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Riarmo e opinione pubblica, una partita aperta

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

L’ala riformista del centro sinistra è da sempre schierata a favore del piano predisposto dalla von der Leyen, nonostante la refrattarietà di una parte della società italiana. Il compito educativo che spetta alle classi dirigenti secondo l’associazione Libertà Eguale e la posizione in mezzo al guado del Pd, con la segreteria Schlein in bilico dopo il bilancio complessivo delle elezioni regionali

Riunione Consiglio supremo di Difesa, Roma, 17 novembre 2025. Foto Qurinale

Sulla questione del riarmo e della guerra esiste una lacerazione profonda all’interno della società italiana. E la cosa non può non influire in campo politico.

Lo dimostra l’intervista pubblicata su cittanuova.it all’europarlamentare Marco Tarquinio che esprime, assieme, ad esempio, alla sua collega Cecilia Strada, un orientamento di netta minoranza all’interno del gruppo dei Socialisti e Democratici che siede a Strasburgo.

È simile la condizione di Cristina Guarda all’interno del gruppo parlamentare dei Verdi. Ma in questo partito  la divisione avviene in base alla provenienza nazionale con i mediterranei schierati in maniera opposta ai rappresentanti del Nord Europa.

In Italia, l’opposizione al piano di Riarmo europeo è decisamente minoritaria anche all’interno del Partito democratico. Sembra un apparente paradosso perché i sondaggi riportano una prevalente tendenza cosiddetta “pacifista” nell’opinione pubblica italiana e in particolare tra coloro che si definiscono di centro sinistra.

È un dato di fatto di cui appare consapevole il costituzionalista Stefano Ceccanti, esponente di punta dell’associazione Libertà Eguale che fa parte dell’ala cosiddetta riformista del Pd, schierata convintamente a favore della politica di riarmo europeo. Durante il convegno Le politiche di sicurezza dell’Unione Europea promosso a Livorno lo scorso 31 ottobre 2025,

Ceccanti ha esplicitamente espresso un “dovere educativo” che incombe sulla classe dirigente del Paese e in particolare dei dem nei confronti di un’opinione pubblica che sembra voler ignorare che la minaccia posta dalle autocrazie, e in particolare dalla Russia, non è temporanea ma permanente e si associa ora all’inaffidabilità degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump. Un’urgenza condivisa pienamente dagli esponenti di Libertà Eguale che provengono dall’ex Pci, Pds, Ds come Piero Fassino, Umberto Ranieri e Enrico Morando.

Per Fassino, nello stato attuale di “anarchia internazionale” dove l’ordine multilaterale è in profonda crisi, l’Europa ha una debolezza strutturale perché ha una “testa politica debolissima“, concentrata in un Consiglio europeo paralizzato dalla regola dell’unanimità, che rende quasi impossibile prendere decisioni rapide ed efficaci. Di fronte alla paralisi dei 27 stati europei, l’esponente dem propone di utilizzare lo strumento delle “cooperazioni rafforzate” cioè gruppi di Paesi “volenterosi” che decidono di procedere insieme su obiettivi comuni come la Difesa, lasciando ovviamente la porta aperta agli altri.

Questo gruppo di “volenterosi”, secondo Umberto Ranieri, dovrebbe affiancarsi alle istituzioni comunitarie e includere attori non-Ue come il Regno Unito, strategicamente cruciali. L’obiettivo finale da raggiungere sarebbe quindi la costruzione di un “polo europeo autonomo” dotato di una reale capacità di deterrenza, che includa anche un “ombrello nucleare europeo”.

Nella foto militari britannici in posa nella base Nato in Estonia. EPA/VALDA KALNINA

Si parla sempre, ovviamente, di un’autonomia ben delimitata dal fatto di essere un pilastro europeo della Nato, ma la proposta più interessante emersa dal convegno è quella espressa dallo studioso Federico Fabbrini che ha invitato a tener conto della validità del trattato della Comunità europea di Difesa varato nel 1954 e che quindi può essere ancora ratificato dai singoli stati. Di certo uno strumento politico in grado di mobilitare l’opinione pubblica rievocando il progetto dei padri fondatori dell’Europa, da Spinelli a De Gasperi.

Ma tale prospettiva può avere successo, come ha precisato Enrico Morando, presidente di Libertà Eguale, solo a partire da un’azione politica e culturale mirata a orientare l’opinione pubblica e a fornire una linea strategica chiara alle forze politiche e a quelle progressiste in particolare. Le associazioni e i partiti riformisti hanno perciò, in tale ragionamento, un “compito pedagogico” fondamentale, perché senza un’adeguata “mobilitazione popolare” qualsiasi piano di investimento sul riarmo è destinata al fallimento. Morando aderisce alle conclusioni del vertice Nato del giugno 2025 sul fatto che la Russia di Putin «costituisce una minaccia di lungo periodo per la sicurezza dell’Europa» e ricorda come fuorviante la famosa espressione di papa Francesco sulla Nato che «abbaia alle porte della Russia» come causa concomitante della guerra in Ucraina.

Il presidente di Libertà Eguale cita pertanto con soddisfazione la posizione del gruppo parlamentare europeo dei Socialisti e Democratici secondo cui «la sicurezza dell’Europa richiede investimenti immediati, sostanziali e congiunti. Il Piano Rearm Ue è un punto di partenza».

Per consolidare tale narrazione è importante, per Morando, superare la falsa dicotomia tra spese militari e welfare, perché «senza la difesa non ci sono le scuole, non ci sono gli ospedali», come hanno ribadito altre esponenti dem intervenute al convegno di Libertà Eguale: dalla vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picerno, alla vicepresidente della commissione Esteri della Camera dei deputati, Lia Quartapelle.

In questo senso Morando è perfettamente in sintonia con il cancelliere Merz sulla necessità di predisporre «aiuti massicci alla resistenza Ucraina, che combatte anche per noi» nella consapevolezza che «l’esito della guerra in Ucraina determinerà se la legge e l’ordine continueranno a prevalere in Europa, oppure se prevarranno la tirannia, la forza militare e il puro diritto del più forte».

Ursula von der Leyen e il cancelliere tedesco Friedrich Merz prima di un incontro della NATO. EPA/OLIVIER HOSLET

L’esito del Consiglio supremo di Difesa radunatosi al Quirinale lunedì 17 novembre 2025 va in questa direzione di sostegno militare a Kiev, confermando quella consonanza trasversale che Avvenire definisce l’asse Mattarella Meloni, anche se poi dalla dirigenza di FdI è partito uno strano attacco diretto al presidente della Repubblica.

È chiaro, infatti, che l’ampia argomentazione espressa da Libertà Eguale appare, ad esempio, in perfetta consonanza con un recente convegno su Tre anni di guerra in Ucraina promosso il 7 novembre a Roma dalla Fondazione De Gasperi guidata dall’ex ministro Angelino Alfano, ma non con Elly Schlein, che a proposito del conflitto in Ucraina ha detto in sostanza: «Noi non siamo con Trump e il suo falso pacifismo, e non siamo con l’Europa per continuare la guerra».

Alla segretaria nazionale del Pd, infatti, la componente riformista, che ha ottenuto la maggioranza del voto tra i tesserati del partito, contesta un allineamento troppo stretto anche in questo campo con la Cgil di Maurizio Landini e una rincorsa a sinistra con il M5S che a livello europeo aderisce al gruppo della Left.

Elly Schlein con il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. ANSA/ANGELO CARCONI

In tale scenario, appare chiaro che il futuro della dirigenza del Pd sarà deciso dalle prossime elezioni regionali in programma in Veneto, Puglia e Campania. Gli equilibri instabili dei partiti a livello locale, assieme al crescente astensionismo, potrebbero condurre, in caso di grave perdita alle urne, ad una uscita di scena della Schlein. Ad ogni modo le elezioni non possono essere prese come un test dell’orientamento degli elettori verso il riarmo, perché il Pd non ha impostato la propria campagna elettorale su tale questione, che tra l’altro si rivela decisiva in termini di spesa pubblica, lasciando il tema aperto alle diverse declinazioni. Un fatto che spiega, forse, il mistero dell’enorme astensionismo come spia della crisi profonda della democrazia.

La conta sull’efficacia dell’attività pedagogica della corrente riformista del centro sinistra a favore del riarmo è quindi da rimandare alle prossime elezioni politiche del 2027, se lo scenario internazionale permetterà ancora una reale libertà di scelta.

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