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Cultura > Maestri

Rileggiamo De Maistre

di Mario Spinelli

- Fonte: Città Nuova

Difensore, con eleganza, coraggio e ironia, della visione cattolica della storia, contro Voltaire e l’illuminismo. Letterato, diplomatico, ministro, morì dimenticato. Nel bicentenario della morte di nuovo è stato ignorato, anche dalle destre

Chi ha letto Joseph De Maistre? O Edmund Burke? O Monaldo Leopardi? O Frédéric Ozanam? Sono i maestri del pensiero reazionario, i guru storici della destra cattolica, i classici della conservazione ultramontanista e controrivoluzionaria. Quest’anno è l’occasione buona, per chiunque si interessi alle fonti della nostra cultura politica, di scoprire almeno il primo di questi autori. Che poi è il più noto, De Maistre, di cui ricorre il secondo centenario della morte (Torino 1821).

Chi era Joseph De Maistre? Un italiano nato a Chambéry nel 1753, quando la Savoia era ancora Regno di Sardegna. Fu un savoiardo francofono (ma parlava perfettamente italiano) come quasi tutti allora in Piemonte, inclusi i reali. E italiano-piemontese rimase sempre, pure come studioso e scrittore, entrando dopo la laurea in legge al servizio del re di Sardegna da diplomatico, poi da ministro, e rappresentandolo in varie capitali.

La missione più importante la svolse in Russia, a Pietroburgo, per 15 anni, dal 1802 al ‘17, periodo denso e travagliato che vide pure l’invasione di Napoleone e la cruentissima guerra successiva. Fu vicino allo zar Alessandro I e, col suo appoggio, da cattolico fervoroso e impegnato, ecumenico ante litteram, lavorò persino alla riunificazione tra cattolicesimo e ortodossia. Agli anni pietroburghesi risale la sua opera più famosa, appunto Les soirées de Saint-Pétersbourg, stampata nel 1821: altro bicentenario demaistriano. Che sui media quasi nessuno, e ciò vale per l’opera come per l’autore, si è degnato di ricordare.

In Russia De Maistre cercò di affidarsi a zar e nobili, alcuni dei quali convertiti da lui al cattolicesimo, per anticipare il ripristino, già nell’aria, della Compagnia di Gesù, soppressa nel 1773 su istanza di alcune corti. Questa simpatia controcorrente per i gesuiti gli procurò l’allontanamento dalla corte zarista e l’isolamento politico degli ultimi anni. Dopo aver brillato per decenni sulla scena politico-culturale europea Joseph morì in ristrettezze, con accanto la moglie, i 3 figli e pochi amici.

Nelle Serate pietroburghesi, capolavoro di De Maistre e della letteratura reazionaria del primo ‘800, si immaginano 12 colloqui (forse si svolsero davvero) fra un senatore russo ortodosso e filo-illuminista, un cavaliere francese sfuggito alla ghigliottina ma dalle idee confuse, e un conte cattolico saggio e autorevole, alter ego dell’autore. I 3 dibattono ogni sera, fino a mezzanotte, su temi, problemi e ideologie del momento, accalorandosi ma sempre calmati e invitati alla ragione e alla pacatezza dal dignitoso conte. Che difende con eleganza, coraggio, ironia, argomenti e indipendenza la visione cattolica di De Maistre, contrario non alla Rèvolution in sé, ma alle sue contraddizioni e degenerazioni. Ateismo e irreligiosità, anticlericalismo e persecuzione anticristiana, intolleranza e violenza, dispotismo, fanatismo e culto del “pensiero unico”, come lo chiamiamo ora.

Perciò il conte critica Voltaire, e all’obiezione del cavaliere francese secondo cui non vanno detestati i morti, egli replica fermo e indignato: «Voltaire è morto sì ma le sue opere sono ancora vive, e uccidono!». Radicalismo cattolico, non è il caso di scandalizzarsi, tanto più che c’è una buona dose di ironia, provocazione e paradosso.

Cose che arrivano al calor bianco nel primo Colloquio, dal titolo eloquente ed emblematico, Elogio del boia, “professionista” che per l’autore il giorno in cui sparisse sparirebbero moralità, ordine, rispetto della legge, timor di Dio e così via. Ma De Maistre non è per il ritorno senza correttivi all’Ancien Régime, che riconosce in parte disumano. Vuole una nobiltà sana (ossimoro?), una corona (ineliminabile perché di diritto divino) integerrima e giusta, l’equità sociale, una Chiesa cristiana seria, il rispetto di tutti i valori e gli istituti tradizionali: famiglia, patria ecc.

Quanto al capo della Chiesa, di cui parla nell’altro capolavoro, Du Pape, il nostro savoiardo è un po’ profeta, sostenendo l’infallibilità (ma più estesa, politica anche, rispetto al Vaticano I) e, attualissimo, il magistero etico-sociale mondiale del Sommo Pontefice. Realtà quotidiana, oggi. Rileggiamo questo grande, rivediamolo pure un po’ qua e là, ma usiamolo per rieducare, non solo la destra ma tutti gli schieramenti politici.

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