La Commissione europea ha elaborato una bozza di regolamento che permetterebbe di etichettare alcuni progetti relativi al gas naturale e all’energia nucleare come investimenti “verdi” dopo una battaglia durata un anno tra i governi di quegli Stati membri dell’Unione europea (Ue) che realizzano tecnologie e producono energia nucleare e quelli che stanno facendo investimenti considerati più propriamente rispettosi del clima e dell’ambiente.
La proposta della Commissione europea rientra nella cosiddetta lista di tassonomia della finanza sostenibile, che sarà cruciale per indirizzare miliardi di euro di investimenti verso le tecnologie necessarie per costruire centrali elettriche pulite e “decarbonizzare” l’economia dell’Europa, nell’ambito del cosiddetto Green Deal europeo, che mira ad azzerare le emissioni di gas serra dell’Ue entro il 2050.
Il principio, giusto, del regolamento è quello di circoscrivere l’etichetta “verde” a quei progetti che siano veramente rispettosi del clima, rendendo quegli stessi investimenti più attraenti per il capitale privato nonché ammissibili ad alcuni finanziamenti europei.
Tale sistema contrasterebbe anche il cosiddetto “greenwashing”, una strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende e istituzioni che presentano come ecosostenibili le proprie attività, nascondendo però l’impatto ambientale negativo, sopravvalutando le loro credenziali ecocompatibili. Eppure, la proposta della Commissione europea sembrerebbe prestarsi a forme di greenwashing che invece vorrebbe scoraggiare, rischio già palesato da Claude Turmes, ministro dell’energia del Lussemburgo.
La bozza di proposta della Commissione europea considererebbe gli investimenti nelle centrali nucleari come verdi se il progetto avesse ben definiti un piano, fondi e un sito per smaltire in sicurezza i rifiuti radioattivi, nonché ottenesse i permessi di costruzione prima del 2045. Gli Stati membri, che dovrebbero esprimersi entro il 12 gennaio, e un gruppo di consulenti esperti esamineranno la bozza dell’atto delegato della Commissione europea, che potrebbe dunque cambiare prima della pubblicazione prevista alla fine di gennaio.
Anche gli investimenti nelle centrali elettriche a gas naturale sarebbero considerati verdi se producessero emissioni inferiori a 270g di CO2 equivalente per kilowattora, sostituissero un impianto a combustibili fossili più inquinante, ricevessero un permesso di costruzione entro il 2030 e prevedessero di passare a impianti a basse emissioni entro il 2035. Il gas naturale emette circa la metà delle emissioni di CO2 rispetto al carbone quando viene bruciato nelle centrali elettriche, ma le infrastrutture del gas sono anche associate a perdite di metano, che contribuisce al riscaldamento del pianeta.
Secondo la bozza della Commissione europea, la produzione di gas e di energia nucleare sarebbe etichettata come verde in quanto attività di transizione energetica, definite come quelle che non sono completamente sostenibili, ma che hanno emissioni inferiori alla media del settore. La bozza di proposta potrebbe favorire un’impennata negli investimenti, ma i critici affermano che entrambe le fonti di energia causano danni all’ambiente.
Gli Stati membri dell’Ue e il Parlamento europeo hanno la possibilità di intervenire sul progetto di questo atto delegato della Commissione europea con commenti o suggerimenti prima che venga presa una decisione finale, ma la Germania ha già espresso la propria contrarietà alla proposta: il testo della Commissione europea è particolarmente problematico per i Verdi tedeschi, acerrimi oppositori del nucleare, ma facenti parte della nuova coalizione di governo del Paese guidata dal cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz. Il ministro dell’ambiente tedesco, Steffi Lemke, ha epitetato la proposta come sbagliata, aggiungendo che l’energia nucleare potrebbe portare a disastri ambientali e grandi quantità di scorie nucleari.
La posizione degli Stati membri è, come spesso accade, alquanto variegata. L’Austria si oppone al nucleare, insieme a Paesi come Lussemburgo e Germania che, anzi, smantellerà le proprie centrali nucleari entro il 2025. Altri Stati membri dell’Ue, tra cui la Repubblica ceca, la Finlandia e la Francia, che ricavano circa il 70% della propria energia dalle centrali nucleari, considerano invece l’energia nucleare fondamentale per eliminare gradualmente il carbone dal ciclo di produzione dell’energia. Del resto, proprio la Francia si è impegnata a ridurre la sua dipendenza dall’energia nucleare spegnendo 12 reattori nucleari entro il 2035.
In Italia, Paese che non ha mai completamente smantellato le sue quattro centrali nucleari, non ha ancora individuato un sito di stoccaggio nazionale per le scorie nucleari (radioattive per migliaia di anni) e dove un referendum del 2011 ha respinto l’ipotesi di un ritorno al nucleare, alcune forze politiche sono tornate a proporre la realizzazione di centrali nucleari di nuova generazione, in barba alle questioni irrisolte già delineate.
È evidente che la produzione di energia nucleare resta un tema divisivo tra e nei Paesi europei. Sebbene siano costruite o in costruzione le cosiddette centrali nucleari di terza e quarta generazione, che sotto il profilo della sicurezza e della produzione di energia sarebbero altamente performanti, resterebbero una serie di questioni aperte: l’individuazione dei luoghi dove realizzare le centrali nucleari, lo stoccaggio delle scorie, ingenti investimenti per realizzare centrali nucleari che richiedono anche decenni per essere completate.
Sarebbe forse più intelligente un dibattito che porti alla definizione di un giusto mix di energie da fonti veramente rinnovabili nonché ad una riduzione del consumo di energia che, spesso, viene dispera o semplicemente utilizzata futilmente.