L’amore è protezione dall’instabilità, dovrebbe essere associato a parole come scambio, crescita, piacere, reciprocità e non sempre è così!
Ogni legame è fonte di sicurezza e allo stesso tempo genera anche instabilità, la sofferenza che si prova all’interno di un rapporto di coppia a volte ha un senso, ci porta verso dei passaggi e delle trasformazioni che fanno crescere l’individuo e la relazione, altre volte, diventa un campanello d’allarme di un malessere stagnante che non si evolve.
I fattori determinanti possono essere molteplici, può essere una fase che accresce la consapevolezza delle proprie dinamiche relazionali o una nuova tappa nel percorso di coppia, in tal caso, ha un senso. Diversamente se si resta nella sofferenza senza vederne una fine o se si attivano alcune dinamiche svalutanti, allora, forse, possiamo essere in presenza di un amore tossico (che non chiamerei neanche amore!) in cui si tortura se stessi e l’altro.
In questo caso si attivano vari comportamenti come, per esempio, esercitare un potere sull’altro, avere mancanza di fiducia, o la minaccia costante di andarsene via. Alcuni di questi comportamenti disfunzionali vengono così definiti:
– Gosting: esserci e non esserci a piacimento, comportarsi da fantasma.
– Love bombing: cercare di impressionare usando profferte esagerate di attenzioni per compensare momenti di assenza e disinteresse.
– Stashing rinchiudere il partner in una sorta di bolla, isolandolo dal resto del mondo, tenendolo segreto ad amici e conoscenti.
– Benching: lasciare “in panchina” un partner con cui non si ha intenzione di costruire un rapporto solido, ma che si vuole tenere legato comunque a sè.
Il gioco dell’amore tossico cattura entrambi i partner che alternano le parti della vittima e del persecutore, in una dinamica di co-dipendenza a vari livelli. Si attivano dinamiche di potere, frustrazione e infelicità. Penso a Marika che mi dice: «per vedere la mia amica devo chiedere il permesso al mio compagno, se approva, posso andare», oppure Teresa che mantiene segreto il fidanzato ai colleghi di lavoro e non sa (da anni) se vuole costruire un futuro insieme a lui, eppure, mantiene il legame.
La relazione può diventare una prigione quando uno dei partner di scolorisce giorno dopo giorno, perde il senso e l’autostima, diventa insicuro e non ha più chiara la propria identità. Poi c’è Giuseppe che ha continuamente timore che la sua fidanzata gli nasconda qualcosa, la chiama continuamente, controlla il suo telefono e la messaggeria, monitora quando è online e con chi parla.
Adriana si veste come piace a Cristiano, si vede solo attraverso ai suoi occhi e quando non viene approvata si sente a disagio. Tra le azioni problematiche subentrano anche tutte le molestie morali, fatte attraverso insulti e minacce, svalutazioni, sfruttamento da parte di uno dei due partner. In alcuni casi si arriva a violenze e maltrattamenti fisici, fino purtroppo a ciò che i racconti di cronaca ci riportano quasi quotidianamente come femminicidi.
Come uscire da una relazione tossica? Per prima cosa, occorre rompere il segreto, introdurre un testimone, amico, comunicare la situazione a qualcuno di fiducia. Per riconoscere che un rapporto è malato ci vuole coraggio! Poi si può lavorare su se stessi, sui propri desideri e progetti, affrontando l’insicurezza che si sente, la paura di restare da soli, di essere indipendenti. Fuori dalla relazione tossica, passo dopo passo, si cammina verso una nuova autonomia e si ricostruisce un senso identitario. La psicologa Umberta Telfener esperta di questo argomento afferma che «le relazioni tossiche vanno spezzate. Non possono essere cambiate dal loro interno».