Sono in difficoltà, a volte, a decidere dove buttare certi rifiuti. La carta da forno è carta?
di Elena Pace
Sono in difficoltà, a volte, a decidere dove buttare certi rifiuti. La carta da forno è carta?
Una domanda semplice che apre un discorso articolato. La carta da forno non è solo “carta = cellulosa”, ma è carta trattata in vario modo. Quindi non si può riciclare come carta. In genere è siliconata, cioè vi sono uno o due strati di silicone oppure, se è carta pergamena, è trattata con agenti chimici come l’acido solforico.
Dalle istruzioni presenti sulle confezioni di carta da forno (che pochi leggono) si nota che vanno osservati alcuni accorgimenti: evitare che trasbordi e che venga a contatto con le pareti del forno, non utilizzare con il grill acceso, non superare la temperatura di 220°. In pratica evitare che si bruci o comunque raggiunga temperature in cui si possano contaminare gli alimenti. Viene dato anche un ulteriore consiglio e cioè quello di bagnarla e strizzarla, per farla aderire bene. Aggiungerei che, essendo inumidita, in realtà questo è l’unico modo per rallentarne la combustione.
Ma se volessimo, per spirito ecologico, diminuire la quantità di rifiuti non riciclabili (che quindi vanno bruciati con tutte le conseguenze del caso) cosa possiamo fare? A mio parere dovremmo fare delle scelte più sostenibili, scegliendo le carte da forno naturali in fogli, oppure le carte da forno riutilizzabili. Senza escludere il ritorno ai metodi di una volta.
Indirizzare quindi, con le nostre scelte, i produttori a creare articoli che, dopo l’uso, siano riciclabili.
Infatti diminuire i rifiuti indifferenziati è un imperativo perché, come si legge nel rapporto di Legambiente Rifiuti zero, impianti mille (vedi qui) il rapporto tra le discariche e gli impianti di riciclo è assolutamente inadeguato.
Come dice Papa Francesco nella Laudato Sì: «La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia […] Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura. […] Stentiamo a riconoscere che il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare: le piante sintetizzano sostanze nutritive che alimentano gli erbivori; questi a loro volta alimentano i carnivori, che forniscono importanti quantità di rifiuti organici, i quali danno luogo a una nuova generazione di vegetali.
Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare.
Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero» (LS 21,22).
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