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Persona e famiglia > Storie di sport

L’unione (familiare) che fa la forza

di Marco Catapano

Tra le tante imprese sportive dell’anno appena concluso, anche quella compiuta dalle sorelle australiane Cate e Bronte Campbell.

Domenica 25 luglio 2021. Al Tokyo Aquatics Centre, la sede olimpica delle discipline acquatiche realizzata vicino alla mecca del nuoto nipponico, il Tatsumi International Swimming Center, sta per andare in scena una delle finali più attese del programma natatorio femminile: la staffetta 4×100 metri stile libero. In gara, in corsia 4, c’è l’Australia, tra le cui file ci sono anche le sorelle Cate e Bronte Campbell. Due nuotatrici, che hanno alle spalle una storia di unità familiare davvero significativa. Ma facciamo un passo indietro.

Cate ha iniziato a nuotare giovanissima insieme alla sorella Bronte, due anni più piccola di lei. Ad appena sedici anni, conquista due medaglie ai Giochi olimpici di Pechino 2008 (bronzo nei 50 metri stile libero e ancora bronzo nella staffetta 4×100 stile libero). Poi, l’anno dopo, nella rassegna iridata disputata a Roma, vince un altro bronzo individuale. Successivamente, però, viene colpita da una lunga infezione virale, una sindrome da stanchezza cronica che ne mette duramente alla prova fisico e mente, portandola ad un passo dal ritiro.

A quel punto, arriva in suo soccorso la sorella Bronte, che nel tentativo di aiutare la sorella maggiore mette da parte le paure nel proseguire l’attività professionistica che erano emerse proprio dall’aver visto la sorella soffrire così tanto. Così, Bronte propone un patto a Cate: «Non mollare, proviamo ad andare alle Olimpiadi di Londra insieme. Ci alleneremo e faremo fatica congiuntamente, condivideremo tutti i dubbi e le rinunce cui andremo incontro giorno dopo giorno, sostenendoci l’una con l’altra». E così è andata. Nel 2012 Cate, più esperta della sorella, vince la medaglia d’oro nella 4×100 metri stile libero femminile, mentre Bronte “rompe il ghiaccio” con i Giochi olimpici.

Le due continuano ad allenarsi e si qualificano anche per i Giochi di Rio del 2016. Qui vincono insieme l’oro nella staffetta 4×100 metri stile libero, medaglia che Cate bissa partecipando anche alla staffetta 4×100 mista. Nelle due gare individuali di questo stile (50 e 100 metri), l’australiana non riesce però ad andare oltre un quinto posto nella gara più veloce, ed un sesto nei 100. Risultati deludenti per chi come lei partiva da grande favorita, che la espongono a feroci critiche sui social. Cate ne rimane scossa, turbata, ma anche questa volta alla fine riesce a trovare un motivo per “ripartire”.

Ad offrirglielo, come già altre volte accaduto in passato, l’entusiasmo ed il sorriso contagioso del fratello Hamish, rimasto disabile a causa di una paresi cerebrale. È sempre lui, con la sua gioia di vivere, a darle la forza in un altro momento difficile, vissuto a fine del 2018, quando a Cate fu diagnosticato un melanoma. Hamish per tutti i suoi quattro fratelli (oltre a Bronte e Cate in famiglia ci sono anche Jessica e Abigail) è una presenza… preziosa. Malato, ma sempre apparentemente felice, rappresenta un monito silenzioso nei confronti dei fratelli, per ricordare loro che fortuna hanno ad avere delle opportunità, e per spingerli a cercare sempre di sfruttarle al massimo.

Anche grazie al suo “stimolo”, Cate e Bronte sono cresciute sviluppando una forte sensibilità nei confronti dei problemi degli altri. Cate, ad esempio, dopo la sua malattia è diventata ambasciatrice nazionale per la campagna MIA Melanoma March (iniziativa che da oltre dieci anni supporta la ricerca sul melanoma in Australia), mentre la sorella Bronte si da da fare per raccogliere fondi a favore dei giovani senzatetto del suo Paese. Come quando, nell’agosto del 2020, si è resa protagonista di un’esperienza del tutto particolare. Si è infilata in un sacco a pelo, con un cartone per coperta, e insieme ad altri campioni dello sport del suo Paese ha passato una notte dormendo con i “senzatetto”.

Da un lato, per avere lei stessa maggiore percezione di chi, più sfortunato di lei, si trova a vivere quotidianamente questa situazione, e dall’altro per sensibilizzare i suoi connazionali a fare qualcosa di concreto (come appunto la raccolta fondi messa in piedi in quella circostanza dalla fondazione Sport Stars Sleepout) in favore di tanti giovani che, sotto i 25 anni, si trovano in Australia in questa situazione (pensate che se ne stimano oltre 40.000).

Ma torniamo a Tokyo, e più precisamente allo scorso 25 luglio. Sono esattamente le 11.45 del mattino, secondo l’orario giapponese, quando la finale della staffetta 4×100 metri stile libero femminile prende il via. Bronte Campbell nuota la prima frazione, dando il cambio alla compagna di squadra Meg Harris in seconda posizione, appena dietro la svedese Sarah Sjostrom. La Harris via via rimonta la Svezia e, prima dei 200 metri, si porta in testa. Emma McKeon, terza staffettista australiana (nuotatrice che alla fine dei Giochi a cinque cerchi di Tokyo avrà portato a casa la bellezza di quattro ori e tre bronzi, ndr), fa letteralmente il vuoto e per Cate Campbell, ultima frazionista, è un gioco da ragazzi portare l’Australia alla vittoria con il tempo finale di 3’29”69, nuovo record del mondo!

Probabilmente, senza aver prima visto Cate nuotare, Bronte non sarebbe mai entrata in una piscina. Probabilmente, senza l’aiuto di Bronte, Cate avrebbe smesso da un pezzo. Probabilmente, senza il supporto di un tifoso così speciale come il fratello Hamish, nessuna delle due sarebbe stata la scorsa estate a Tokyo per disputare l’ennesima Olimpiade vincente della carriera.

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