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Gli effetti di lungo termine dell’ideologia teocon

a cura di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

Intervista al filosofo Massimo Borghesi sulla radice culturale dell’ostilità di certi ambienti, e media collegati, contro papa Francesco. I 20 anni, a partire dall’11 settembre 2001, in cui, tramontata l’aspettativa di una rassicurante globalizzazione post-comunista, è stata propagandata «una concezione militante, guerriera, della fede polarizzata dalla dialettica amico-nemico»

Teocon v Francesco (AP Photo/Andrew Medichini)

Teocon contro Francescesco. Il trauma dell’11 settembre 2001 ha comportato l’avvento di una nuova forma di teopolitica denotata dalla «sacralizzazione politica degli Stati Uniti come nazione benedetta da Dio». Una visione descritta con numerose piste di approfondimento dal filosofo Massimo Borghesi nel suo recente testo “Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e «ospedale da campo»” che segue il precedente lavoro sulla biografia intellettuale di Jorge Mario Bergoglio.

Il docente dell’università di Perugia è l’autore del saggio principale del dossier Francesco pubblicato dalla rivista Città Nuova. Come Borghesi ci ha già detto in altra intervista, il 2001 «costituisce uno spartiacque della storia mondiale», resta da capire le ragioni dell’affermarsi dell’ideologia neocon che intende portare «il cristianesimo, protestante e cattolico, a diventare parte di una lotta planetaria».

Nel ventennio appena trascorso (2001-2021) è «uscito di scena l’ecumenismo, irenico ed ideologico, dell’era della globalizzazione post-comunista, a favore di una concezione militante, guerriera, della fede polarizzata dalla dialettica amico-nemico». I maestri di tale scuola di pensiero sono gli intellettuali teocon (Michael Novak, George Weigel e Richard Neuhaus) che hanno tentato «sistematicamente di porre il cattolicesimo sotto l’ombrello USA, di forgiare un americanismo cattolico incentrato sul cattocapitalismo e sull’occidentalismo».

Tesi che in Italia sono state riprese da diversi autori come, ad esempio,  Marcello Pera, indicato recentemente tra i candidati possibili al Quirinale, e sono alla radice di una diffusa ostilità esplicita verso papa Francesco che, secondo Borghesi, ha trovato il mondo intellettuale cattolico affetto in generale da una specie di afasia. In particolare in Italia perché in Francia e nel mondo anglosassone esistono pensatori del calibro di Jean-Luc Marion, Emmanuel Gabellieri, Rémi Brague, Pierre Manent, Jean Robert Armogathe, Jean-Louis Chrétien, Fabrice Hadjadj,  Alasdair MacIntyre e Charles Taylor.

Abbiamo perciò posto alcune domande a Massimo Borghesi, professore ordinario di Filosofia morale presso l’università di Perugia.

Come è stato possibile, oltre le risorse dei finanziatori di determinati think tank, un cedimento intellettuale all’interno della stessa chiesa cattolica, di fronte alle tesi di Novak e altri?
Nel libro sulla teologia teocon analizzo la disillusione che contrassegna la Chiesa dopo la caduta del comunismo. Ci si aspettava una rinascita della fede – all’Est come all’Ovest – e non certo un radicalizzarsi del processo di secolarizzazione. Come conseguenza il cattolicesimo tende a chiudersi, a blindarsi nella fortezza assediata, a polarizzarsi interamente sui valori non negoziabili dimenticando il binomio evangelizzazione e promozione umana che stava al centro della Evangelii nuntiandi di Paolo VI.

È quest’ultima la prospettiva rilanciata da papa Francesco e questo spiega le dure reazioni al suo pontificato da parte dei settori conservatori maturati dopo l’11 settembre.

Come viene esercitata tale ostilità?
Il progetto perseguito dai teocon – l’occidentalizzazione della Chiesa – non arretra di fronte al pontefice “argentino”. Tenta in ogni modo di delegittimarlo. Bergoglio sarebbe un papa populista, sudamericano, fautore della teologia della liberazione filo-marxista, relativista e modernista. Un papa “anti-occidentale”. Le accuse, per lo più di provenienza statunitense, sono state dure e persistenti ed hanno trovato, da parte cattolica, scarse reazioni critiche. La manipolazione delle informazioni è un momento cruciale della battaglia mediatica per costringere il papa alle dimissioni.

Cosa bisogna sapere in particolare per comprendere Francesco?
Posso ripetere quanto detto per introdurre il numero speciale dedicato dalla rivista Studium a 8 anni dell’elezione di Francesco e cioè che il papa in pochi anni ha modificato, agli occhi del mondo, l’immagine di una Chiesa piegata dallo scandalo mondiale della pedofilia del clero, dai disastri delle finanze vaticane, dai traffici di Vatileaks. Eppure tutto questo non gli ha risparmiato critiche ed incomprensioni di consistenti settori del mondo cattolico. Papa Francesco non è un progressista che abbandona la dottrina della Chiesa, né tanto meno un conservatore che dimentica i passi compiuti dal Concilio Vaticano II. È un papa missionario e sociale che ha come desiderio di rilanciare la tensione polare tra evangelizzazione e promozione umana, la stessa che era al centro della Evangelii Nuntiandi del “grande” Paolo VI e che la Chiesa, nel corso degli ultimi decenni, ha ridimensionato ed attenuato nel suo valore.

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