Più di un anno fa il primo ministro australiano Anthony Albanese riceveva la lettera di Kelly O’Brien, madre di una dodicenne suicidatasi dopo essere stata vittima di bullismo a scuola.
Il premier Albanese dice che quella lettera è stato un fattore determinante nella sua decisione di alzare l’età di accesso ai social media dai 13 ai 16 anni. La nuova legislazione continua a riscuotere consenso tra gli australiani, e ha suscitato ampio interesse a livello globale. L’azione di un gruppo di genitori, figure dei media ed esperti, decisi ad affrontare il problema creato dai giganti dei social media, ha convinto i politici.
La legge è volta a proteggere i ragazzi dal doomscrolling e dai rischi per la salute mentale potenzialmente causati dalle piattaforme social durante la fase di sviluppo, e che costituisce una delle crisi sanitarie in più rapida crescita al mondo.
ll doomscrolling è l’abitudine compulsiva di scorrere incessantemente i feed di notizie e i social media alla ricerca di contenuti negativi. Viene alimentato da algoritmi che favoriscono emozioni forti per mantenere gli utenti agganciati.
Oggi il 95% dei ragazzi tra i 13 e i 17 anni nel mondo è presente sui social media. Nonostante l’essere così interconnessi, il 40% degli adolescenti australiani parla di solitudine. Uno su sette è stato adescato da adulti o ragazzi più grandi, e oltre la metà è stato vittima di cyberbullismo.
Dal 10 dicembre 2025, le piattaforme non potranno permettere l’accesso ai minori di 16 anni (oltre 2 milioni in Australia) e dovranno anche eliminare i loro account già esistenti, pena multe fino a 50 milioni di dollari australiani (29 milioni di euro).
L’obiettivo è regolamentare le interazioni legate al gaming, gli algoritmi che alimentano ossessioni malsane, e le dinamiche di condivisione sui social network che consentono il bullismo online. Molte delle piattaforme più popolari hanno queste caratteristiche.
Attualmente sono incluse dieci piattaforme: Facebook, Instagram, Snapchat, Threads, TikTok, X, YouTube, Reddit e le piattaforme di streaming Kick e Twitch. L’elenco può cambiare giacché le aziende sono sottoposte dal governo a continue verifiche.
Il governo monitorerà altri dati alla ricerca di segni di miglioramento della salute mentale negli adolescenti e di eventuali cambiamenti nei risultati scolastici. Una revisione della legge è già prevista per il 2027.
I critici ritengono che le norme appena varate siano state una reazione populista e impulsiva a un problema complesso. C’è il rischio anche che limitando l’accesso, si renda più allettante il desiderio di accedervi e di trovare il modo per aggirare le restrizioni.
Ciò che è sicuro, è che le aziende perderanno enormi profitti. Secondo l’ex dirigente di Facebook, Stephen Scheeler, “Meta impiega circa un’ora e 52 minuti per guadagnare 50 milioni di dollari australiani”.
Secondo Scott Galloway, dell’Università di New York, «finché l’impatto negativo sul prezzo delle azioni causato dalla cattiva pubblicità dei suicidi e della depressione tra gli adolescenti è inferiore all’impatto positivo delle entrate pubblicitarie incrementali ottenute attraverso la manipolazione algoritmica senza restrizioni degli adolescenti, la cosa razionale da fare, nell’interesse degli azionisti, è combattere i requisiti di verifica dell’età». Questa è la ragione per cui finora non ci sono state reali misure di sicurezza.
Con questa legge, le piattaforme di social media, che traggono incredibili profitti dai loro utenti, sono obbligate a farsi carico della loro responsabilità sociale.
Il divieto da solo non è però una soluzione miracolosa. C’è bisogno di una migliore educazione e fornire agli adolescenti gli strumenti necessari per gestire i social media quando iniziano a usarli a 16 anni. Ci vorranno anni per valutare i risultati.
La legge apre una discussione più ampia sull’impatto della tecnologia nella vita delle persone, adulti inclusi. E certamente può cambiare la vita di una generazione.