Da diversi studi psicopedagogici emerge che i bambini che crescono con genitori che urlano, hanno un’intelligenza sociale ed emotiva inferiore e hanno difficoltà continuata ad autoregolarsi. Evitare di urlare ai bambini è importante perché, in caso contrario, si insegna loro che le avversità possono essere soddisfatte solo utilizzando una voce alta e arrabbiata. Urlare manca di una vera e propria strategia educativa, ma è piuttosto una reazione emotiva esasperata.
Urlare e sgridare costantemente i bambini ha un effetto pari a quello della violenza fisica sul loro stato emotivo e ha pesanti ripercussioni anche sull’immagine che il genitore da di sé stesso. Gridare può sembrare lo strumento perfetto per attirare l’attenzione del bambino e farlo preoccupare delle conseguenze delle sue azioni. I bambini “vedono e sentono” i propri genitori, e più in generale gli adulti di riferimento, come modelli di autoregolamentazione.
I genitori che gridano e riprendono costantemente i bambini, inconsapevolmente stanno modificando il loro cervello. Questo avviene perché i neurotrasmettitori cerebrali, che in situazioni tranquille rispondono inviando sostanze biochimiche che passano il messaggio che siamo al sicuro, quando si urla creano sensazioni contrarie. Il bambino rilascia sostanze che gli trasmettono senso di lotta, fuga o paralisi. Accade dunque che il bambino, alla lunga, potrebbe reagire picchiando, scappando oppure avvertire una sorta di immobilità rispetto alle urla che gli sono rivolte.
Utilizzare regolarmente l’urlo come forma di correzione e di educazione in casa impedisce ai bambini di sviluppare la loro “bussola morale interiore“: la punizione non insegna ai bambini a fare la cosa giusta, ma li spingerà solo ad imitare il comportamento dominante pensando che urlando “mi faccio sentire di più”. In questo modo i bambini, crescendo, non impareranno a pensare ai propri bisogni, a quelli degli altri e a cercare un modo che soddisfi entrambi.
La chiave è comunicare in modo efficace con i figli e aiutarli a capire perché il loro comportamento è inaccettabile, prestando, però, molta attenzione alle parole che usiamo, come le usiamo, mettendo anche un pizzico di ironia e umorismo, se possibile, per riuscire a risolvere pacificamente un conflitto, manifestando l’intenzione di soddisfare i bisogni di tutti. I bambini e i ragazzi che crescono con genitori o educatori che urlano spesso faticano a tollerare il silenzio, hanno disturbi d’attenzione, non riescono a vivere l’attesa e non hanno pazienza…
Tutto questo perché urlare è la prima risposta che ci viene in seguito ad una situazione che ci destabilizza, ma è una risposta povera, primitiva, pericolosa che mira a risolvere nell’immediato una situazione senza portare ad alcun insegnamento. In pratica l’urlo è una risposta per così dire di “pancia” e non di “testa”!. Come asseriva Gandhi: “Se urli tutti ti sentono, se bisbigli solo chi è vicino, ma se stai in silenzio, solo chi ti ama ti ascolta”. Se i ragazzi ci irritano, sentiamo nervosismo e agitazione è perché stanno toccando delle corde della nostra anima che sono per noi faticose e irrisolte, ci stanno mostrando dei lati di noi che non riusciamo ad accettare. Non sono quindi loro il vero motivo del nostro malumore, ma le parti di noi che ci riflettono.
Cosa possiamo fare?
Innanzitutto prenderci del tempo per osservarci, comprendere e renderci consapevoli cosa ci ha dato fastidio tenendo sotto controllo le risposte immediate, dando spazio ai pensieri cercando di renderli sempre più consapevoli nella mente innescando una sorta di autoeducazione personale al controllo.
Se è necessario rimproverare, mettiamoci nei panni del bambino e chiediamoci cosa deve capire dal nostro rimprovero: solo così è possibile riuscire a farlo con sana consapevolezza. Pertanto siamo noi a dover trovare la forza e la calma prima di loro, e soprattutto siamo noi a dover imparare a non dar inizio ad una lotta di potere in cui perderemmo tutti, innalzando muri di non-comunicazione. Se questo non lo esercitiamo sin da quando i bambini sono piccoli, durante l’adolescenza sarà molto più difficile abbattere quei muri. Proviamo a non urlare, ascoltandoci di più, riconoscendo le nostre emozioni, imparando ad esercitare anche il silenzio per predisporci ad accogliere l’altro ricercando la reciproca comprensione.
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