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Da Zohran Mamdani a Rob Jetten: i giovani si prendono la scena politica

di Fabio Di Nunno

- Fonte: Città Nuova

Fabio Di Nunno, autore di Città Nuova

Le elezioni in Olanda e a New York mettono sotto i riflettori giovani leader progressisti

Il leader del partito D66 (Democratici) Rob Jetten parla ai media durante un incontro con il presidente della Camera dei rappresentanti olandese Martin Bosma e i leader di altri partiti all’Aia, Paesi Bassi, 4 novembre 2025. Foto: EPA/SEM VAN DER WAL via Ansa

Le destre arretrano e il centro (sinistra?) avanza. Questo è il messaggio passato sui media dopo le elezioni nei Paesi Bassi e a New York. Due elezioni diverse, l’una per guidare il governo olandese e l’altra per diventare sindaco della Grande Mela, ma entrambe foriere di energie positive e, soprattutto, giovani.

Proprio sulla positività è stata incentrata la campagna elettorale di Rob Jetten, leader del partito di centro e liberale D66, che, alla giovane età di 38 anni, si accinge a diventare premier dei Paesi Bassi, poiché sta al primo partito la possibilità di formare una coalizione di governo e il suo leader sia il favorito per diventare primo ministro di un Paese stanco dalla politica tradizionale e dagli scandali degli ultimi anni.

Egli, tralasciando gli ostacoli che impediscono alla politica di raggiungere gli obiettivi che si prefigge e il fosco momento internazionale, si è concentrato su un messaggio positivo, promettendo di impegnarsi sulle politiche per la casa e l’educazione, dicendo agli elettori che con entusiasmo e un sano rigore olandese è effettivamente possibile raggiungere degli obiettivi.

All’indomani del voto, Jetten ha affermato di avere «dimostrato non solo ai Paesi Bassi, ma anche al mondo intero, che è possibile sconfiggere i movimenti populisti e di estrema destra». In realtà, i Paesi Bassi restano profondamente divisi. Infatti, il partito D66 è sì arrivato primo, ma subito seguito da Partito per la Libertà (PVV) di estrema destra, del quale Jetten si è presentato come un antagonista del provocatore leader del PVV, Geert Wilders. I due partiti sono agli antipodi e, al momento, nessun partito tradizionale vuole allearsi con Wilders.

Leggendo meglio i numeri, quindi, ci si rende conto che i partiti di estrema destra in Olanda sono tutt’altro che sopiti. Infatti, i partiti PVV, JA21 e FvD, nel complesso, hanno guadagnato un seggio rispetto alle elezioni del 2023, mentre un partito di destra come il Partito dei contadini (BBB) sta configurandosi sempre più come un partito di estrema destra. Ciò che emerge chiaramente dalla campagna elettorale è che le narrazioni e le idee dell’estrema destra sono ormai diventate dominanti nella politica olandese.

Basti pensare che il termine “remigrazione” (leggasi deportazione) si trovava nei programmi elettorali di cinque partiti. I partiti di destra si sono dimostrati straordinariamente efficaci nel mobilitare sentimenti di malcontento, paura e frustrazione, sia sui media che online.

Indietreggiano i liberali di centro-destra del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), tengono i Cristiano-democratici di Henri Bontenbal, che aveva incentrato la sua campagna elettorale sullo slogan di “un Paese decente”, mentre crollano i socialisti di Frans Timmermans, in coalizione con i verdi. Il più grande partito di opposizione non è riuscito a convincere gli elettori a sostenerlo e ha addirittura perso seggi, nonostante si trovasse di fronte al governo di più estrema destra della storia olandese e al caos politico che ne è derivato. Timmermans si è subito dimesso ed è stato eletto a succedergli Jesse Klaver, di 39 anni.

Se non altro assistiamo ad un’ascesa di una nuova generazione di giovani politici. Questo potrebbe essere positivo per segnare un cambio di passo in molti partiti del vecchio continente, alquanto arrugginiti.

Il sindaco eletto di New York City Zohran Mamdani parla durante una festa elettorale organizzata dal candidato democratico nel distretto di Brooklyn a New York, Usa, 4 novembre 2025. Foto: Epa/Sarah Yenesel via Ansa

Se facciamo un passo verso il nuovo continente, dall’altra parte dell’Atlantico, osserviamo l’ascesa di Zohran Mamdani, trentaquattrenne, musulmano nato in Uganda, da deputato poco conosciuto dello stato di New York a sindaco di New York, che ha suscitato un rinnovato ottimismo tra i politici di sinistra europei in vista delle elezioni locali del prossimo anno. Egli ha incentrato la propria campagna elettorale sulle questioni relative all’accessibilità economica, agli alloggi a buon mercato e ai trasporti gratis, andando a toccare in modo semplice delle questioni concrete che riguardano la vita della maggioranza dei newyorkesi, con un abile uso dei social media.

Se questo stile comunicativo possa funzionare anche in Europa, accompagnato dall’attenzione alle politiche abitative e alla dignità economica dei lavoratori, è tutto da vedere, ma sembra un buon punto di partenza per le sinistre europee in cerca d’autore, che per le loro sconfitte stanno cercando un colpevole che, come in tutti i gialli che si rispettino, sarebbe il maggiordomo, ma, essendo sinistre, non ce l’hanno.

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