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Cultura > Personaggi

Ciao, Ornella

di Franz Coriasco

- Fonte: Città Nuova

Ornella Vanoni, una delle icone più significative della canzone italiana s’è spenta per un arresto cardiocircolatorio nella sua casa milanese. Aveva 91 anni

Una foto combo con alcuni scatti non datati dell’archivo dell’Ansa mostra Ornella Vanoni durante diversi momenti della sua lunga carriera. 22 novembre 2025. ANSA

Tra le grandi signore della canzone italiana, la Vanoni era quella che incuteva più timore ad intervistarla, perché era sempre preceduta da quell’aura, insieme austera, snob e tagliente, tipica delle dive inarrivabili. Ma le sue interviste erano anche fra le poche ad uscire dai cliché, mediamente banalotti, che farciscono le cronache dello show-business, capace com’era di autoironia e sagacia, di profondità di pensiero, e di quella sua autenticità spesso spiazzante che la rendevano, alla fin fine, amabile e preziosa per tutti, perfino irresistibilmente simpatica nei suoi ultimi anni.

Una carriera, la sua, lunga più di 70 anni; iniziata come sciantosa della mala quando era poco più di una ragazzina. Era bellissima, tremendamente sensuale e supportata da uno stile interpretativo assolutamente unico; e ha continuato ad esserlo anche negli anni epici della tivù in biancoenero, di Studio Uno, Canzonissima e di Sanremo, e tuttavia fin dalle sue prime imprese risultava chiara la sua “anomalia”, un’ammaliante irregolarità che poco c’entrava coi lustrini del pop italiota. Lo dimostravano anche le frequentazioni con artisti di gran fama: da Giorgio Strehler (i suoi esordi nel ‘56 avvennero con lui al Piccolo Teatro) a Dario Fo, e all’inizio della decade seguente, Gino Paoli col quale ebbe una lunga e travagliata relazione sentimentale, ma anche gravida di frutti artistici che ne spostarono il baricentro espressivo sempre più verso la canzone d’autore. Un connubio suggellato da un classico immortale come Senza fine, ma che proseguì anche nel nuovo millennio, con canzoni e reunion memorabili.

Ornella la rossa era figlia di un’industriale e aveva studiato dalle orsoline e nei migliori collegi in Svizzera, Francia e Inghilterra. Ma la sua visione del mondo si era spostata in fretta verso il socialismo, e sia pure in un modo tutto suo, l’ex ragazza della mala si dimostrava perfettamente a suo agio anche nei circoli intellettuali di più alto profilo. Ma era una sempre impegnata a sfuggire ai cataloghi e alle gabbie. E quasi a ribadirne la proverbiale originalità, negli ultimi anni si era convertita al cristianesimo pentecostale.

Oltre al sodalizio con Paoli, nei ’60 erano arrivate altre collaborazioni di gran lusso, con Tenco, Bindi, Lauzi, e ancora Cocciante, Dalla, e una pattuglia fra i più bei nomi del cantautorato carioca: Roberto, Carlos Vinicius De Moraes, Toquinho, Jobim, Chico Buarque. Una vera musa dei cantautori che in lei trovavano le suadenze e le eleganze interpretative perfette per molti dei loro capolavori. Perché la sua voce aveva dentro gli artigli e le carezze, le prelibatezze da gourmet e gli aromi forti delle osterie.

Intanto continuava ad alternare ai dischi e alle tournée, apparizioni teatrali e show televisivi a certificare un eclettismo e una varietà di registri davvero notevoli. Negli anni ’80 si fece lei stessa cantautrice, sostenuta da altri collaboratori di vaglia, primo tra tutti Sergio Bardotti. Ma non disdegnava anche raffinate parentesi jazz, a duettare con mammasantissima del calibro di Gerry Mulligan, Gill Evans, Herbie Hancock, Lee Konitz.

Nel 2008 a suggellare i 50 anni di carriera, arrivò un album, Più di me, duettato con la crema del made in Italy musicale, da Mina a Baglioni, dai Pooh a Jovanotti. Ma il suo curriculum sterminato continuò ad arricchirsi anche negli anni seguenti con altre collaborazioni prestigiose, altri dischi, tournée; alla fine i suoi album saranno una quarantina cui sono da aggiungersi una trentina di show televisivi, 13 apparizioni a Sanremo (in gara o come superospite), una decina di film, tantissime tournée teatrali.

Inimitabile quanto inconfondibile, l’Ornella nazionale si è spenta poco a poco (una condizione fisica andata via via deteriorandosi in questi ultimi anni), ma senza mai perdere il gusto per le battute al vetriolo (anche su di sé), e quel disincanto che solo i grandi vecchi possono permettersi senza apparire lagnosi o pedanti. Nel suo libro-confessione Vincente o perdente, uscito nel giugno di quest’anno, scriveva: «Ho avuto una vita difficile e dolorosa, e bella, bellissima, gioiosa. Ho avuto tutto».

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