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CN+ Vorrei dare un abbraccio

di Aurora Nicosia

In un momento così complicato, in cui la povertà dilaga e gli ultimi sono sempre più ai margini della società, alle soglie di un Natale come nessuno si sarebbe mai aspettato, ci rimane una cosa: il calore umano di un abbraccio. Anche pensato, va bene lo stesso. Il punto del direttore Aurora Nicosia nel numero di dicembre di Città Nuova, letto da Luigia Coletta.

(AP Photo/Emilio Morenatti)

Vorrei dare un abbraccio. Sì, vorrei proprio darlo (e magari riceverlo) e non credo di essere l’unica ad avere questo desiderio. Vorrei darlo prima di tutto agli anziani che, più di tutti – in particolare quanti vivono nelle case di riposo o sono ricoverati –, credo stiano sopportando il peso dell’isolamento fisico imposto dal Covid.

Vorrei darlo a tutti quelli che si curano di loro, nelle strutture o in famiglia che sia. Vorrei abbracciare i bambini verso i quali noi adulti dovremo trovare – e sono certa troveremo – il modo di non far mancare la “magia” del vero Natale.

Vorrei dare un abbraccio a tutti coloro che possiamo considerare vittime della cultura dello scarto: i poveri, i disabili, gli immigrati, i senzatetto. Non vorrei dimenticare quelli che fanno fatica ad accogliere, a dialogare, ad accettare qualsiasi tipo di diversità; quelli che credono di possedere la verità; coloro che non sanno guardare oltre i confini della propria persona o, al più, della propria famiglia. A tutti costoro destinerei un abbraccio planetario, l’unico cerchio entro il quale chiuderci.

Mi piacerebbe abbracciare tutti quelli che devono prendere decisioni difficili, talora impopolari, per il bene della collettività e lo fanno, magari sbagliando, ma con coraggio. E anche a quelli che si sottraggono a questo dovere, o addirittura strumentalizzano la situazione per trarne vantaggi in termini di gradimento, vorrei far arrivare qualcosa che scaldi il cuore a vantaggio della testa.

Idem per i tanti negazionisti della storia di ieri e di oggi. Vorrei dare un abbraccio a tutti quelli che, in un modo o nell’altro, stanno pagando per gli errori commessi – magari perché nessuno li ha abbracciati e non perché un virus lo abbia impedito –. Sono certa che questo li aiuterebbe a ricominciare.

L’ultimo (non per importanza) abbraccio disponibile in queste righe non potevo non riservarlo a quelli che abbiamo chiamato gli eroi della prima ondata e che in questa seconda ondata stanno invece subendo addirittura l’onta del disprezzo: tutti gli operatori sanitari che oltre ogni forza umana stanno a ricordarci che ogni persona ha un valore altissimo e che vale la pena fare di tutto per salvarla.

In questo Natale, che sarà senza precedenti, ricordiamoci, infine, che un abbraccio l’abbiamo tutti ricevuto, a dispetto del Covid: quello di Dio che si è fatto bambino per dirci che gli stiamo a cuore. A noi decidere come e a chi restituirlo, anche se simbolicamente!

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