I più giovani certamente non se lo ricordano, ma Carosello rimane un pilastro portante nella storia della televisione italiana. Almeno in quella del ‘900. È stato un programma televisivo sui generis, costruito con cortometraggi funzionali alla reclamizzazione di prodotti commerciali. Eppure, con le sue storie (in)dipendenti dal messaggio pubblicitario − sottoposto allora a regole molto più rigide e restrittive di oggi −, Carosello è stato incredibilmente capace di entrare nel cuore degli italiani, da quel 3 febbraio del ’57 in cui partì, fino al primo gennaio del ’77, giorno della sua ultima messa in onda.
Vent’anni di siparietti accattivanti, di personaggi popolari e gustose situazioni comiche che coinvolgevano lo spettatore, il quale, solo alla fine dello sketch incontrava la promozione del prodotto. Col suo intrattenimento bonario, i suoi modi pacati di accompagnare la crescente società dei consumi, Carosello andava in onda tutti i giorni dopo il telegiornale della sera, col suo bianco e nero epocale, oggi quasi poetico, con le narrazioni tanto apprezzate dai bambini quanto capaci di tenere incollati allo schermo più di 10 milioni di italiani, con picchi che si avvicinarono ai 20.
Il cinema racconta con Carosello con un frammento di commedia interessante, tratto da un episodio del film collettivo Ro.Go.Pa.G., del 1963, ovvero Il Pollo ruspante di Ugo Gregoretti, nel quale il personaggio interpretato da Ugo Tognazzi compra di continuo prodotti reclamizzati e si è svenato per un nuovo televisore. Rimane perciò di stucco quando proprio Carosello, con la sua innocenza relativa, gliene propone prontamente un altro più moderno del suo. Non possiamo definire questo spezzone di commedia nostrana come un vero e proprio omaggio alla magia di Carosello, piuttosto come uno sguardo in controluce − all’italiana − dell’Italia che era. Lo è invece, senza dubbio, il film per la Tv che domenica prossima, 30 novembre, in prima serata su Rai1, renderà tributo a questo piccolo, grande programma trasmesso su quello che allora era chiamato Programma Nazionale. Si chiama Carosello in love ed è prodotto da Grøenlandia in collaborazione con Rai Fiction. Diretto da Jacopo Bonvicini, è interpretato da Giacomo Giorgio e Ludovica Martino, entrambi nei panni di due giovani che vivono in modo diretto, professionale, l’esperienza di Carosello.

Giacomo Giorgio (ph Grøenlandia)
Lui, Mario, ne è il regista, inizialmente più per esigenze economiche che per vero trasporto, vista l’attrazione dichiarata per il grande schermo. Lei, invece, Laura, è da principio appassionata di Tv, anche se viene assunta con mansioni semplici ed è mestamente e ingiustamente utilizzata come portatrice di caffè da una cultura maschilista del lavoro che investe, in qualche modo, anche il suo capo. Il quale, però, si mostrerà intelligente abbastanza per riconoscere il talento cristallino della donna che riuscirà, messa alla prova, a diventare autrice del programma e a scriverne la storia. Attraverso questi due personaggi − to work e in love − seppure il loro amore sia complicato e intrappolato in equivoci e altri (reciproci) percorsi sentimentali, viene ricostruita, con le atmosfere della favola storica, qua e là aspra e sempre imbevuta nei cambiamenti nel costume nazionale, la biografia di Carosello: la sua storia cresciuta giorno per giorno, dagli albori del piccolo schermo nazionale, nei bar, con la gente che si portava le sedie da casa, all’arrivo delle Tv private.

Ludovica Martino (ph Grøenlandia)
In mezzo le caratteristiche, la crescita, l’essenza e il tramonto dello storico programma Rai. Un’opera nostalgica, certamente, Carosello in love, con gli arredi, i colori e gli oggetti di quel ventennio di grandi cambiamenti, ma anche un’operazione didattica, nella sua forma di Bignami confezionato coi costumi, le auto e le storie private dei protagonisti, avvolte, loro stesse, in un’Italia in continuo divenire.
È per questo anche un lavoro sulla memoria, Carosello in love: quella con la m minuscola, del costume, appunto, ma comunque importante, di quel come eravamo qui ammorbidito, compresso, ma lo stesso in grado di farci tornare, senza troppa verticalità, sul nostro vissuto collettivo. È in sostanza un prodotto metatelevisivo, nella sua vistosa semplicità, Carosello in love, come lo è stato, poco tempo fa, un altro film Tv sulla nascita della televisione italiana: La luce nella masseria, anche quello recensito su cittanuova.it.