Dal 21 al 23 novembre scorsi si è svolto a Firenze il seminario internazionale Quale cultura della relazione per educare alla pace?, promosso da EdU, rete di persone impegnate nella ricerca pedagogia e nella pratica educativa che punta a evidenziare il potenziale dell’educazione nel realizzare un mondo più unito e fraterno.
È risultata particolarmente azzeccata la location: la splendida sala Teatina, rinnovata di recente secondo criteri di luce, di colore e di sapiente mixage etnico, e gli altri ambienti del Centro Internazionale La Pira di Firenze, che da decenni si dedica agli studenti stranieri presenti nella città.

Erano partner dell’evento, l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, New Humanity, (organizzazione non governativa, collegata con le Nazioni Unite, la Fao, l’Unesco e l’UNEP, United Nations Environment Programme) e lo stesso Centro La Pira, in collaborazioni con altre reti di studiosi quali SocialOne, per la Sociologia, NetOne, per la Comunicazione, EcoOne, per l’Ecologia. Hanno partecipato anche l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, il progetto Mediterranew, l’università Cattolica Boliviana, Living Peace e LIPA (Laboratorio di investigazione prosociale spagnolo). Elencare le partnership ci è sembrato importante per indicare l’ampio orizzonte di confronto e l’alto livello del dialogo intercorso fra i partecipanti.
Mimma Siniscalco, responsabile internazionale di EdU, ha introdotto il seminario e, nei tre giorni del convegno, tenuto le fila. Dopo i saluti di Marco Salvatori, presidente del Centro Internazionale La Pira e di Declan O’Byrne, Rettore dell’Istituto Universitario Sophia, la prima sessione – coordinata dal prof Giuseppe Milan, professore onorario di Pedagogia interculturale all’Università di Padova, e docente di Pedagogia dell’incontro all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano – si è aperta con quattro relazioni che hanno proposto uno sguardo su quanto succede oggi nel mondo dell’educazione, con le tendenze globali, le sfide e anche piste di risposta. Andreas Schleicher, direttore di Education and Skills dell’OCSE, ha illustrato, attraverso dati internazionali, le tendenze con cui si confrontano i sistemi scolastici a livello globale, ma ha anche aperto alla speranza, illustrando la prospettiva di senso che la scuola dovrebbe e in molti casi riesce a promuovere. Elena Marta, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha mostrato, con dati delle ricerche dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, collegato alla sua università, i desideri, i bisogni e le risorse dell’attuale generazione giovanile, che, nonostante le apparenze, è alla ricerca di qualcosa che dia senso e direzione alla propria vita. Carina Rossa, ricercatrice presso la LUMSA di Roma e membro del Comitato Global Compact on Education, ci ha illustrato come i 7 impegni voluti da papa Francesco siano stati ampliati da papa Leone con altri 3 punti, come completamento per l’Educazione integrale. Marco Salvatori, attraverso la storia del Centro La Pira, ha mostrato come a livello locale ci si possa confrontare con problemi globali.
La seconda sessione, coordinata da Catherine Belzung (Università Di Tours) ha guardato alla cultura della relazione dalla prospettive di diverse discipline: Stefania Papa, docente di Ecologia all’Università Vivarelli della Campania, ha proposto uno sguardo sul tessuto di relazioni che caratterizzano gli ecosistemi naturali, portando ad interrogarsi sulle possibili analogie tra questi e i sistemi umani; Silvia Cataldi, docente di Sociologia presso La Sapienza di Roma, ha parlato dell’ambivalenza delle relazioni sociali; Pal Tòth, docente Comunicazione sociale al già citato Istituto Universitario Sophia, ha introdotto il discorso sulle “capacità necessarie per un dialogo trasformativo”; Mimma Siniscalco, che lavora come esperta esterna per l’INVALSI, ha tracciato i contorni di scuole e di una pedagogia che punta a fraternizzare il tessuto sociale.

Alcuni dei partecipanti al seminario in una foto finale nella Sala Teatina del Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira
Nelle due sessioni successive – coordinate rispettivamente da Luca Agostinetto, professore di Pedagogia generale e sociale all’università di Padova, e da Maria Teresa Cervi, insegnante – esperienze e riflessioni educative nate nel solco della spiritualità dell’unità sono state messe in dialogo messe in dialogo con altre, tutte esempi concreti e incarnati di percorsi educativi convincenti e atti a generare uomini e donne di pace.
Le scuole Bukas Palad delle Filippine, di cui ha parlato Malu Villafane, la scuola Raggio di Sole della Slovenia, con una ricerca presentata da Janez Snoj, le scuole Petite Flamme e la Maison de Paix della RDC, presentate da un video e da Fidela Kilanda, e una riflessione sulla categoria di comunione e la sua pertinenza in ambito educativo proposto da Teresa Boi, pedagogista ed insegnante, sono state messe in dialogo con le scuole Penny Wirton per insegnare italiano agli immigrati di cui ha parlato Eraldo Affinati loro fondatore, docente e scrittore, il lavoro svolto Alfonso Alarcon in Bolivia con le comunità transdisciplinari di apprendimento, l’approccio tras-formativo al conflitto del “Metodo Rondine”, illustrato da Benedetta Sonaglia insieme a Mariam Babayan e il modello di curricoli basati sulla prosocialità sviluppato da Robert Roche in collaborazione con Pilar Escotorin.
Altre esperienze e progetti di ricerca hanno trovato spazio attraverso la presentazione di poster – introdotta da Juan Garcìa Gutiérrez, dell’Università Nazionale a Distanza (UNED) di Madrid – appesi nelle belle sale del Centro La Pira e illustrati dai protagonisti con ricchezza di particolari.

Il convegno si è chiuso con Arnoldo Mosca Mondadori che ha parlato del suo straordinario progetto “Metamorfosi”, attraverso cui i legni delle barche di migranti che approdano a Lampedusa sono trasformati in strumenti ad arco nei laboratori di liuteria creati nel carcere milanese di Opera e in quelli di Monza (MB) e di Secondigliano (NA).
Alle sue parole ha fatto eco la musica di Bach suonata dal violoncellista Issei Watanabe su uno degli strumenti dell’“orchestra del mare” nata da questa iniziativa, canto struggente di dolore e possibile rinascita.
I tre giorni, di alto livello scientifico, pedagogico e umano, hanno ridato ai partecipanti, nell’attuale crisi di valori e di riferimenti, motivi di speranza e nuova volontà di dialogo, confronto ed elaborazione comune di percorsi che possano generare persone di pace, che non negano i conflitti, ma sanno attraversarli e riprendere slancio verso la costruzione di un’umanità più umana.