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“Scam cities”, le città-truffa del sud-est asiatico

di George Ritinsky

- Fonte: Città Nuova

Notizie che rimbalzano in tutto il mondo e che puntano il dito verso il sud-est asiatico come il principale centro da cui partono le truffe online, quelle che arrivano fino al cellulare che ho in tasca. È vero? E qualcuno sta combattendo questa autentica piaga?

Il fiume “Moei”, affluente del fiume Saluen che per la maggior parte del suo corso segna la frontiera tra la Thailandia e la Birmania. Foto proveniente da Wikipedia di dominio pubblico. Di Mikhail Esteves.

Mentre sto scrivendo, i militari thailandesi stanno controllando il confine nord-ovest della Thailandia, soprattutto la zona di Mae Sot, la cittadina a pochi passi dal confine, che si trova di fronte alla scam city (città delle frodi) di Shwe Kokko. Spesso vado da quelle parti per aiutare amici e amiche che, a loro volta, aiutano i profughi che riescono a passare il piccolo fiumiciattolo Moei, che segna il confine con il Myanmar. Ero da quelle parti anche pochi giorni fa, e l’impressione è sempre la stessa: due mondi, l’uno dall’altro distanti anni luce.

Da una parte c’è il mondo dei migranti che fuggono, con qualche sacchetto di plastica contenente i pochi stracci di vestiti che sono riusciti a portarsi dietro. Passano il fiume e si rifugiano in qualche capanna nella parte thai del distretto di Mae Pa, per poi sopravvivere lavorando come braccianti nelle piantagioni. Ma poco lontano c’è anche “l’altro mondo”, quello dei “cinesi grigi”, come vengono chiamati in Thailandia i gestori della scam city sorvegliata da un gruppo paramilitare, le Border Guard Forces (BGF). Una formazione che, al di là delle dichiarazioni che fornisce, appoggia la giunta militare birmana e ne cura gli affari nella città di Myawaddy, dove risiede il complesso di Shwe Kokko: un articolato centro di truffe, raggiri, sequestri e quant’altro si possa pensare di losco.

Entrambi i mondi attraversano il fiume Moei, ma per scopi diversi e con bagagli diversi: i “cinesi grigi” con sacchi di plastica anche loro, ma contenenti milioni di baht thailandesi (la moneta locale) rubati con le truffe online. Si stima che ancora oggi, nonostante i proclami di smantellamento, ci siano decine di migliaia di stranieri sequestrati (e anche no) a Shwe Kokko. Anche la Cambogia non è esente da questo tipo di affari: i centri di truffa proliferano a Phnom Penh e a Sihanoukville. Qui il gioco si è fatto più pesante negli ultimi mesi: il governo cambogiano è stato accusato da quelli thailandese e sudcoreano di essere direttamente coinvolto nell’affare dei centri truffa.

Nella lotta al crimine, Stati Uniti e Regno Unito hanno dato un grande aiuto in questi giorni, accusando e sequestrando i beni di un gruppo finanziario che si ritiene abbia legami diretti con i centri di truffa cambogiani, a danno di cittadini americani e inglesi. E non solo, ovviamente. Su indicazioni degli investigatori, la polizia di Singapore ha sequestrato beni per un valore di 150 milioni di dollari di Singapore (115,9 milioni di dollari USA) legati al Prince Group, una rete multinazionale accusata di gestire vaste operazioni di truffa, secondo quanto riportato venerdì 31 ottobre dal quotidiano Straits Times di Singapore.

I beni sequestrati comprendono sei proprietà immobiliari, conti bancari, titoli e contanti legati alla rete e all’uomo d’affari cambogiano Chen Zhi, in relazione a reati di riciclaggio di denaro e falsificazione: così ha dichiarato venerdì scorso la polizia. Il sequestro è avvenuto dopo che il Regno Unito e gli Stati Uniti avevano sanzionato la rete del Prince Group nel sud-est asiatico, accusata di gestire “centri di truffa” online su larga scala per frodare vittime in tutto il mondo. La polizia di Singapore ha aggiunto che le indagini su Chen Zhi e i suoi soci erano iniziate nel 2024, su informazioni fornite dall’ufficio per la segnalazione di transazioni sospette. Nessuno degli accusati si trova attualmente a Singapore.

Il governo britannico ha affermato che i centri situati in Cambogia, Myanmar e in tutta la regione utilizzavano annunci di lavoro falsi per attirare persone qualificate di vari Paesi, che venivano poi costrette a commettere frodi online sotto minaccia di tortura. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha dichiarato di aver avviato quella che ha definito la più grande azione mai intrapresa nel sud-est asiatico, prendendo di mira contemporaneamente 146 membri dell’organizzazione criminale. A luglio 2025, l’Autorità monetaria di Singapore ha sanzionato sei banche e altre tre istituzioni finanziarie in relazione al più grande scandalo di riciclaggio di denaro mai verificatosi nel Paese. Il caso ha riguardato beni illeciti per un valore di oltre 3 miliardi di dollari di Singapore, sequestrati dopo che dieci cittadini stranieri erano stati arrestati in una serie di raid simultanei effettuati nell’agosto 2023.

In questi giorni, centinaia di “cinesi grigi” stanno scappando dal Myanmar e vengono arrestati un po’ dovunque, anche nel centro di Bangkok. Le banche e la polizia hanno fatto un’alleanza per individuare ed eliminare i “buchi” nella rete di controllo della circolazione del denaro, e i conti sospetti vengono bloccati. Anch’io mi sono imbattuto, in una succursale della mia banca, in cinesi che venivano a reclamare per la chiusura del loro conto. Pare che la polizia thailandese abbia dimostrato, ancora una volta, di essere all’altezza della situazione – se la si lascia lavorare. Intanto, l’esodo della povera gente che fugge dal Myanmar verso la Thailandia continua senza sosta. Ma anche l’aiuto di molte organizzazioni umanitarie non si ferma, permettendo a tanti di ricominciare, piano piano, una vita onesta e dignitosa.

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