I figli crescono e poi cambiano. Spesso nella stanza di terapia arrivano genitori increduli che si trovano dinanzi ragazzi diversi, che hanno quasi l’impressione provengano da un’altra famiglia.
Alcuni genitori dinanzi a questi cambiamenti reagiscono duramente. L’emozione principale è quella della paura: «Com’è potuto diventare così?»; «Cosa ho sbagliato?»; «Cosa gli potrà succedere ora?». Spesso chi viene mosso dalla paura cerca di mantenere il controllo sul figlio. E se da una parte è comprensibile e anche auspicabile che nella pre-adolescenza e nell’adolescenza i figli continuino ad avere una guida, bisogna sempre tener a mente che non è possibile controllare tutto.
Sia perché spesso proprio i ragazzi più controllati dai genitori possono essere coloro che dicono più bugie. Possono sentirsi spiati e non degni di fiducia. Possono sentirsi una delusione e possono maturare l’idea che «se mamma mi controlla forse io non sono in grado di agire in modo corretto». Questo, oltre ad avere delle ripercussioni sull’autostima individuale, può spingere a mentire perché tanto si ha l’idea che in ogni caso il genitore non capirà o non starà dalla propria parte.
Altri genitori possono incorrere nel pericolo opposto, quello dell’abbandono, mosso dall’idea che ci si trovi dinanzi ad una situazione talmente complessa e grande rispetto a quello che ci si aspettava che non si hanno le energie per cimentarsi in nuove battaglie. Del resto, «non era la prima infanzia dei figli il momento più difficile per un genitore?».
In questi casi i ragazzi possono essere realmente lasciati soli. Cercano nel buio modelli di riferimento che non sono facili da trovare. Possono accumulare esperienze senza che ci sia un adulto con cui confrontarsi e scontrarsi. Possono trovarsi ad affrontare dubbi su tante questioni personali che riguardano la propria individualità più profonda, possono avere dubbi sul percorso di studi intrapreso, sulla propria identità di genere, sul proprio orientamento sessuale.
A volte se lasciati troppo a sé stessi, possono cominciare a presentare dei sintomi. Depressioni, condotte autolesionistiche, e sviluppo di dipendenze patologiche sono sempre più frequenti tra i giovani.
Come fare allora? È innanzitutto fondamentale mettere a fuoco il nucleo centrale del periodo adolescenziale: «Voglio separarmi per capire chi sono, ma allo stesso tempo ho ancora bisogno di averti accanto». È una richiesta paradossale che spesso viene fatta nei modi più atipici e soprattutto più disfunzionali.
Si può richiedere presenza, ad esempio, attraverso un’intensa rabbia, oppure attraverso la denigrazione del genitore che si ha dinanzi. È come se in questo modo si dicesse: «Ho bisogno di sminuire quello che tu sei per provare a capire io chi sono». Queste richieste paradossali ed i modi spesso non sempre accettabili possono confondere i genitori. Proprio quei genitori che vengono chiamati in questa fase a strutturarsi in maniera autentica e salda ancora di più. L’adolescente sfida, mette a nudo le fragilità che il genitore cerca di nascondere o peggio non accetta. Dà un significato a quello che vede anche magari sbagliando ma non è indifferente alla realtà che lo circonda.
Bisogna quindi che il genitore si strutturi sempre di più, in modo da non sentirsi costantemente messo in discussione dal figlio che ha dinanzi, senza però trincerarsi in convinzioni e comportamenti rigidi. Il dialogo e lo scambio emotivo sono i due ingredienti che non possono mancare.
Che sia sempre però uno scambio autentico che non neghi anche emozioni e sentimenti negativi. Gli adolescenti sono bravissimi nel comprendere se realmente ci interessa di loro e se stiamo dicendo la verità. È necessario essere presenti nella vita dei figli anche se cresciuti, essere osservatori attenti che proprio perché da una prospettiva privilegiata possono scorgere eventuali segnali di sofferenza, senza esitare in quel caso nell’offrire aiuto.
Essere guide sicure, accogliere la diversità di chi si ha dinanzi anche se propone prospettive nuove e diverse che mai avremmo considerato, essere fari che si accendono indicando la via ma che sanno anche spegnersi quando necessario lasciando al figlio la propria libertà.
Con la certezza che quanto seminato negli anni resterà e riemergerà quando me ce lo si aspetta.