Sfoglia la rivista

Ambiente > Ambiente e giustizia sociale

La lezione di Chico Mendes

di Gianni Alioti

- Fonte: Città Nuova

La vita di Chico Mendes (1944- 1998) come esempio del legame necessario tra ambiente e giustizia sociale. Il sindacalista brasiliano morto per difendere da ogni sfruttamento e distruzione il bene comune della foresta amazzonica.

Chico Mendes e la difesa della foresta amazzonica (AP Photo/Eraldo Peres)I

Chico Mendes . Foto Di Miranda Smith, Miranda Productions, Inc. – Questo file è stato ricavato da un’altra immagine, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30268371

Nonostante le denunce, le richieste di protezione da parte di entità ambientaliste, personalità politiche e dirigenti sindacali, nonostante il Governatore dello Stato dell’Acre, Flaviano de Melo avesse assegnato due agenti della polizia militare per la sua sicurezza, Chico Mendes fu assassinato il 22 dicembre 1988. Era prima di cena quando, uscendo nella veranda sul retro della sua casa di Xapuri, fu colpito al torace da una pallottola calibro 22. Chico Mendes era tornato da poco a casa per passare il Natale insieme alla sua famiglia.

Chico dopo tante minacce e diversi attentati aveva più di un presentimento. Negli ultimi mesi erano cresciute le intimidazioni e le violenze contro il movimento dei seringueiros, i raccoglitori del lattice di caucciù, ricavato incidendo l’albero nativo molto diffuso in Amazzonia chiamato seringueira (nome scientifico Hevea brasiliens).

Il 26 maggio di quell’anno, durante una manifestazione a Xapuri, due giovani seringueiros furono feriti da due persone che spararono in corsa da una motocicletta. Furono identificati, grazie ad alcune testimonianze, in Darli e Alvarino Alves da Silva, ma non seguì alcuna inchiesta da parte della polizia per appurare le responsabilità. Il 17 giugno, il dirigente del sindacato rurale di Xapuri e candidato al consiglio comunale per il PT, Ivair Higino de Almeida, fu assassinato. Tra i sospettati i nipoti del fazendeiro Darli Alves da Silva, ma anche in questo caso l’inchiesta non portò all’arresto degli autori del crimine. Nel mese di settembre due seringueiros del movimento, furono uccisi in due diverse zone della foresta e tra i sospettati ci furono figli e parenti prossimi dei fazendeiros Darli e Alvarino.

Mendes era molto efficace ad organizzare gli “empates” (in portoghese letteralmente “pareggio”), un’azione diretta nonviolenta avviata dalla metà degli anni ’70 dai seringueiros organizzati nel sindacato dei lavoratori rurali di Brasileia. Il presidente del sindacato era Wilson Pinheiro, mentre Chico Mendes era il segretario generale. L’empate consisteva nel presidiare, coinvolgendo anche donne e bambini, le aree forestali soggette a essere disboscate e destinate a pascolo per l’allevamento di bovini. Pacificamente, usando come armi solo i loro corpi, i seringueiros e le loro famiglie impedivano l’azione delle motoseghe e proteggevano gli alberi da cui estraevano il frutto del loro lavoro.

Uno degli ultimi empates realizzati da Chico Mendes, con l’obiettivo di impedire la deforestazione fu nel seringal[1] Equador, la cui proprietà era rivendicata proprio dal fazendeiro Darli Alves, allo scopo di destinare l’area a pascolo dopo averla disboscata. Ma l’uccisione del leader sindacale era da tempo pianificata ai livelli alti dell’União Democrática Ruralista[2] con coperture politiche ed istituzionali.

L’azione dei seringueiros – grazie al ruolo di Chico Mendes – non era più un fatto isolato. Con il sostegno della Central Única dos Trabalhadores (la CUT, la maggiore centrale sindacale brasiliana nata nel 1983) e dei movimenti ambientalisti a livello internazionale, si contrapponeva agli enormi interessi economici legati sia alla grande proprietà fondiaria in Amazzonia e ai suoi progetti di sviluppo dell’allevamento bovino, sia all’estrazione del legname da parte d’imprese locali al servizio di multinazionali straniere.

Chico Mendes, nel mese di novembre, aveva denunciato per iscritto al giudice della circoscrizione e alla polizia federale, che i fazendeiros Darli Alves da Silva e il fratello Alvarino erano responsabili dell’omicidio di Ivair Higino e di minacce alla sua vita. Oltre a queste accuse, Chico Mendes aveva fatto pervenire alle autorità dell’Acre una richiesta di arresto per Darli Alves, accusato di aver ucciso nel 1973 l’agente immobiliare, Acir Urizzi, nella città di Umuarama nel Paraná. La vecchia richiesta di arresto, spedita il 26 settembre dalla magistratura paranaense alla Polizia Federale dell’Acre, era stata occultata. La stessa polizia militare era a conoscenza delle collusioni tra gli squadroni della morte, comandati dai fratelli Alves – appoggiati dall’UDR – e il delegato della polizia federale nell’Acre, Mauro Spósito.

Pertanto, quando Chico Mendes fu vigliaccamente assassinato, si trattò di una morte annunciata. Aveva appena compiuto 44 anni e, da pochi mesi, era stato eletto nell’esecutivo nazionale della CUT.

Il 6 dicembre 1988, in un seminario organizzato dall’Università di São Paulo, Chico Mendes aveva pronunciato il celebre discorso che termina dicendo: «Non voglio fiori sulla mia tomba, perché so che andrebbero a strapparli alla foresta. Voglio appena che la mia morte serva per mettere fine all’impunità dei jagunços[3], che possono contare sulla protezione della polizia federale dell’Acre e che, dal 1975 in avanti, hanno già ammazzato nella zona rurale più di cinquanta persone come me, leader seringueiros impegnati a salvare la Foresta Amazzonica e dimostrare che il progresso senza distruzione è possibile. Addio è stato un piacere. Vado a Xapuri incontro alla morte, giacché da lei nessuno mi libera».

L’autore dell’attentato, Darci Alves Pereira, figlio del fazendeiro Darli Alves si consegnò, quattro giorni dopo, alla polizia confessando il crimine. Solo la grande indignazione sollevata dalla morte di Chico Mendes a livello nazionale e internazionale, contribuì a far sì che il fazendeiro Darli Alves e il figlio Darci fossero arrestati, l’uno come mandante, l’altro come esecutore dell’omicidio e condannati a 19 anni di reclusione. Ma nel febbraio 1993 gli Alves fuggirono di prigione, potendo contare sulla collaborazione della polizia incaricata di sorvegliarli. Darli si nascose in un insediamento rurale dell’INCRA[4] nell’interno del Pará, arrivando a ottenere – sotto falsa identità – persino un finanziamento della Banca dell’ Amazzonia. Fu catturato nuovamente solo nel giugno del 1996.

Darli, però, non fu l’unico mandante dell’assassinio di Chico Mendes. Dietro agli Alves c’erano fazendeiros dell’UDR più importanti e potenti come João Branco (fuggito dall’Acre subito dopo l’attentato sostenendo che il PT[5] e la CPT[6] volevano ucciderlo) e Adalberto Aragão ex-sindaco di Rio Branco. Così come appare esplicita la complicità dell’allora Sovrintendente della Polizia Federale dell’Acre, delegato Mauro Sposito, che non fu nemmeno sospeso dal servizio.

Ci sono diversi frammenti di documentazione postuma, oltre che di testimonianze, che dimostrano che Chico Mendes era pienamente consapevole che i fazendeiros volevano sbarazzarsi di lui alla svelta per ridurre al silenzio il movimento. La stessa sorte era toccata – prima di lui – a Wilson Pinheiro, primo sindacalista alla guida dei seringueiros, dal quale Chico aveva raccolto il testimone.

L’estrema sfida, in contrasto con la sua voglia di vivere, con cui Chico Mendes va incontro alla morte fa di lui una persona straordinaria. Come ha scritto il giornalista brasiliano Zuenir Ventura, autore del libro “Chico Mendes: crime e castigo«: [….] egli non ha bisogno di essere idealizzato; al contrario, quanto più umano è, più importante è. Fu un leader e un martire che ha scelto di morire. Avrebbe potuto andarsene dallAcre, venire nel sud-est del Brasile, andare negli Stati Uniti o in Europa, ma ha scelto di restare per morire. In questo senso fu un martirio [….] offrire la vita in sacrificio di unidea, credendo che questo avrebbe invertito una situazione sfavorevole. In questo senso egli fu il primo martire brasiliano dellecologia».

Le idee di Chico Mendes sono molto più attuali oggi di quando egli era vivo. Anche se per il Governo Bolsonaro e per il grande capitale brasiliano e transnazionale (industrie minerarie e del legname, imprese di agro-business e grandi latifondi per l’allevamento di bovini) il territorio amazzonico continua, e continuerà a essere una frontiera per lo sfruttamento predatorio e accumulazione di risorse. Per i popoli della foresta, cioè gli indios, i ribeirinhos[7], i seringueiros, il territorio amazzonico continuerà invece a essere non solo il luogo di riproduzione di risorse per la loro sopravvivenza, ma un luogo identificato con valori culturali e spirituali, uno spazio di costruzione sociale, di relazioni umane e di etica con la natura. È evidente che queste diverse visioni continuano a essere tra loro in tensione e motivo di forti conflitti.

Nella deforestazione dell’Amazzonia c’è, infatti, una “logica illogicità”, il cui unico obiettivo è il profitto attraverso attività primarie (taglio di legname, sfruttamento minerario, allevamento bovino, produzione di soia ecc.) che non incorporano innovazione scientifica né tecnologica se non per la sperimentazione di colture geneticamente modificate. Anche per la regione amazzonica possiamo utilizzare le parole di Pier Paolo Pasolini, quando scriveva – pur in un altro contesto – che dietro ad una certa idea di sviluppo c’è in realtà «un mezzo di spaventoso regresso, uno sviluppo appunto senza progresso, di genocidio culturale» e, possiamo aggiungere, di genocidio etnico, oltre che di distruzione della bio-diversità.

Ma per pochi che sembrino i risultati, e nonostante il concetto di sviluppo in Amazzonia per molti sia ancora sinonimo di disboscare, bruciare, radere al suolo, ammazzare; è indubbio che nell’ambito del dispiegarsi di questo durissimo conflitto, l’affermarsi sul piano politico di persone che hanno camminato insieme a Chico, condividendo con lui il carcere e la speranza, le dolorose sconfitte e le sofferte vittorie, hanno fatto la differenza. Se non altro ci sono state maggiori sensibilità e lotte per la demarcazione delle terre indigene e la creazione delle riserve estrattive: le principali rivendicazioni per cui Chico Mendes ha sacrificato la sua vita e che, ancora oggi, rappresentano l’obiettivo prioritario per salvare quello che resta della foresta nativa e dei suoi popoli.

Chico Mendes meritava di vivere, ma la sua lotta sindacale a difesa della foresta amazzonica e dei popoli che l’abitano riuscì a rafforzarsi (è duro dirlo) con la sua morte. Chico Mendes – realmente – non è morto invano.

 

Cenni biografici su Chico Mendes

Chico Mendes nasce il 15 di dicembre del 1944 nel seringal Porto Rico, vicino alla frontiera con la Bolivia, in Xapuri nello Stato dell’Acre (Brasile). Figlio di seringueiro passa la sua infanzia e gioventù al lato del padre come raccoglitore di caucciù.

 

L’attività di raccolta del caucciù nella regione amazzonica è basata su relazioni sociali di profondo sfruttamento e oppressione, che permea nel giovane seringueiro un forte sentimento di rivolta contro l’ingiustizia.

 

A differenza degli altri seringueiros a 16 anni Chico apprende a leggere, scrivere e pensare grazie a Euclides Fernandes Távora, un rifugiato politico che vive in clandestinità nella foresta nella zona di confine. Ciò influenza la sua vita. Appena ha notizia che si organizzano i sindacati nell’Acre partecipa nel 1975 alla nascita del Sindicato de Trabalhadores Rurais de Brasiléia, presieduto da Wilson Pinheiro.

 

Nel 1976, i seringueiros inventano gli “empates” per contrastare la deforestazione. E nel 1977 Chico Mendes partecipa alla fondazione del Sindicato dos Trabalhadores Rurais de Xapuri. Nello stesso anno è eletto consigliere comunale per il MDB (Movimento Democrático Brasileiro). E un anno dopo riceve le prime minacce di morte da parte dei fazendeiros della regione.

 

Nel 1980 il leader Wilson Pinheiro è assassinato dentro la sede del suo sindacato a Brasiléia. Nello stesso anno Chico Mendes partecipa insieme a Lula Luis Inacio Da Silva e altri alla nascita del PT, di cui diviene il principale leader di riferimento nello Stato dell’Acre. Nel 1981 Chico Mendes è eletto presidente del Sindicato dos Trabalhadores Rurais de Xapuri, intensificando la lotta per i diritti dei seringueiros e dei lavoratori, per la difesa della foresta, per la democrazia contro la dittatura militare.

Come presidente del sindacato di Xapuri partecipa nel 1983 alla creazione della CUT, la nuova centrale sindacale brasiliana alternativa al sindacalismo corporativo controllato dallo Stato.

Nel 1985 Chico Mendes organizza il primo “Encontro Nacional dos Seringueiros”, creando il Conselho Nacional dos Seringueiros come entità rappresentativa, che elabora una proposta originale di riforma agraria per la regione amazzonica: le “reservas extrativistas”. La proposta incontra il sostegno di entità ambientaliste e la lotta dei seringueiros comincia a suscitare interesse anche a livello internazionale. Nello stesso anno partecipa alla costruzione della “União dos Povos da Floresta”, con l’obiettivo di un’alleanza tra seringueiros e popoli indigeni nella difesa della foresta amazzonica.

Nel 1987 riceve a Xapuri una commissione dell’ONU mostrando la devastazione della foresta causata da imprese finanziate dal BID, la banca interamericana per lo sviluppo. Dopo aver denunciato la cosa in un’audizione presso il Senato degli Stati Uniti, il BID sospende i finanziamenti a queste imprese. Nello stesso anno riceve dall’ONU il premio “Global 500” per l’ecologia os financiamentos a estas empresas.

Nel 1988 partecipa alla creazione delle prime “reservas extrativistas” nell’Acre e riceve negli Stati Uniti la medaglia per l’ambiente della “Better World Society” e rilascia diverse interviste su giornali internazionali. Sono numerosi i ricercatori e i giornalisti che visitano i seringais a Xapuri e diffondono nel pianeta le idee e l’esperienza di Chico Mendes. A settembre di quell’anno Chico Mendes è tra i protagonisti del 3º Congresso Nazionale della CUT a Belo Horizonte ed è eletto membro supplente nel Comitato Esecutivo della centrale sindacale.

Il 22 di dicembre del 1988, Chico Mendes a soli 44 anni è assassinato sulla porta di casa a Xapuri. Lascia la moglie, Ilzamar Mendes e due figli piccoli, Sandino ed Elenira.

 

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Estratto dal Dossier “Conversione” ecologica di Città Nuova

 

[1] Foresta di alberi di caucciù.

[2] È l’associazione brasiliana dei proprietari terrieri: i fazendeiros, l’equivalente di latifondisti in italiano.

[3] Sono pistoleri, sicari al soldo dei fazendeiros o dell’industria del legname.

[4] Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária.

[5] Partido dos Trabalhadores, il partito dei lavoratori fondato in Brasile da Lula e José Ibrahim nel 1980.

[6] Commissione Pastorale della Terra.

[7] Popolazioni native che vivono lungo le rive dei fiumi. Chiamati caboclos, sono discendenti del meticciato tra primi coloni portoghesi e gli indios della regione.

Riproduzione riservata ©

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876