l’insediamento di una Commissione bicamerale incaricata di proporre modifiche alla Costituzione (la Commissione Bozzi), ma a differenza delle altre non era stata costituita con una legge costituzionale.
E qui sta una differenza importante: quando interviene una legge costituzionale, possono essere introdotte alcune deroghe al procedimento di revisione costituzionale previsto dall’art. 138 della stessa Costituzione. Nei due casi precedenti, ad esempio, oltre alla messa a punto di accorgimenti per il dibattito in Assemblea, era previsto che il progetto di modifica costituzionale, seppur approvato nelle due Camere con maggioranza qualificata, sarebbe stato sottoposto obbligatoriamente a referendum confermativo.
In definitiva, l’istituzione di una Commissione bicamerale potrebbe presentare maggiori guarentigie sotto il profilo della ampiezza della condivisione sulle modifiche che si apporterebbero. Se poi venisse confermato il referendum, potrebbe essere l’occasione, una volta tanto, di una chiamata alle urne con un effetto che potrebbe unire il Paese, contrariamente a quanto avvenuto nelle passate esperienze.